I Papi e il volontariato, scuola di vita che insegna il primato del dono

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In occasione del Giubileo dell’8 e 9 marzo prossimi, ricordiamo alcune riflessioni dei Pontefici a partire da Giovanni Paolo II

Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

Il segno distintivo del volontariato è racchiuso in una scelta d’amore: quella del donare. “Cristo – scrive l’apostolo Giovanni – ha dato la sua vita per noi”. La conseguenza di questo dono dovrebbe essere un discepolato vissuto, dall’uomo, nel solco dell’imitazione di Cristo: “anche noi dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli” (Gv 3,16). Il Giubileo del mondo del volontariato, in programma a Roma l’8 e il 9 marzo è dedicato in particolare a volontari, associazioni no-profit, Ong e operatori sociali di tutto il mondo. Un’occasione per riflettere su questo impegno gratuito ma ricco di senso e promuovere la solidarietà.

Scuola di vita

Solo se ama e si dona agli altri, l’uomo si realizza pienamente. È questo il fulcro del messaggio di Papa Giovanni Paolo II in occasione dell’Anno internazionale del volontariato proclamato nel 2001 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per riconoscere, promuovere e celebrare il servizio volontario in tutte le sue manifestazioni. Il volontariato – sottolinea Papa Wojtyła – è chiamato ad essere in ogni caso scuola di vita”.

Attraverso l’amore per Dio e l’amore per i fratelli, il cristianesimo sprigiona tutta la sua potenza liberante e salvifica. La carità rappresenta la forma più eloquente di evangelizzazione perché, rispondendo alle necessità corporali, rivela agli uomini l’amore di Dio, provvidente e padre, sempre sollecito per ciascuno. Non si tratta di soddisfare unicamente i bisogni materiali del prossimo, come la fame, la sete, la carenza di abitazioni, le cure mediche, ma di condurlo a sperimentare in modo personale la carità di Dio. Attraverso il volontariato, il cristiano diviene testimone di questa divina carità; l’annuncia e la rende tangibile con interventi coraggiosi e profetici. Non basta venire incontro a chi si trova in difficoltà materiali; occorre al tempo stesso rispondere alla sua sete di valori e di risposte profonde. E’ importante il tipo di aiuto che si offre, ma ancor più lo è il cuore con cui esso è dispensato. Che si tratti di microprogetti o grandi realizzazioni, il volontariato è chiamato ad essere in ogni caso scuola di vita soprattutto per i giovani, contribuendo a educarli ad una cultura di solidarietà e di accoglienza, aperta al dono gratuito di sé.

Amare con Dio

“L’impegnarsi a titolo volontaristico costituisce un’eco della gratitudine ed è la trasmissione dell’amore ricevuto”. È quanto sottolinea Papa Benedetto XVI incontrando il mondo del volontariato nel 2007 durante il viaggio apostolico in Austria.

“Deus vult condiligentes – Dio vuole persone che amino con Lui”, affermava il teologo Duns Scoto nel XIV secolo. Visto così, l’impegno a titolo gratuito ha molto a che fare con la Grazia. Una cultura che vuole conteggiare tutto e tutto pagare, che colloca il rapporto tra gli uomini in una sorta di busto costrittivo di diritti e di doveri, sperimenta grazie alle innumerevoli persone impegnate a titolo gratuito che la vita stessa è un dono immeritato. Per quanto diverse, molteplici o anche contraddittorie possano essere le motivazioni e anche le vie dell’impegno volontaristico, alla base di tutte sta in fin dei conti quella profonda comunanza che scaturisce dalla “gratuità”. È gratuitamente che abbiamo ricevuto la vita dal nostro Creatore, gratuitamente siamo stati liberati dalla via cieca del peccato e del male, gratuitamente ci è stato dato lo Spirito con i suoi molteplici doni.

Uscire per incontrare

Papa Francesco si è soffermato più volte, durante il Pontificato, sul valore del volontariato. In particolare durante l’incontro con i membri della Federazione organismi cristiani servizio internazionale volontario (Focsiv) ha sottolineato che essere volontari significa innanzitutto “uscire per incontrare”.

Il volontariato. È una delle cose più belle. Perché ognuno con la propria libertà sceglie di fare questo cammino che è un cammino di uscita verso l’altro, uscita con la mano tesa, un cammino di uscita per preoccuparsi degli altri. Si deve fare un’azione. Io posso rimanere a casa seduto, tranquillo, guardando la tv o facendo altre cose… No, io mi prendo questa fatica di uscire. Il volontariato è la fatica di uscire per aiutare altri, è così. Non c’è un volontariato da scrivania e non c’è un volontariato da televisione, no. Il volontariato è sempre in uscita, il cuore aperto, la mano tesa, le gambe pronte per andare. Uscire per incontrare e uscire per dare. 

Uscire per incontrare l’altro attraverso il dono, in una società che sta vivendo profonde lacerazioni a causa di guerre, è un inno alla fratellanza. È come il suono dello Jobel, soprattutto in questo Giubileo della speranza.

 



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