Papa Francesco, è stabile: «Fragilità richiama dramma morte»

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«Il Santo Padre anche oggi è rimasto stazionario senza presentare episodi di insufficienza respiratoria». È quanto si legge nell’aggiornamento medico diffuso dalla sala stampa della Santa Sede sulle condizioni di papa Francesco, ricoverato al Policlinico Gemelli di Roma dal 14 febbraio scorso.

Il Pontefice «come programmato, durante il giorno, ha effettuato l’ossigenoterapia ad alti flussi e nella notte verrà ripresa la ventilazione meccanica non invasiva. Il Santo Padre ha incrementato la fisioterapia respiratoria e quella motoria attiva. Ha trascorso la giornata in poltrona. In considerazione della complessità del quadro clinico, la prognosi rimane riservata», si legge ancora nel bollettino.

«Questa mattina, nell’appartamento privato sito al 10° piano, il Santo Padre ha partecipato al rito della benedizione delle Sacre Ceneri che gli sono state imposte dal celebrante, quindi ha ricevuto l’Eucarestia. Successivamente si è dedicato ad alcune attività lavorative. Sempre nel corso della mattina ha chiamato padre Gabriel Romanelli, parroco della Sacra Famiglia di Gaza. Nel pomeriggio ha alternato il riposo al lavoro».

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La polmonite di Papa Francesco «è in una fase di sviluppo ordinario, è una normale evoluzione». Lo si apprende da fonti vaticane in merito alle condizioni di Papa Francesco. «Ci vorrà tempo» per ulteriori valutazioni, il quadro clinico resta «stabile nell’ambito di un quadro complesso», ma l’assenza di crisi nelle ultime ore è considerato un qualcosa di «rilevante».

L’omelia del mercoledì delle Ceneri

Le ceneri richiamano la «fragilità nell’esperienza della malattia, nella povertà, nella sofferenza che a volte piomba improvvisa su di noi e sulle nostre famiglie». Lo scrive Papa Francesco nell’omelia per il mercoledì delle Ceneri letta dal cardinale Angelo De Donatis nel corso della funzione alla Basilica di Santa Sabina. Bergoglio, da 20 giorni ricoverato al Gemelli, evidenzia come «questa condizione di fragilità ci richiama il dramma della morte, che nelle nostre società dell’apparenza proviamo a esorcizzare in molti modi e a emarginare perfino dai nostri linguaggi, ma che si impone come una realtà con la quale dobbiamo fare i conti, segno della precarietà e fugacità della nostra vita». Le ceneri «ci aiutano a fare memoria della fragilità e della pochezza della nostra vita: siamo polvere, dalla polvere siamo stati creati e in polvere ritorneremo. E sono tanti i momenti in cui, guardando la nostra vita personale o la realtà che ci circonda, ci accorgiamo che è solo un soffio ogni uomo che vive – afferma ancora il Papa -, come un soffio si affanna, accumula e non sa chi raccolga. Ce lo insegna soprattutto l’esperienza della fragilità, che sperimentiamo nelle nostre stanchezze, nelle debolezze con cui dobbiamo fare i conti, nelle paure che ci abitano, nei fallimenti che ci bruciano dentro, nella caducità dei nostri sogni, nel constatare come siano effimere le cose che possediamo».

«Ci accorgiamo di essere fragili quando ci scopriamo esposti, nella vita sociale e politica del nostro tempo, alle “polveri sottili” che inquinano il mondo: la contrapposizione ideologica, la logica della prevaricazione, il ritorno di vecchie ideologie identitarie che teorizzano l’esclusione degli altri, lo sfruttamento delle risorse della terra, la violenza in tutte le sue forme e la guerra tra i popoli. Sono tutte “polveri tossiche” che offuscano l’aria del nostro pianeta, impediscono la convivenza pacifica, mentre ogni giorno crescono dentro di noi l’incertezza e la paura del futuro», continua Bergoglio nel corso della funzione alla Basilica di Santa Sabina. «Nonostante le maschere che indossiamo e gli artifizi spesso creati ad arte per distrarci, le ceneri ci ricordano chi siamo. Questo ci fa bene. Ci ridimensiona, spunta le asprezze dei nostri narcisismi, ci riporta alla realtà, ci rende più umili e disponibili gli uni verso gli altri: nessuno di noi è Dio, siamo tutti in cammino. La Quaresima, però, è anche un invito a ravvivare in noi la speranza – sottolinea ancora il Pontefice -. Senza questa speranza siamo destinati a subire passivamente la fragilità della nostra condizione umana e, specialmente dinanzi all’esperienza della morte, sprofondiamo nella tristezza e nella desolazione, finendo per ragionare come gli stolti». Infine il Papa esorta ciascuno a essere «speranza per il mondo». Questo può avvenire imparando «dall’elemosina a uscire da noi stessi per condividere i bisogni gli uni degli altri e nutrire la speranza di un mondo più giusto». 



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