Gallo e i dossieraggi illegali, una morte tutta da chiarire

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Carmine Gallo, ex poliziotto e amministratore delegato della società di investigazioni Equalize, è stato trovato morto nella sua abitazione di Garbagnate Milanese la mattina del 9 marzo. Aveva 66 anni ed era agli arresti domiciliari dal 25 ottobre 2024, coinvolto nell’inchiesta sui dossieraggi illegali coordinata dal pm Francesco De Tommasi. Secondo le prime ricostruzioni, Gallo sarebbe stato stroncato da un infarto improvviso, ma la Procura ha disposto l’autopsia per chiarire con certezza le cause del decesso. Gli inquirenti hanno sequestrato i telefoni cellulari di Gallo e di sua moglie, oltre ad aver preso in esame il cibo consumato dall’uomo prima della morte, segno che il decesso viene trattato con la dovuta cautela, senza escludere possibili scenari alternativi.

La sua scomparsa solleva più di un interrogativo, perché avviene in un contesto di tensione crescente attorno all’indagine che ha messo in luce un sistema di sorveglianza e dossieraggio che coinvolgeva imprenditori, politici e persino ambienti legati ai servizi segreti. È lecito interrogarsi sulla coincidenza di una morte così repentina a pochi giorni da un’udienza chiave presso il Tribunale del Riesame, fissata per il 19 marzo, nella quale probabilmente si sarebbero discusse nuove rivelazioni che Gallo aveva già iniziato a mettere a verbale. Un uomo che conosceva troppi segreti, custode di un’ingente quantità di informazioni riservate, che aveva già iniziato a collaborare con gli inquirenti e che, secondo alcuni, aveva ancora molto da dire. La sua storia è quella di due vite, come si usa dire in questi casi: la prima, lunga e onorata, trascorsa nella Polizia di Stato, dove ha lavorato in prima linea nella lotta contro la criminalità organizzata; la seconda, più controversa, iniziata nel 2018 quando ha assunto la guida di Equalize, la società che avrebbe messo in piedi una rete di spionaggio a beneficio di grandi aziende e figure politiche di spicco.

Nato nel 1958, entrato in polizia nel 1978, Gallo ha servito in ruoli di rilievo per quattro decenni. Dalla Digos di Milano al contrasto alla ’ndrangheta, prima a Locri e poi nel capoluogo lombardo, fino alla Direzione Investigativa Antimafia, ha avuto un ruolo chiave in operazioni che hanno segnato la storia della lotta alla criminalità organizzata nel Nord Italia. Fu lui, per esempio, a occuparsi del rapimento di Cesare Casella, sequestrato nel 1988 e liberato nel 1990, e di quello dell’imprenditrice Alessandra Sgarella, scomparsa nel 1997 e rilasciata nel 1998 dopo 266 giorni di prigionia. È stato protagonista anche di momenti storici della cronaca giudiziaria italiana, come l’arresto di Patrizia Reggiani, accusata di essere la mandante dell’omicidio di Maurizio Gucci nel 1997: si racconta che fu lui a prestarle il cappotto al momento del fermo, perché potesse coprirsi prima di uscire di casa.

La sua carriera in polizia si concluse nel 2018, quando decise di passare al settore privato assumendo il comando di Equalize, una scelta che oggi appare quasi simbolica del fenomeno delle “porte girevoli”, quel passaggio disinvolto tra istituzioni e affari che in molti ritengono problematico e foriero di abusi e forzature nel dialogo e nell’interazione tra i poteri.

Ed è proprio alla guida di Equalize che la sua parabola si è bruscamente interrotta con l’arresto di ottobre, quando è stato accusato di aver gestito un sistema di dossieraggio illegale in cui, dietro compenso, venivano raccolte informazioni riservate su politici, imprenditori e aziende. Al centro delle accuse c’era anche Enrico Pazzali, presidente della Fiera di Milano e, secondo Gallo, ben consapevole dei metodi utilizzati per ottenere dati sensibili. Gallo avrebbe inoltre raccontato che nella sede di via Pattari erano di casa non solo manager e dirigenti d’azienda, ma anche esponenti dei servizi segreti, evidenziando legami inquietanti tra poteri pubblici e privati.

Una delle rivelazioni più delicate riguardava un incarico ricevuto da Eni nell’ambito di un procedimento giudiziario, tanto che i legali della multinazionale avrebbero chiesto alla Procura di non divulgare il contenuto delle sue dichiarazioni. Infine, Gallo aveva fatto nomi pesanti, tra cui quelli di Ignazio La Russa, Attilio Fontana e Daniela Santanchè, raccontando come Pazzali volesse informazioni anche su di loro. Tutti elementi che, se confermati, delineerebbero un sistema di controllo e influenza ben più esteso di quanto finora emerso. Dopo l’arresto, Gallo aveva iniziato a collaborare con gli inquirenti, consapevole del rischio di un processo pesante e delle prove schiaccianti raccolte contro di lui. Aveva reso lunghe dichiarazioni, riempiendo verbali su verbali, probabilmente nel tentativo di mitigare la sua posizione.

La sua morte improvvisa getta ora un’ombra su tutto questo. Se, come sembra, la sua collaborazione avrebbe potuto portare a ulteriori sviluppi nelle indagini, chi aveva interesse a che certe rivelazioni non venissero mai fatte? Certo, c’è ancora Samuele Calamucci, l’hacker di Equalize che ha reso anch’egli dichiarazioni importanti, ma il suo ruolo appare meno centrale rispetto a quello di Gallo. I documenti che quest’ultimo aveva firmato avranno comunque un peso nel processo, ma la loro attendibilità verrà sicuramente messa in discussione dagli imputati, che ora possono sfruttare il fatto che il principale accusatore non potrà più confermarne il contenuto in aula.

La narrazione ufficiale parla di un uomo sopraffatto dallo stress e dalla disperazione, ma molti elementi portano a chiedersi se non ci sia qualcosa di più dietro questa vicenda. La coincidenza temporale con l’imminente udienza al Riesame, il sequestro dei telefoni e del cibo, il livello di segreti che custodiva: tutto contribuisce a creare un alone di sospetto. L’indagine farà il suo corso, ma intanto, con la morte di Carmine Gallo, un pezzo importante di questa storia si è perso per sempre. E ora chi se la sente di criticare i cosiddetti “complottisti”?




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