Vignaioli Indipendenti: Sfide, Mercato e Sostenibilità

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Matilde Poggi, presidente della Confederazione Europea dei Vignaioli Indipendenti, racconta le sfide e le opportunità per i piccoli produttori di vino in Europa. Dalla lotta alla burocrazia alla vendita diretta, fino alla sostenibilità ambientale, delinea il ruolo fondamentale dei vignaioli indipendenti nella valorizzazione del territorio e nella conservazione dell’identità vitivinicola.

Da anni impegnata nella rappresentanza dei vignaioli indipendenti, Matilde Poggi è una figura di riferimento nel panorama vitivinicolo europeo. Presidente della Confederazione Europea dei Vignaioli Indipendenti (CEVI), è stata anche alla guida della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (FIVI). Ripercorriamo con lei il suo mandato, le battaglie per una minore burocrazia, il ruolo della vendita diretta e l’importanza della sostenibilità non solo come certificazione, ma come scelta aziendale.

Matilde, è presidente di CEVI da quattro anni. Quali sono gli aspetti più significativi di questa esperienza e quali le istanze che avete portato avanti in questi anni?

“La Confederazione rappresenta 12 Paesi europei, con le rispettive federazioni di vignaioli indipendenti, ma il peso maggiore è sostenuto da Italia e Francia, le due organizzazioni più strutturate.

Lavorare con Paesi così diversi tra loro è molto stimolante: Italia e Francia hanno una struttura imprenditoriale simile e una lunga tradizione di imprenditoria vitivinicola; in altri Paesi, come per esempio accade in Est Europa, il tessuto vitivinicolo è costituito da aziende meno strutturate che molto spesso hanno dovuto ricostruirsi da zero dopo la caduta del muro di Berlino e l’ingresso nell’Unione Europea.

In questi anni il nostro impegno è stato quello di portare il modello e le necessità dei vignaioli indipendenti all’attenzione delle istituzioni europee: a Bruxelles ci sono diversi organizzazioni che rappresentano il settore vitivinicolo – dagli industriali ai sindacati agricoli – ma mancava una voce specifica per le aziende di piccole dimensioni che producono e vinificano direttamente le proprie uve.

Uno dei nostri obiettivi principali è la semplificazione delle vendite a distanza. Vendere direttamente ai privati in Europa senza un rappresentante fiscale è molto complicato. Abbiamo chiesto da anni la creazione di un sistema semplificato, e finalmente siamo riusciti ad ottenere che questa istanza venisse inserita nel documento conclusivo del Gruppo di Alto Livello istituito dalla Commissione Europea. È un primo passo: ottenere l’istituzione dello ‘One Stop Shop‘, permetterebbe ai vignaioli di vendere direttamente ai consumatori finali rafforzando quelle relazioni che si istaurano quando accogliamo i clienti privati in cantina.

Un altro tema cruciale è la burocrazia: i fondi e le misure di sostegno devono essere accessibili a tutte le tipologie di aziende, incluse le più piccole. Infatti oggi i vignaioli indipendenti spesso restano esclusi da importanti aiuti, come per esempio i fondi per la Promozione nei Paesi Terzi.  Le soglie minime di spesa imposte e le complesse pratiche burocratiche rendono impossibile per realtà che spesso sono familiari accedere a questi strumenti.

Abbiamo portato avanti battaglie per garantire che qualsiasi misura di sostegno sia realmente utilizzabile anche dai vignaioli indipendenti, senza quindi discriminazioni legate alla dimensione aziendale.”

La vendita diretta è un elemento importante nel business del vignaiolo indipendente. Cosa cambia tra Italia ed estero?

“La vendita diretta, soprattutto dopo il Covid, ha assunto un ruolo sempre più rilevante: parliamo sia di vendite online che di vendite in cantina. Molti vignaioli che prima non consideravano l’online hanno iniziato a investire in questo canale. E per quanto riguarda l’accoglienza, anche le aziende più grandi hanno capito l’importanza di accogliere i clienti in cantina, di organizzare degustazioni e visite guidate, perché il contatto diretto con il produttore crea un legame emotivo con il consumatore, e questo è un valore aggiunto incredibile. Per noi piccoli vignaioli la visita diretta del consumatore non è un semplice passaggio allo shop ma l’occasione di raccontare in prima persona il nostro lavoro, attraverso una visita guidata che permette di vedere e comprendere ogni passaggio dalla vigna alla bottiglia.

In Francia la vendita diretta è da sempre più diffusa rispetto all’Italia. Molti vignaioli francesi vendono quasi esclusivamente in modo diretto oppure nei Saloni dei vignaioli indipendenti. In Italia, invece, c’è una mentalità più orientata alla diversificazione: anche le aziende più piccole vogliono mantenere questa distinzione tra export, vendite dirette e mercato nazionale. La forte vocazione all’export dei nostri piccoli produttori rappresenta comunque una ricchezza e una garanzia di solidità per il sistema”.

I vignaioli indipendenti possono avere un ruolo chiave nella valorizzazione dei territori meno conosciuti?

“Assolutamente sì. Il vignaiolo indipendente è un custode del territorio, soprattutto delle aree rurali più difficili. Mentre le grandi aziende tendono a spostare logistica e produzione vicino alle grandi vie di comunicazione, il vignaiolo indipendente resta sul territorio perché spesso vive lì.

Storicamente le vigne sono state impiantate in zone meno fertili e più difficili, e se queste aree venissero abbandonate, si creerebbero enormi danni ambientali e sociali.

Sto tornando da un viaggio in Loira, una delle zone enologiche più rinomate in Francia: molte denominazioni si trovano in piccoli villaggi rurali lontani dai circuiti turistici principali, e sono proprio i vignaioli indipendenti a mantenere vive queste comunità. Lo stesso accade in Italia, e questo grande valore potrebbe moltiplicarsi, se riuscissimo a generare ulteriori ricadute positive sul territorio attraverso una crescita dell’enoturismo e della vendita diretta.”

Quanto conta la comunicazione nel trasmettere al consumatore i valori che incorpora il prodotto di un vignaiolo indipendente?

Intanto voglio sottolineare l’importanza di avere sulla bottiglia il logo di vignaiolo indipendente: Italia e Francia godono di questa grande opportunità e credo che ogni vignaiolo dovrebbe sfruttarla. I consumatori apprezzano moltissimo l’appartenenza alla nostra associazione. A questo si legano una serie di valori: basti pensare che nell’hospitality è il vignaiolo a ricevere i visitatori e a degustare i prodotti insieme a loro. Per il vignaiolo indipendente incontrare i clienti in cantina è il vero modo di comunicare, di raccontare la propria storia. Per lo stesso motivo invito sempre tutti i nostri vignaioli a partecipare di persona alle fiere, e di evitare, nei limiti del possibile, di farsi sostituire da professionisti esterni.

Il vignaiolo indipendente è spesso al vertice della piramide qualitativa e incontrare personalmente i propri clienti è l’unica forma di comunicazione che funziona sempre nel far comprendere questo valore.

Parlando di sostenibilità, la sua azienda è certificata biologica dal 2009. Quali sono state le principali sfide e le ricadute positive di questa scelta?

“Ho scelto di convertire l’azienda al biologico per motivi personali, non perché il mercato lo richiedesse. Eravamo nel 2009 e non si parlava ancora molto di temi ambientali. Vivo in mezzo alle vigne e volevo lavorare e vivere in un ambiente più sano.

Credo che gli agricoltori abbiano una responsabilità primaria nella tutela del territorio; sanno qual è il loro patrimonio e devono essere i primi a prendersene cura eliminando la chimica ove questo è possibile.

Io sono in una zona molto fortunata, siamo in una morena glaciale fra il lago di Garda e la Val d’Adige; la zona è interessata da un sistema di circolazione ventosa importante. La presenza del vento unita a suoli ricchi di scheletro che drenano facilmente la pioggia permette di coltivare in bio senza grandi difficoltà.

Dal punto di vista commerciale, essere biologici ha portato benefici. Pur non avendolo fatto per il mercato, ho notato che alcuni piccoli importatori specializzati nel biologico hanno iniziato a interessarsi ai miei vini, soprattutto nel Nord Europa e negli Stati Uniti.

Oggi si parla molto di sostenibilità, ma osserviamo che spesso a tante parole non fa riscontro un reale impegno. Come si può evitare di cadere nella retorica?

La sostenibilità è purtroppo diventata un concetto inflazionato. Vediamo aziende che mettono in etichetta la certificazione di sostenibilità, ma poi utilizzano bottiglie da 700 grammi, che hanno un impatto ambientale enorme. Mi piacerebbe che la sostenibilità fosse più di una semplice certificazione e che le aziende si impegnassero concretamente, riducendo l’impronta ecologica con scelte reali, come un packaging leggero per esempio. Purtroppo però oggi le certificazioni sono accessibili quasi esclusivamente alle grandi aziende, perché richiedono risorse e personale dedicato, mentre i piccoli produttori spesso non possono permetterselo.


Punti chiave:

  1. Sostegno dei vignaioli indipendenti: La CEVI da voce alle piccole aziende vinicole in Europa;
  2. Vendita diretta e relazioni con i consumatori: il contatto diretto con i clienti differenzia il modello di business dei vignaioli indipendenti rispetto alle grandi aziende;
  3. Vignaioli come custodi del territorio: i produttori indipendenti giocano un ruolo chiave nella salvaguardia delle aree rurali;
  4. Sostenibilità oltre la certificazione: essere sostenibili non significa solo ottenere un certificato, ma adottare pratiche reali, come ridurre l’impatto ambientale con packaging più leggeri.



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