Parole, idee e soluzioni di futuro: il Manifesto per un Nuovo Umanesimo della Montagna

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Contabilità

Buste paga

 


Il Manifesto per un Nuovo Umanesimo per la Montagna e la Carnia è il risultato del progetto La Forza delle Parole, prodotto da Melius srl, impresa sociale, in collaborazione con Cramars Società Cooperativa Sociale e Innovalp. Un progetto che prende vita nel cuore storico della Carnia – Friuli-Venezia Giulia – dove si porta avanti un impegno lungo venticinque anni nel mondo della formazione, dell’animazione territoriale, dello sviluppo locale e dell’innovazione sociale. L’obiettivo è costruire pratiche di innovazione per promuovere il benessere delle persone che vivono e lavorano in montagna. È da questa storia che nasce il percorso di Innovalp.

Attraverso una serie di iniziative, tra cui laboratori didattici e creativi con le scuole, incontri con le comunità locali e il dialogo intergenerazionale, il progetto ha cercato di far emergere le parole che più di altre rappresentano i desideri, i sogni, le aspettative e gli interessi dei partecipanti alle attività.

Le parole salite dal basso, in gran parte dalla voce dei giovani, hanno ispirato il testo che oggi è disponibile per enti, associazioni e persone che, con tenacia e competenza, si occupano da tempo della montagna e delle terre alte.

Prestito personale

Delibera veloce

 

Una parte delle parole che leggerete sollecita la Montagna italiana e quella friulana, di cui la Carnia rappresenta una componente costitutiva di grande valore simbolico, ad appropriarsi di questo progetto che può diventare il modello per costruire visioni di lungo periodo, prendendosi cura delle relazioni con le comunità.

Potrebbe interessarti

PERCHÉ UN NUOVO UMANESIMO

Viviamo il tempo della transizione, o del “monumentale transitare”, determinato dall’interazione di fenomeni differenti e simultanei che impongono alla società di Montagna di uscire da un non più, costituito da idee, consuetudini e approcci perseguiti fino a ora, senza tuttavia consentire di raggiungere un approdo definito, una conclusione: ci si trova pertanto immersi in un non ancora, in una fase nella quale profonde trasformazioni sociali, economiche, politiche, culturali ancora in corso non permettono di tracciare chiaramente una nuova prospettiva, né è ancora possibile tagliare i ponti con un passato che può sembrare rassicurante rispetto alle incertezze del presente e alla difficoltà di orientarsi in esso.

In questo contesto, è necessario un Nuovo Umanesimo: siamo inseriti in un mondo complesso che comporta sfide ardue e richiede un radicale mutamento della mente e dell’esistenza; dobbiamo rimettere al centro dei nostri progetti e delle nostre azioni il valore dell’Uomo in quanto individuo che crea attraverso il suo lavoro e la sua immaginazione, e trasforma così la Storia in uno spazio della sua spontanea autorealizzazione. L’Uomo è ciò che può diventare: si forma e si trasforma continuamente nel processo di un divenire. La complessità non deve essere quindi subita passivamente, ma ci interpella e ci impegna nella sfida al labirinto: grazie alle parole, all’apprendimento e alla conoscenza, abbiamo la possibilità di trovare, insieme, vie d’uscita, soluzioni concrete ai problemi.

La lezione dell’Umanesimo, ancora attuale, si ripresenta in periodi di grandi trasformazioni e mutamenti paradigmatici: alla radice, oggi come nel Quattrocento, c’è sempre una interrogazione sulla condizione dell’Uomo, sul suo destino, con la stessa necessità di integrare nei processi progettuali mezzi e fini, non separabili. In questo senso, anche nell’accelerazione prodotta dalla globalizzazione e da dinamiche sempre meno interpretabili e controllabili, la Storia rimane un terreno del costruire: siamo liberi e responsabili di scegliere le diverse e possibili direzioni del conoscere e del fare. La creatività, come il pensiero utopico che la anima, deve prendere atto della continua modificazione del senso, si deve calare nel presente per coglierne le straordinarie possibilità.

Noi siamo il tempo; siamo i costruttori di un Nuovo Umanesimo per la Montagna e la Carnia, di futuri dai molti volti, possibili e plausibili e preferibili, da cui estrarre morali e azioni. La memoria e la custodia, patrimonio ben presente nelle comunità alpine, valori sedimentati al fondo dell’umano, sono la condizione di partenza per una trasformazione dell’Uomo, che non può tuttavia prescindere dalla realtà in cui ci troviamo, così come il pensiero utopico non può essere più soltanto pensiero dell’impossibile, ma è cultura e deve stimolare una mediazione, un dialogo, tra i diversi livelli della realtà, tra saperi teorici e saperi “manuali”.

Richiedi prestito online

Procedura celere

 

Come ha scritto Hans Blumenberg, per il quale la cultura non è un arsenale, è un orizzonte, e come è emerso dal dialogo intergenerazionale di Lungis, è necessario darsi un orizzonte.

L’ORIZZONTE DEL MANIFESTO

Il progetto “La Forza delle Parole” ha generato un Manifesto che rappresenta, prima ancora di un programma compiuto, una pietra angolare, un punto di riferimento per le comunità locali, per i protagonisti della cultura e dell’economia: è uno stimolo per proseguire l’approfondimento di visioni, per mettere in atto capacità anticipatrici e fornire soluzioni operative che permettano di affrontare i fenomeni strutturali della contemporaneità e di corrispondere ai desideri e bisogni delle persone, in primo luogo delle giovani generazioni.

Il Manifesto per un Nuovo Umanesimo per la Montagna e la Carnia esprime alcuni valori fondanti su cui si deve basare il futuro, che sono le condizioni per immaginarlo prima e narrarlo poi, capaci di orientare, comprendere e superare derive e differenze, di creare un ideale che, trasmettendosi, possa stimolare la formazione di un nuovo approccio alla realtà, di un’umanità diversa.

Immaginare il futuro non è, come si sa, prevederlo. Prevedere richiede di allineare l’immaginazione alla conoscenza del presente, dal quale non si può scappare. Serve piuttosto una rimeditazione sul passato e una pazienza cognitiva che, nell’età della percezione centrifuga imposta dal web e della proliferazione quantitativa dei dati e delle informazioni, diventa sempre più necessaria per mantenere una ‘originalità’ umana rispetto a processi alienanti di automazione, omologazione e standardizzazione, che rischiano di ridurre notevolmente il ruolo della creatività dei singoli e la specificità dei territori, in particolare di quelli marginali.

Il Manifesto per un Nuovo Umanesimo per la Montagna e la Carnia, prima tappa costitutiva di un progetto che si articolerà nel tempo con l’obiettivo di immaginare nuovi scenari che trasformino la realtà e rimettano al centro l’Uomo con le sue risorse intellettuali e materiali, con le sue relazioni con altro, sia esso l’ambiente, la storia e la comunità, presuppone un pensiero che dovrà essere composito e interdisciplinare, e che solleciti il protagonismo delle persone, la ricerca del bene comune, il desiderio di affrontare la complessità senza sentimenti di inferiorità o paure.

Si tratta, infatti, di fornire ragioni di speranza per non arrendersi al labirinto della complessità e per non disperare, di costruire le condizioni della fiducia, dell’impegno personale e insieme agli altri, ognuno con la propria sensibilità, attraverso una rivalutazione della creatività e delle competenze condivise, con la consapevolezza che queste risorse devono sempre confrontarsi con una realtà in continua e veloce modificazione, in cui non è più possibile riconoscere valori assoluti: è un orizzonte che può spaventare, ma che rivaluta il ruolo dell’Uomo come artefice del proprio destino, realizzatore delle sue qualità essenziali, quello che Jacob Burckhardt chiama l’uomo universale, un Uomo “totale” che è al centro del proprio universo.

È necessario innescare quel processo, non più rinviabile, di diffusa rigenerazione di cui avvertiamo l’urgenza, strettamente legato alla potente funzione costruttiva, anche dal punto di vista simbolico, della cultura che, parafrasando Michele Ciliberto, permette di porci domande sulla condizione dell’uomo e di progettare nuovi orizzonti di senso ancora latenti, soprattutto in tempi, come i nostri, contraddistinti dall’intreccio di crisi e di profonda trasformazione delle strutture economiche e sociali.

Contabilità

Buste paga

 

LE PAROLE FORTI CHE HANNO ISPIRATO IL MANIFESTO PER UN NUOVO UMANESIMO PER LA MONTAGNA E LA CARNIA

Le «parole come trama della vita e del pensare» (Tullio De Mauro), che, come sottolinea Marco Balzano, «non solo hanno un peso ma nascono, raccontano e ci disvelano», sono state lo stimolo per una interessante occasione di confronto con gli studenti dell’ISIS “Paschini-Linussio” e con le comunità locali della Carnia, vissuta con la consapevolezza, presente anche nell’Umanesimo, che il linguaggio è una rappresentazione performativa attivatrice di realtà, in cui si esprime la libertà degli individui che pensano e agiscono nella Storia, e nello stesso tempo è la pratica di una comunità discorsiva, in cui la ricerca del senso avviene in una dimensione di condivisione dialogica.

Le parole forti rappresentano l’esito di un lavoro di innovazione sociale che si è proposto di farle emergere e non, come spesso avviene, di predefinirle sulla base di valutazioni arbitrarie, o settoriali e disciplinari o, ancora, di destinarle a veicolare punti di vista e indirizzi precostituiti. Il progetto si è proposto di affrontare la funzione fondamentale che assumono le parole nel descrivere il presente in Montagna e nell’orientare persone e comunità nel labirinto della complessità, accompagnandole nella definizione di nuove identità, nel sostenere le aspirazioni e nel descrivere futuri possibili. Dall’interrelazione delle parole ha preso forma un codice genetico che può favorire l’espressione della coscienza di sé di persone e luoghi nella transizione, consentendo di riconoscere e ricomporre l’apparente disordine della contemporaneità.

Attraverso i Laboratori e il dialogo intergenerazionale maturato negli eventi a contatto con le comunità locali, le persone coinvolte si sono assunte la responsabilità di decidere cosa è opportuno tralasciare e cosa, invece, bisogna tenere e impegnarsi a trasmettere: ci sono parole vitali che non solo ci appartengono, ma diventano fondamenti sui quali è possibile anche immaginare e costruire il futuro. Si tratta di parole che ci prendono per mano, capaci di assicurare un po’ di luce nel cono d’ombra in cui viviamo e di orientare nel percorso persone e comunità alpine.

Il Manifesto per un Nuovo Umanesimo per la Montagna e la Carnia è stato ispirato da parole nelle quali il pensiero trova una espressione nello stesso tempo soggettiva e ‘universale’, che permettono di far emergere lo spazio dell’immaginazione e di illuminare il percorso delle persone nelle loro diverse dimensioni, psicologica ed emozionale così come relazionale e produttiva.

LABORATORI

Laboratorio didattico

Le parole emerse dal “Laboratorio didattico” con gli studenti dell’ISIS “Paschini -Linussio” di Tolmezzo, guidato dalle docenti Agnese Roia e Giulia Mattiussi, tra le numerose prese in considerazione, sono state determinazione, cambiamento e rinascita. Cambiamento, riconosciuto dalle ragazze e dai ragazzi come mutamento improvviso di situazioni o di uno stato di cose, rinvia a una trasformazione anche radicale, destinata a influire e a modificare la struttura sociale e culturale esistente. Determinazione, poi, indica la volontà risoluta e tenace nell’agire e intervenire nei confronti di strutture e circostanze, delle condizioni di vita e di lavoro: una parola non scontata e assai poco frequente nel linguaggio delle giovani generazioni. È una parola questa che ben si coniuga con un’altra, emersa da un confronto intergenerazionale, quale generosità: essere determinati e generosi, al tempo stesso, rappresenta un elevato insegnamento che questo Manifesto intende raccogliere. Rinascita è, infine, un termine inusuale che si misura con l’inadeguatezza del tempo presente che sollecita un rinnovamento profondo e inevitabile della cultura, delle condizioni di vita e di studio, coinvolgendo necessariamente anche gli spazi della socialità, non solo quelli più ‘istituzionali’.

Prestito condominio

per lavori di ristrutturazione

 

Si tratta di parole fortemente intrecciate tra loro e che, come ha sottolineato la professoressa Fabiana Fusco, Direttrice del Dipartimento di lingue e letterature, comunicazione, formazione e società dell’Università degli Studi di Udine, permettono di liberarsi da quanti intendono esercitare un potere attraverso la conoscenza, fino al punto di confondere e soggiogare gli interlocutori, con la volontà di creare una profonda divisione tra generazioni e ceti sociali. Queste parole hanno in sé una grande importanza: sono capaci di oltrepassare confini territoriali, rivendicare l’uguaglianza, costruire nuovi scenari, contesti e realtà. Con la loro ricerca, gli studenti hanno reso disponibili parole che consentono di comprendere la contemporaneità, hanno condiviso responsabilità e dato forma a pensieri, idee e punti di vista di cui si sente l’urgenza. Le parole si sono rivelate quindi un vero e proprio strumento di conoscenza e interpretazione della realtà: come nell’Umanesimo, sono affiorati il nesso stretto tra linguaggio e Storia, e il bisogno, da parte di una comunità, di riconoscersi nelle parole, di trovare in esse i punti di riferimento per rimodellarsi e costruire un nuovo immaginario che diventi gradualmente patrimonio collettivo, reagendo alla diffusa tendenza alla frammentazione e all’individualismo che caratterizzano, soprattutto negli ultimi decenni, la società occidentale.

Laboratorio creativo

Nel corso del “Laboratorio creativo” con l’artista Samuele Buchsbaum “Silly Sam” a Tolmezzo, rivolto a studentesse e studenti delle Scuole Superiori, si è affermata la parola casa. Casa è il nostro corpo più grande, come scrive Khalil Gibran: rimanda in prima istanza alle radici, all’ancoraggio, all’esistenza di relazioni intime che avvolgono e permettono una sicurezza familiare e affettiva, alla costruzione di legami che quanto più sono solidi, intensi e positivi, tanto più possono generare intense relazioni e intrecci all’esterno. È un luogo nel quale ci si identifica e si proietta la propria identità, confortevole per sé e per gli ospiti, ma non isolato e autoreferenziale, perché dispone di grandi finestre per poter guardare bene, oltre il giardino e il bosco, il mondo.

LE RELAZIONI CON LE COMUNITÀ

Dalle relazioni con le comunità e il dialogo intergenerazionale che si sono realizzati a Formeaso (Zuglio), Cavazzo Carnico e Lungis (Socchieve), la nuvola delle parole si è arricchita, in primo luogo con custodire.

Il custodire e, di riflesso, il prendersi cura ci spingono a prestare attenzione al benessere dell’altro e allo spazio che abitiamo, richiedono di disporci in una posizione di ascolto, che conduce ad affermare che «l’esistenza, nella sua essenza, è cura di esistere»: proprio attraverso l’avere cura, si crea la possibilità dell’esserci.

Cura, come densa metafora per reagire al disorientamento e alla perdita di senso che a volte ci attanagliano, rimanda a una responsabilità nell’affrontare una criticità o le tante distorsioni che ci consegna il mondo in cui viviamo: per risultare efficace, non può che essere reciproca e sistemica; deve diventare, in questo senso, una priorità a livello politico, amministrativo, culturale. Una cura del mondo è imprescindibile da una cura della parola, a tutti i livelli.

Viviamo un tempo che allenta le radici, il filo delle esperienze, e che induce a dimenticare, a escluderci da una storia. Nell’Eneide di Virgilio, Enea, in mezzo alle fiamme, carica sulle spalle il padre Anchise e prende per mano il figlio Ascanio, portandoli in salvo: non salva sé stesso da solo, ma con il padre che rappresenta la sua storia e con il figlio che è il suo futuro. «La tradizione non è culto delle ceneri ma custodia del fuoco», suggerisce Gustav Mahler: in questo senso, abbiamo la responsabilità di custodire per tramandare le radici, l’eredità, le storie del territorio e i suoi patrimoni, materiali e immateriali.

Richiedi prestito online

Procedura celere

 

Il prendersi cura e custodire presuppongono in primo luogo comportamenti individuali proattivi, il riconoscimento del valore della conoscenza e delle competenze; implicano quindi il rigetto dell’indifferenza, evidenziando l’immutata vitalità delle parole dell’11 febbraio 1917 di Antonio Gramsci per il quale «vivere significa partecipare e non essere indifferenti a quello che succede». Comportano, inoltre, inevitabilmente una tensione verso la condivisione e un protagonismo costruttivo, non narcisistico, in contrapposizione alla connessione totalizzante ma meramente virtuale del web, dove la soggettività dell’Uomo sembra svuotarsi nei corpi astratti della Second Life, in processi globali sempre meno interpretabili.

Se a Cavazzo Carnico la comunità è stata coinvolta e attratta dalla potenza di Dante e delle sue parole attraverso un evento sperimentale immersivo, l’intenso incontro di Lungis ha ripreso parte dei materiali discussi negli incontri precedenti con una dialettica carica di reciprocità facendo emergere parole come riserva, legame, generosità, che si pongono in sintonia con le riflessioni maturate nelle diverse occasioni nel corso del progetto. Ma una parola, più di altre, è stata riconosciuta importante e declinata in modo piuttosto interessante: tranquillità. Si tratta di un termine inteso nelle sue valenze più profonde: certo, come uno stato che ci avvolge quando attraversiamo i luoghi, le persone, i paesaggi e l’arte preziosa incastonata anche negli spazi montani più remoti; pure come una condizione necessaria che ci deve appartenere per affrontare dilemmi e sfide che nelle terre alte e marginali si presentano con continuità.

Attraverso un dialogo tra generazioni diverse di musicisti e i partecipanti, articolato in un processo denominato filo di parole, queste parole, tra le altre, sono state ritenute capaci di interpretare la realtà della Montagna e della Carnia nella contemporaneità: ieri come oggi le Montagne che chiudono l’orizzonte sono un confine fisico e simbolico, ma possono trasformarsi in opportunità per i giovani che, con tenacia, credono nei loro sogni; chi cresce in un ambiente “chiuso” sviluppa infatti una forza diversa, è abituato a spremere la poesia dai sassi, a lottare contro gli ostacoli e i giudizi altrui. Nel fare che caratterizza la gente di Montagna si riformula così, anche in ambito culturale, l’idea umanistica di autocreazione dell’Uomo attraverso il lavoro materiale, che supera con la determinazione gli ostacoli del contesto in cui opera, contribuendo a trasformarlo.

«Il legame tra sogni e limiti della Carnia è un tema antico», sottolinea il professor Marc Vezzi richiamando la lezione di Luigi Candoni, e vanno sfatati miti consolidati, magari basati su immagini idilliache e “carducciane” della Carnia dopo fugaci ristori di gite alpestri, anziché riflettere sul disagio esistenziale di persone e comunità soffocate dalla routine e dalle incertezze prospettiche. «Quassù, le montagne che chiudono l’orizzonte non sono solo un confine fisico, ma anche simbolico. Un limite che, però, può trasformarsi in opportunità per quei giovani tenaci che credono nei propri sogni. In un mondo dove spesso tutto è a portata di mano e il valore delle cose si perde, chi cresce in un ambiente “chiuso” come questo sviluppa una forza diversa: quella di chi è abituato a lottare per andare oltre gli ostacoli, senza rinnegare la propria identità».

La consapevolezza che soltanto l’identità può darci una unicità, che in altri contesti più competitivi e omologati non sarebbe avvertita o non avrebbe la possibilità di esprimersi, il sapere chi siamo e da dove veniamo ci rendono più liberi di scegliere. Da questo punto di vista, quello che può sembrare un territorio marginale, lontano dai centri del Potere, è in realtà una riserva di autenticità umana, dove è più facile coltivare e mantenere il legame con le persone, e dove cultura e umanità sono strettamente legate. Si tratta, tuttavia, di evitare i rischi della “riserva indiana” o di essere minoranza in una comunità più ampia, chiudendosi in uno spazio protettivo e confortevole, senza quel confronto con la realtà esterna e un punto di vista più universale che consentono di vedere più lucidamente le risorse ma anche i limiti del territorio e, dunque, riconoscere leve e fattori che, più di altri, favoriscono l’evoluzione di società e economia.

DALLA VISIONE AI CONTENUTI DEL MANIFESTO E ALLE TRE SFIDE

Il progetto “La forza delle parole” è stato animato dalla volontà di ascoltare e porsi in relazione con le parole che raccontano la concretezza del quotidiano, i desideri e l’immaginazione di futuri plausibili. Richiede l’urgenza di osare, come è stato sottolineato dai giovani a Lungis di Socchieve.

La sfida al labirinto è ardua in una complessità prodotta dall’interdipendenza di fenomeni eterogenei e sovrapposti: il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e la scarsità d’acqua; la trasformazione della globalizzazione, il riassetto delle catene del valore, l’innovazione tecnologica e l’AI; i flussi migratori e la convivenza fra culture; l’emergere delle questioni di genere, in primo luogo nelle relazioni tra uomini e donne, le disuguaglianze; la regressione demografica, la bassa natalità e la società della longevità. Sono fenomeni importanti sia per la loro qualità intrinseca sia per l’intensità e pervasività con cui investono molteplici aspetti della vita in Montagna, sia per le dimensioni etiche e morali che implicano. Impongono consapevolezza, coraggio e lucidità nell’affrontarli, poiché i loro riflessi su spazi, persone, comunità e imprese sono rilevanti: non si può permettere che ci portino fuori rotta, accentuando la marginalità. Suggeriscono l’adozione di un atteggiamento positivo e propositivo, per non disperare.

Contabilità

Buste paga

 

Le parole emerse rappresentano non solo una bussola, ma invitano a coltivare la fiducia nelle capacità individuali e collettive, a essere generosi. Generosità e fiducia sembrano animare anzitutto quei giovani che hanno partecipato alla fase laboratoriale del progetto e nei dialoghi intergenerazionali: si sono incarnate nelle “loro” parole che suggeriscono l’unità di istanze individuali e collettive, con l’obiettivo che le persone diventino gli attori principali nella creazione delle condizioni per un nuovo ciclo di progresso. Si tratta quindi di mettere ‘a fattore comune’ le risorse disponibili, o ancora non attivate ed esplorate, presenti nella nostra Montagna, di individuare un nuovo orizzonte (rinascita) e di porsi obiettivi di trasformazione della situazione esistente (cambiamento) con, appunto, determinazione e tenacia.

I MOTORI

Una parte delle parole sollecita la Montagna italiana e quella friulana, di cui la Carnia rappresenta una componente costitutiva di grande valore simbolico, ad appropriarsi di un progetto dove si possano conciliare una visione di lungo periodo e un coerente pragmatismo. Se alcuni soggetti prima di altri, i giovani e le donne dunque, con la convinzione dell’importanza del contributo di ognuno, diventano protagonisti di un Nuovo Umanesimo poiché capaci di parola e di battersi per idee e soluzioni di futuro, per costruire e ricercare opportunità, lavorative, creative, di studio o di crescita personale, per non essere destinati a spostarsi a sud e a nord per seguire interessi e passioni o, addirittura per re-inventarsi. Se i singoli, siano essi persone o organizzazioni, si rendono capaci di stabilire alleanze e si sentono consapevolmente partecipi di un processo necessario che porti alla generazione di valore non transitorio: morale, culturale, sociale, ambientale, economico.

Questi due motori (soggetti e alleanze) rappresentano la condizione per affrontare disagi, spaesamenti e criticità che ci attraversano e vincere le sfide che ci attendono: rappresentano i pilastri del Manifesto.

Il protagonismo è un flusso di voci, idee, impegno non preordinato, nasce dal basso, è asimmetrico e frammentato. È necessario per scuotere, per risvegliare. La propensione alle alleanze è, dall’altra parte, essenziale: permette di costruire cornici di senso di una realtà complessa, «dove le radici affondano profonde, ma i sogni non mancano e spingono i rami lontano. Un equilibrio fragile tra il desiderio di partire, il bisogno di tornare e la consapevole scelta di restare», come sottolinea ancora Marc Vezzi. Un protagonismo e alleanze impegnate a individuare futuri plausibili e, di riflesso, a motivare in primo luogo politica e istituzioni pubbliche, rendendole consapevoli del crinale su cui ci stiamo incamminando e dell’urgenza di dotarsi di una visione che intercetti il futuro, speranze e grandi ambizioni.

LE SFIDE

Nel corso di questo “viaggio” i partecipanti hanno rilevato e incrociato Sfide declinate nei modi più diversi, che non è possibile semplificare in un breve testo ma che, in linea generale, sono riconducibili a tre aree motivanti e d’interesse.

La sfida ambientale. È stata immaginata in stretta connessione con la capacità di soddisfare le esigenze di evoluzione e progresso di territori e comunità in armonia con la natura e il paesaggio e di far fronte a fenomeni quali il cambiamento climatico, la frammentazione di habitat, la riduzione della biodiversità, il mancato governo di attività umane. Le parole forti individuate esprimono la necessità di preservare l’identità culturale degli ambienti rurali montani, la propensione alla produzione e gestione di servizi ecosistemici e all’agrobiodiversità, con aziende orientate all’agroalimentare animale di pregio.

La sfida antropologica e sociale. Laboratori e comunità hanno colto, a volte con forte tensione e preoccupazione, gli impatti determinati dalla regressione demografica, l’invecchiamento e l’affermarsi della longevity society che impongono un approccio multigenerazionale non scontato. La fuga dei giovani e delle donne dai contesti montani viene descritta dai protagonisti come inevitabile e attraversata da continuo conflitto: tra il ritornare e la fatica a muoversi dai nuovi contesti (sia città italiane sia europee). Si tratta di esiti che si combinano negativamente con la ritrazione di economie di prossimità e con il permanere di un approccio nella promozione di servizi a fallimento di mercato. Le parole forti individuate richiamano, con determinazione, la necessaria rinascita della Montagna, che presuppone un’attenzione per il mantenimento di presidi assistenziali e sanitari, educativi e scolastici, bancari, e la necessità di dotarsi di connettività, accessibilità ai luoghi e posti di lavoro e servizi di mobilità flessibili.

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 

La sfida economica. Se ci sono imprese, ricerca e servizi innovativi, creatività e buon lavoro allora la Montagna e la Carnia possono sperare e non disperare. Compete anzitutto a chi vive e lavora in questi luoghi esigere l’attuazione di politiche place-based fortemente interrelate con le strategie dello sviluppo armonico, a partire da quello regionale. Bisogna migliorare la competitività dell’ecosistema produttivo, anche sulla base di progetti di mantenimento delle imprese sul territorio, e la costruzione di reti e filiere produttive in grado di connettersi con il mondo. Le parole forti individuate sollecitano a cambiare approcci, in modo da consolidare il concetto di montagne produttive e a porre al centro degli interessi, appunto, il lavoro di qualità, l’innovazione e l’adattamento al clima che cambia, aumentando il reddito pro capite medio, anche attraverso la stipula di alleanze tra Montagna, Pianura e Città.

Si tratta quindi di muoversi contemporaneamente e senza altri indugi su più fronti, fiduciosi che, anche di fronte a sfide di grande complessità, ci sono nel nostro territorio risorse, prima di tutto umane, oltre che culturali ed economiche, che riusciranno, se attivate e indirizzate consapevolmente verso obiettivi innovativi e condivisi, a trasformare un momento di incertezza e di passaggio in occasione per un nuovo inizio, che faccia tesoro del passato senza essere prigioniero di esso e rigeneri una tensione assertiva verso il futuro, considerato come opportunità e non con la paura dell’ignoto di chi, non avendo consapevolezza di sé e della propria Storia e rinunciando a percorrere tutte le strade possibili, naviga a vista, senza mettersi in gioco totalmente e senza considerare le potenzialità che derivano dal cambiamento, o altre rappresentazioni del mondo che possono essere più utili per modificare la realtà.

QUI è possibile scaricare il Manifesto per un Nuovo Umanesimo per la Montagna e la Carnia





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link