Una buona notizia. Non si può chiamare altrimenti quanto apparso nei giorni scorsi sulle colonne del New York Times – testata, com’è noto, tutt’altro che su posizioni pro life – a proposito della crisi che in questo periodo sta investendo il colosso abortista Planned Parenthood, da molto tempo il maggior fornitore di aborti degli Stati Uniti. In effetti, quello emergente in «Botched Care and Tired Staff: Planned Parenthood in Crisis» (ovvero «Assistenza maldestra e personale stanco: Planned Parenthood in crisi») - questo l’eloquente titolo dell’articolo della celebre testata newyorkese – è un quadro tutt’altro che roseo per l’attività dell’azienda abortista, e questo con riferimento a più livelli.
Meno cliniche per Planned Parenthood
In primo luogo, si sta registrando una notevole riduzione della dimensione del giro d’affari e dell’attività di Planned Parenthood. Basti solamente dire che se questa organizzazione negli anni ’90 poteva, attraverso 900 cliniche, servire fino a 5 milioni di donne intenzionate ad abortire – una marea – oggi si ritrova con 600 cliniche (-33%) e un massimo – anche se sono sempre tantissime – di 2,1 milioni di donne (-58%) da poter seguire. Ma questo non è il solo elemento critico sollevato dal New York Times, che ha dato conto ai suoi lettori anche di problematiche gestionali interne a Planned Parenthood, con il personale che lamenta di essere condizionato – in negativo – nella propria attività da fattori come: bassi stipendi, carenza cronica del personale, elevato turnover, formazione inadeguata. Insomma, quella di Planned Parenthood sembra essere una crisi a tutto tondo.
In calo il giro d’affari dell’aborto
Come non bastasse, l’articolo in questione ha sollevato profili critici anche con riferimento alla cattiva, se non pessima gestione finanziaria all’interno dell’organizzazione. Benché, infatti, abbia ricevuto quasi mezzo miliardo di dollari di finanziamenti pubblici (498 milioni per l’esattezza) nel 2022, solo una piccola parte di essi sembra essere – sempre secondo quanto riportato dal New York Times – effettivamente destinata all’assistenza sanitaria. Ma, al di là di problemi di gestione interna di Planned Parenthood, sicuramente questa crisi (che ogni pro life non può non salutare che con gioia) è figlia anche del rovesciamento della sentenza Roe vs Wade, avvenuta nell’estate 2022 da parte della Corte Suprema Usa (con una maggioranza conservatrice grazie alla prima presidenza Trump) e alle seguenti limitazioni all’aborto introdotte negli Stati Americani. Si prenda per esempio la Florida, dove – secondo quanto dichiarato da Stephanie Loraine Piñeiro, direttrice esecutiva di Florida Access Network – dopo il ribaltamento della Corte del 2022 la sua realtà abortista aveva subito ricevuto 200.000 dollari in donazioni individuali, ma dopo che la decisione della Corte suprema dello stato nell’aprile 2024 ha ridotto il divieto statale di aborto da 15 settimane di gestazione a 6 settimane, il fondo ha ricevuto “solo” 40.000 dollari in donazioni. Insomma, sembra che pure le donazioni individuali ultimamente scarseggino per Planned Parenthood così come per tutte quelle realtà parallele, che cioè supportano l’aborto negli Stati Uniti.
Un nuovo corso con la presidenza Trump
Una situazione, questa, che non potrà verosimilmente che peggiorare a breve. Infatti tutto lascia pensare che la nuova Amministrazione americana repubblicana, guidata da Donald Trump – stando, almeno, a quanto dichiarava in campagna elettorale JD Vance, oggi vicepresidente alla Casa Bianca – dovrebbe agire «in modo coerente» con i propri propositi, tagliando i fondi a Planned Parenthood. Da parte sua, Lila Rose, fondatrice di Live Action, ha recentemente ricordato che Planned Parenthood «non dovrebbe ricevere un solo centesimo in fondi dei contribuenti. Sono una catena di aborti corrotta che dovrebbe essere chiusa». Del resto, come si legge non su qualche fonte pro life o repubblicana, bensì sullo stesso sito di Planned Parenthood, «nel maggio 2017, Donald Trump è stato il primo presidente a prendere di mira Planned Parenthood e a chiederne il taglio dei finanziamenti». Speriamo che si passi quanto prima dalle parole ai fatti, perché negli Stati Uniti ogni anno ci sono, ancora oggi, circa un milione di aborti. Una strage infinita cui bisogna assolutamente porre fine al più presto.
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