Morte di un nobile servitore dello stato. Ucciso a Baghdad dal “fuoco amico” Usa

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“Il Nibbio” di Alessandro Tonda, interpretato con bravura da Claudio Santamaria e Sonia Bergamasco, ricostruisce la morte di Nicola Calipari. Ufficiale del Sismi, stava riportando in patria la giornalista Giuliana Sgrena, rapita e poi liberata da un commando sunnita. Ma cadde vittima di un errore dell’esercito americano. Un film semplice e riuscito, efficace nel ricostruire, vent’anni dopo, uno tra i molti eventi ancora oscuri nelle guerre che da decenni stanno insanguinando il Medio Oriente

La vicenda di Nicola Calipari, ufficiale dei servizi segreti italiani, è quella nobile di un servitore dello stato, definizione anche questa nobile benché smentita, della strage di Piazza Fontana in poi, da numerosi casi di servitori ignobili, golpisti e depistatori che hanno affollato le fila del Sismi e di altri enti di intelligence protagonisti della storia patria. Calipari fu ucciso sulla strada che va all’aeroporto di Baghdad dal “fuoco amico” di un posto di blocco americano, la cui presenza e attività in quel luogo e in quel momento mai è stata davvero chiarita. Forse neanche tanto indagata. Calipari morì facendo da scudo umano mentre accompagnava la giornalista italiana Giuliana Sgrena, inviata del Manifesto sequestrata mentre era in visita a un campo profughi da un commando armato sunnita. Era stata appena liberata dopo un mese di prigionia e di lì a poco avrebbe ritrovato la via dell’Italia, benché ferita anch’essa, ma non in modo grave, nell’azione sciagurata dei militari Usa.

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A distanza di poco più di vent’anni da quei fatti (5 febbraio 2005) la vicenda è rievocata in Il nibbio, film diretto dal 40enne Alessandro Tonda, che ha al suo attivo una notevole gavetta nel mafia movie (Suburra) e nelle analoghe, fortunate serie tv (Romanzo criminale, Gomorra). Ha poi debuttato nel 2020 nella regia con The Sfift, thriller urbano anche questo legato all’attualità internazionale, dove due studenti 17enni di origine araba compiono un attentato nella loro scuola a Bruxelles. Stavolta a guidare la ricostruzione storica in sceneggiatura c’è la mano esperta di un autore di lungo e positivo corso come Sandro Petraglia, a lungo sodale di Bellocchio e altri autori di primo piano del nostro cinema, impegnato a descrivere con chiarezza gli sfondi iracheno e italiano, le poche luci e le molte ombre di una vicenda che forse non ha indignato abbastanza la nostra opinione pubblica. Delineando insieme con svelta efficacia i caratteri dei personaggi, sorretti dalla recitazione convinta di Claudio Santamaria nel ruolo di Calipari e di Sonia Bergamasco che è una Sgrena dolente.

Il cinema storico-politico italiano più riuscito degli anni recenti, di cui Il nibbio fa parte, ha raggiunto, lontano dalle vette di autorialità di Rosi o Petri, risultati di tutto rispetto, privilegiando non a torto la chiarezza nella ricostruzione di eventi, destini umani, e una comprensibilità anche didascalica rispetto alla ricerca, non sempre in passato riuscita, di uno stile filmico più originale. Penso a ottimi film come Muro di gomma di Marco Risi sulla tragedia di Ustica (1980) o Diaz di Daniele Vicari (2012) sulle violenze della polizia, ribattezzate “macelleria messicana”, durante il G8 di Genova del 2001.

E credo sia apprezzabile l’aver scelto di raccontare ciò che è accaduto in un passato in fondo recente, usando una chiave di narrazione larga e accessibile. Per offrire il sostegno del cinema a un pubblico, e a una società civile come quella italiana, che non sembrano sempre eccellere nella memoria degli eventi che la riguardano. Allineando le coordinate e la scansione temporale di un dramma che ha colpito un italiano ma viene da una terra, il Medio Oriente, tutt’ora immersa nel caos di sanguinose guerre a sfondo etnico, di religione, di conquista economica. E la cui occupazione attuata “per portare la democrazia” non ha sempre portato risultati mirabili. Anzi.  

Il Nibbio, di Alessandro Tonda, con Sonia Bergamasco, Claudio Santamaria, Anna Ferzetti, Lorenzo Pozzan, Davy Eduard King, Youssef Tounzi, Abbas Abdulghani, Anas Lahdaira, Fethi Nouri

 

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