Bruno Pizzul, una vita nel calcio dall’oratorio al microfono

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Il telecronista sportivo, morto all’ospedale di Gorizia, avrebbe compiuto 87 anni fra pochi giorni. Socio dell’Azione Cattolica, ha scritto con il figlio Fabio il libro “Credere nello sport. La fede nelle interviste ai campioni”

Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

Quella di Bruno Pizzul è stata una delle voci più iconiche del giornalismo sportivo italiano. Nato a Udine l’8 marzo del 1938, è diventato uno dei narratori più noti delle gesta della Nazionale italiana. Ex calciatore, laureato in Giurisprudenza, è morto oggi, mercoledì 5 marzo, all’ospedale di Gorizia.

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L’amore per il calcio nato in oratorio

Il suo amore per il calcio inizia in oratorio. In una intervista, rilasciata nel 2018 al settimanale diocesano del Friuli “La Vita Cattolica”, ricordava in particolare un giorno, rimasto impresso nella sua memoria di bambino. “Il prete, il nostro ‘don Rino’ Coccolin, che si chiamava in realtà Pietro e che sarebbe diventato arcivescovo di Gorizia, riuscì a trovare un pallone. L’unico a disposizione di tutti i ragazzi del paese, attorno al quale si formava quotidianamente una processione per riuscire a fare una partita”.

Dal pallone al microfono

Pizzul ha cominciato a giocare a calcio nella squadra dell’oratorio. Dopo aver militato in quella del suo paese, la Cormonese, il suo destino calcistico si è incrociato con le ambizioni di Cremonese e Catania. La sua carriera ha poi trovato una nuova traiettoria: dagli schemi del campo di gioco è passato, come giornalista, alle frequenze radiotelevisive per le cronache delle partite. È stato il telecronista delle partite degli Azzurri fino al 2002. Ha accompagnato, con la sua inconfondibile voce, le partite della Nazionale italiana in cinque edizioni dei Mondiali, tra cui quella delle “notte magiche” italiane del 1990.  Un vocabolario ricco, ma mai eccessivo, eleganza e sobrietà, e grande competenza tecnica erano la sua cifra. In questo senso seppe rinnovare lo stile a volte troppo compassato dei predecessori, restando però sempre in secondo piano rispetto alla partita. Il giornalista friulano raccontò anche pagine tragiche: fu nel 1985 il telecronista della finale di Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool, quando nella calca morirono 39 persone nello stadio Heysel, in Belgio. “Con quale spirito – aveva detto in diretta quella sera – i giocatori scenderanno in campo, a questo punto il risultato diventa assolutamente irrilevante”. Nei suoi commenti non ha dato enfasi solo a grandi imprese sportive ma si è spesso soffermato sul lato umano dei calciatori. Recentemente, nel 2023, in occasione  della morte dell’attaccente Gianluca Vialli, sottolineava  quanto sia determinante, anche nello sport, lo spessore umano di una persona: “La grande testimonianza di affetto che Vialli ha ricevuto in tutto il mondo – ha detto Bruno Pizzul – è stata caratterizzata dal fatto che progressivamente si è parlato sempre meno delle sue prodezze di calciatore e sempre più della sua grande dimensione di uomo”.

I valori cattolici

Fin da bambino la vita di Bruno Pizzul è stata profondamente plasmata dai valori cattolici. Socio dell’Azione Cattolica, nel 2017 – in occasione dei 150 anni di fondazione dell’associazione – ripercorreva i primi passi compiuti in questa realtà: “Eravamo poco più che ragazzini. Ricordo che ci diedero un basco azzurro, del quale eravamo tutti molto orgogliosi, per farci riconoscere”.

Gli auguri di Bruno Pizzul per i 150 anni di Azione Cattolica

Le parole oltre la voce

Ci sono tracce di questo protagonista del giornalismo sportivo anche tra le pagine di libri sulla fede. “Credere nello sport. La fede nelle interviste ai campioni” è un volume, edito da Monti, scritto da due autori: Fabio Pizzul, presidente dal 2002 al 2008 dell’Azione Cattolica della Diocesi di Milano, e suo padre Bruno. Nella raccolta antologica “Nonni”, opera edita dalla casa editrice Ave con riflessioni di Papa Francesco e con l’aggiunta di alcuni testi del cardinale Bergoglio, l’introduzione è di Bruno Pizzul. “La frequenza e l’accorata partecipazione di Francesco sull’argomento – ha scritto il giornalista – sono il segno più evidente di quanto gli stiano a cuore i nonni e le nonne, che costituiscono le radici culturali e ineliminabili della famiglia, della società e spesso della stessa fede religiosa all’interno dei contesti nei quali si muovono”. Non mancano sottolineature sul rapporto tra nonni e nipoti. “Molto belli – si legge ancora nell’introduzione di Bruno Pizzul – i riferimenti di Francesco ai ricordi personali dei rapporti con i propri nonni. Patrimonio del resto da ritenere comune a tutti noi che conserviamo senz’altro nel cuore la rivisitazione di qualche momento di particolare condivisione affettiva con i nostri nonni”.

“Tutto molto bello”

La voce e la personalità di questo noto telecronista resta un’ispirazione non solo per i giovani giornalisti che muovono i primi passi nella professione, ma anche per i bambini che inseguono un pallone sul campo di un oratorio. La vita, come lo sport, ha bisogno di passione, valori e ideali. Oggi, in particolare, sembra quasi di sentire la sua voce da nonno che, commentando le prodezze dei giovani con il pallone tra i piedi, esclama con un sorriso: “Tutto molto bello!”.

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