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di Gessica Beneforti – Segreteria Cgil Toscana
Immagine Marco Merlini -Collettiva
Da inizio legislatura la coalizione di centrodestra ha introdotto 48 nuovi reati nel codice penale, più un numero esorbitante di aumenti delle pene. Con i decreti Cutro e Caivano le persone detenute sono aumentate di oltre 5mila unità negli ultimi due anni, superando quota 62mila, con un tasso di affollamento delle nostre carceri che ha superato il 132 percento.
Un quadro preoccupante che rischia di aggravarsi con il cosiddetto ddl Sicurezza con cui si reintroduce la repressione penale del cosiddetto. blocco stradale o ferroviario attuato “mediante ostruzione fatta col proprio corpo”, nonché un’apposita aggravante se “il fatto è commesso da più persone riunite” che, tradotto, significa che chi si raduna senza preavviso in strada, bloccando il traffico, per manifestare, magari in favore della pace, contro le mafie, per il lavoro o per un’assistenza sanitaria pubblica, equa ed universale, corre il rischio di una condanna a un minimo di sei mesi di reclusione. Reclusione potenzialmente estesa fino a 20 anni in caso di minaccia o resistenza a pubblico ufficiale, se il fatto è commesso al fine di impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura strategica.
A tutto ciò si aggiungano le disposizioni inumane contro chi fugge da guerre, persecuzioni o disastri umanitari, con il prolungamento del periodo di detenzione nei Cpr, il rafforzamento delle espulsioni e addirittura la necessità di un regolare permesso di soggiorno per avere una sim per il cellulare. Ed ancora il carcere per le donne in gravidanza e le madri con figli neonati, la stretta sulla cannabis light, il carcere per chi occupa un immobile, l’introduzione del delitto di rivolta in carcere, intesa come un complesso di atti di “resistenza” (anche passiva, come ad esempio il rifiuto collettivo di cibo), l’allarmante allargamento delle prerogative dei servizi segreti.
Assistiamo con queste norme ad un attacco al diritto di protesta come mai accaduto nella storia repubblicana e non possiamo sottovalutare il fatto che, proprio attraverso questa feroce compressione delle libertà civili e politiche, strettamente connesse alla manifestazione del dissenso, tutelato e protetto dalla nostra Costituzione, si sta concretizzando il rischio di una svolta autoritaria del nostro Paese.
E lo si fa con la propaganda, alimentando le paure delle persone.
I cittadini e le cittadine italiani ed europei esprimono da tempo un bisogno di sicurezza, che è innanzitutto però un bisogno di tutele sociali. Lo smantellamento del welfare e il restringimento del perimetro pubblico sono alla base della percezione di insicurezza, innanzitutto rispetto alle proprie condizioni materiali. Ma il governo come risponde? Con un provvedimento dall’impianto crudelmente repressivo, concepito evidentemente non per renderci più sicuri ma, al contrario, per attaccare i diritti delle persone più vulnerabili e criminalizzare ogni forma di dissenso e di opposizione sociale.
La narrazione di un’Italia assediata dall’immigrazione e dal caos sociale non trova infatti riscontri oggettivi nei dati ufficiali ma viene utilizzata per giustificare questa stretta securitaria che rischia di ampliare il solco tra istituzioni e cittadini e cittadine.
La nostra idea di sicurezza è diversa: più scuole, più case popolari, un freno alle speculazioni immobiliari, il rafforzamento del sistema sanitario pubblico e dei servizi di assistenza sociale, più progetti educativi, culturali e sociali per prevenire l’esclusione sociale.
Sono questi i temi della nostra rivolta sociale.
Sono queste le ragioni del nostro fermo contrasto al ddl, ragioni che abbiamo portato anche a Bruxelles, al Parlamento europeo, il 4 febbraio scorso, nell’assemblea organizzata dalla Rete Nazionale “No ddl Sicurezza” e nelle piazze italiane il 17 gennaio e il 22 febbraio.
Proseguiremo insieme questa straordinaria mobilitazione, con associazioni, movimenti delle forze politiche e dei sindacati contro la deriva autoritaria italiana e non solo, per difendere i diritti fondamentali, le lotte sindacali, il diritto al dissenso, l’esercizio della partecipazione democratica, a partire dal voto per i 5 referendum!
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