Questo ragazzone di 59 anni, super lampadato, è passato in un niente da scaricatore di patate al mercato ortofrutticolo e stripper al«Bar Lara» all’invenzione dei locali-social con gin, ostriche, droga e escort
«Lacerenza lava i cerchi del Ferro col Cristal». Seguono commenti tra l’esaltato e l’indignato. Nelle immagini social, il patron della «Gintoneria» Davide Lacerenza ruba una bottiglia di prezioso champagne da un tavolo del locale, esce in strada e versa tutto sui cerchioni della sua Ferrari. Che poi non era neppure «sua». Idem per la «Lambo» e gran parte dell’oro sfoggiato sui social da «Davidone»: ricchezza in leasing. Come la storia del gin pregiatissimo allungato sottobanco dai barman con alcolici ben più commerciali. Tutto documentato nei filmati della Gdf.
O come la casa vicino alla stazione Centrale dove Davide Lacerenza è ai domiciliari da martedì mattina per droga e sfruttamento della prostituzione. Non il lusso di un attico a Dubai, ma un semplice appartamento milanese. Quando gli investigatori sono andati a notificargli l’ordine di custodia cautelare, era tornato da meno di un’ora dopo l’ennesima notte esagerata: «Sono un pazzo, neanche una ventenne mi tiene testa». Poi ha cercato di buttare lì il nome di qualche papaverone nelle fiamme gialle. Colonnelli e generali «amicissimi» che in realtà neppure esistevano, come hanno poi accertato gli inquirenti.
Così come — questo è il dubbio di chi indaga — molti dei clienti spacciati nelle sue chiacchiere per poliziotti, ricconi e imprenditori («sta venendo un sindaco») sarebbero in realtà alcune delle molte millanterie di Lacerenza nella continua commistione tra la vita social e quella vera.
Questo ragazzone di 59 anni, super lampadato, è passato in un niente da scaricatore di patate al mercato ortofrutticolo con lo zio di Trinitapoli (Barletta), a spogliarellista nel famigerato «Bar Lara» di piazzale Loreto, uno dei punti d’approdo delle notti milanesi di guardie, ladri, balordi e tiratardi. Fino all’invenzione dei locali-social con gin, ostriche e crudités di pesce.
Posti dove spennare polli disposti a pagare «7 mila euro» per una bottiglia di champagne (in questo articolo, la storia del rampollo di una famiglia milanese benestante che ha dilapidato la sue eredità) e una storia social di con il «tag» del locale. E che, come nella migliore tradizione dei night club della Milano da bere, univano a calici e glacette la compagnia femminile. Il segreto era il «pacchetto»: «vino, bamba e putt…». Il prezzo — annotano gli investigatori — «poteva variare dai 3 ai 10 mila» euro: «So’ arrivati i due fratelli, gli ho fatto fare il Krug 2002 e gli ho fatto scop… le ragazze qua», si vantava Lacerenza. Il resto lo facevano la cocaina e le sue «sciabolate»: bottiglie stappate con coltelli, Rolex, carte di credito. Marchio di riccanza, trash che fa proseliti. «Sono il Mosè che ha aperto le bottiglie di champagne facendolo passare da nettare elitario a bevanda popolare», si vantava nella autobiografia Vergine, single e milionario.
Terùn del Lorenteggio, quartiere dove è nato da padre pugliese e madre veneta, ai clienti chic ha preferito influencer tatuati in faccia, cocainomani, capi ultrà e scialacquatori di patrimoni. Nel web gira ancora un video dove con i pantaloni abbassati sventola davanti ai clienti la sua «virtù meno apparente» tra il tripudio dei presenti. Un filone dell’inchiesta punta all’autoriciclaggio di 80 milioni in Albania. Cifre che però a chi indaga, tolti lustrini, social e cocaina, oggi sembrano ben poco credibili.
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