209 deputati (su 290) del Parlamento della Repubblica Islamica hanno inviato una lettera al presidente della Camera, chiedendo l’applicazione della legge sulla castità e sull’hijab, sospesa lo scorso dicembre dal Consiglio supremo per la sicurezza. La normativa prevede pene severe per le donne e le ragazze che violano l’obbligo del velo, tra cui multe, pene detentive e fustigazioni.
MERCOLEDÌ 5 febbraio, il presidente iraniano Pezeshkian, in una sorprendente presa di posizione contraria, ha dichiarato: «Non posso far rispettare la legge perché crea problemi alla popolazione e io non mi metterò contro il popolo».
Le parole semplici di Pezeshkian contengono un enorme significato politico e sociale. È stato implicitamente riconosciuto che la legge contraddice l’articolo 9 della politica generale del sistema, che stabilisce che le leggi devono essere applicabili, orientate ai bisogni reali e garantire la massima partecipazione.
CIÒ DI FATTO significa che la legge si è scontrata con il volere del popolo, che ne ha avuto abbastanza della pretesa del sistema di controllare la sfera privata delle famiglie, delle donne e dell’istigazione degli uomini contro madri, sorelle, mogli e figlie. Certo, non c’era forse bisogno di sentire queste parole dopo decenni di proteste e repressioni, ma l’affermazione di Pezeshkian suona come una certificazione ufficiale della vittoria del movimento femminile contro le imposizioni del regime.
IL MOVIMENTO femminile iraniano è in prima linea nella battaglia per i diritti civili da diversi decenni. È riuscito a creare una catena di equivalenze tra le sue attiviste, concentrandosi sulla lotta contro le leggi discriminatorie. Le differenze tra donne religiose e secolari, tra socialiste e liberali, tra nazionaliste e attiviste per i diritti delle minoranze etniche sisono ridotte in favore di un’identità collettiva basata sulla lotta contro la discriminazione legale.
Negli anni, il movimento, colpito dall’esilio forzato di molte, ha visto una nuova generazione di donne più giovani e radicali portare la battaglia su un nuovo fronte, concentrandosi sulla liberazione del corpo femminile dal controllo statale. La lotta contro il velo obbligatorio è divenuta il centro del discorso femminile e il punto di incontro per donne di tutte le classi sociali, dalle lavoratrici urbane alle donne della borghesia religiosa, ed è diventata il simbolo dell’opposizione al regime.
QUESTA NUOVA fase ha rafforzato l’identità femminile come opposizione diretta all’identità teocratica dominante, favorendo l’alleanza con altri movimenti sociali. Le donne sono diventate protagoniste della protesta studentesca, hanno organizzato movimenti sindacali e si sono alleate con i lavoratori, portando il movimento femminile al centro della lotta per la democrazia in Iran.
LE GIOVANISSIME ragazze hanno ballato per le piazze del paese, bruciando i loro copricapo nella straordinaria mobilitazione di protesta “Donna, Vita, Libertà”, che ha attraversato l’intera società iraniana. Le onde di protesta si sono ritirate solo apparentemente dopo una lunga e sistematica repressione. Tuttavia, hanno lasciato una scia di disobbedienza civile che di fatto ha spazzato via l’obbligo del velo. La resistenza femminile, nonostante anni di repressione, ha radicalizzato profondamente il discorso democratico, rendendolo più inclusivo e universale. La società iraniana ha accumulato un tale livello di azione collettiva e resistenza che è pronta per la transizione democratica.
Le dichiarazioni di Pezeshkian, per quanto significative, certo non segnano una vittoria definitiva: le forze conservatrici al potere continueranno il tentativo di controllo sociale. Già è cominciata l’offensiva anche contro lo stesso presidente. Tuttavia, il fatto di riconoscere apertamente l’impossibilità di applicare una legge repressiva rappresenta un punto di svolta, pur non essendo appagante rispetto all’immenso tributo che le donne iraniane hanno pagato in questi anni.
LA BATTAGLIA non è solo una questione di indumento per le donne, ma il simbolo di una più ampia lotta per i diritti, la libertà e la democrazia in Iran. La voce delle donne iraniane è ormai troppo forte per essere ignorata.
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