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Il tema del fine vita continua a spaccare la maggioranza in Palazzo Lombardia. Il caso del primo suicidio assistito in Regione ha fatto esplodere le tensioni tra il presidente Attilio Fontana e Fratelli d’Italia, che ora non nasconde la propria irritazione. Un episodio che rischia di minare gli equilibri nel centrodestra lombardo già toccato da manovre sotterranee per possibili rimpasti. Durante l’informativa in Consiglio regionale, Fontana ha difeso l’operato della Regione, sottolineando che il Comitato etico ha certificato la presenza dei requisiti previsti dalla Corte costituzionale e che la procedura “non ha interessato il Servizio sanitario regionale”. Parole accompagnate da un appello al Parlamento affinché si doti finalmente di una normativa chiara sul fine vita: “Tutto ciò a tutela e rispetto dell’umanità e del dolore delle persone. Una normativa chiara, definitiva e certa è innanzitutto una questione di civiltà”.
Un discorso che ai meloniani non è piaciuto. Il capogruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio regionale, Christian Garavaglia, ha parlato di “insoddisfazione e amarezza” per una gestione che, a suo dire, ha portato la Regione “troppo in là”. “Siamo dalla parte di chi tutela la vita e promuove un sistema efficiente di cure palliative, non di chi cerca procedure per eliminare chi soffre”, ha attaccato, denunciando un percorso parallelo che avrebbe ignorato il pronunciamento del Consiglio regionale, che a novembre aveva bocciato l’iniziativa popolare sul suicidio assistito. “Non possiamo accettare che medici del servizio sanitario si mettano a interpretare sentenze della Corte costituzionale”, ha aggiunto, chiudendo nettamente sul tema: “La miglior tutela per la Regione crediamo sia quella per la vita, non per la morte”. A Ilfattoquotidiano.it risulta che nel breve periodo i meloniani non intendano agire oltre le parole, ma non è detto che nel lungo periodo possano far pesare il malcontento sui prossimi dossier.
A complicare ulteriormente le cose, tra le file di Fratelli d’Italia è arrivata la voce fuori dal coro di Vittorio Feltri. Il consigliere lombardo del partito di Giorgia Meloni ha liquidato la polemica definendola “idiota” e ha invitato a prendere atto della realtà: “Quando si trattò di approvare l’aborto ci fu un referendum, perché non farne uno anche sul fine vita? Il corpo è mio e decido io, teste di c…”. Feltri ha ribadito che “un Paese civile deve permettere a chi è malato gravemente di andarsene” e che “la vita è un dono, ma se diventa sofferenza, si può anche rinunciare”.
Nel mezzo dello scontro politico, la Lega ha cercato di trovare un equilibrio. “Sul fine vita prendiamo atto della posizione così granitica degli amici di Fdi, noi non siamo così granitici” ha spiegato Il capogruppo Alessandro Corbetta, che ha difeso la libertà di coscienza, sposando la linea di Salvini: “Non possono esserci indicazioni di partito”. Pur ribadendo l’importanza delle cure palliative, Corbetta ha riconosciuto che la decisione della Corte costituzionale “è frutto della mancanza della politica” e che, in attesa di una legge nazionale, la Regione deve coordinarsi con le altre amministrazioni per garantire un approccio uniforme.
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Fratoianni contro il piano di riarmo Ue: “Demenziale e pericoloso, un suicidio per l’Europa. Serve tutto il contrario”
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