Gli eurodeputati del Pd Stefano Bonaccini eletto nel Nord-Est e Giorgio Gori eletto nel Nord Ovest sono stati “in missione” in provincia di Varese dove hanno vistato alcune aziende del gruppo Leonardo e incontrato le associazioni datoriali tra cui Confindustria Varese, Confapi e Confartigianato e i rappresentanti sindacali provinciali di Cgil, Cisl dei laghi e Uil. Bonaccini è impegnato a Bruxelles nelle commissioni Agricoltura, Commercio Internazionale e nella delegazione Europa-Stati Uniti, mentre Gori è vicepresidente della Commissione Industria.
«Abbiamo deciso di dare priorità alle regioni del Nord – ha detto Bonaccini – perché qui risiede metà della popolazione italiana e qui si produce metà del Pil (Prodotto interno lordo, ndr) nazionale. Il nostro obiettivo è ascoltare e valorizzare le esigenze dei territori e delle imprese, partendo dalla crisi economica in atto».
Bonaccini snocciola i dati negativi del sistema industriale italiano: il calo della produzione per 25 mesi consecutivi (-3,5%), la crescita prevista dall’Ocse sotto l’1% dei prossimi tre anni «tra i peggiori in Europa: la Spagna, per dire, cresce nel doppio del triplo. La Germania che è in recessione fra 3 anni ci supererà». A questi risultati negativi si potrebbero aggiungere gli effetti negativi dei Dazi previsti dagli Usa. «Abbiamo il dovere di dare una risposta a un bisogno di tenere insieme il mondo delle imprese e il mondo del lavoro – ha sottolineato Bonaccini – immaginando che senza impresa non c’è lavoro e senza lavoro di qualità manca la coesione sociale».
Giorgio Gori ha fatto il punto sul sistema manifatturiero italiano a partire dal problema dimensionale. «L’idea che ci guida è dare un concretissimo segnale di interesse al mondo dell’impresa – ha sottolineato l’europarlamentare – chwe in questo momento è in particolare sofferenza per tanti fattori che derivano sicuramente dalla incertezza internazionale, ma anche dalla mancanza di una qualunque linea di politica industriale da parte del governo».
La spina dorsale del sistema produttivo italiano è formato da micro e piccole imprese che sono oltre il 94% del totale, spesso escluse dal credito e dai percorsi di innovazione. «Il nostro è un sistema bancario poco accessibile per le piccole imprese, scarsamente servite da strumenti alternativi – ha sottolineato Gori -. Questa esclusione ha conseguenze anche sui processi di innovazione delle Pmi, in particolare quelli riguardanti l’impiego dell’intelligenza artificiale. Servono politiche mirate e accessibili anche per i piccoli, un piano nazionale per favorire l’introduzione dell’IA nelle imprese e nella PA, con crediti d’imposta e formazione mirata».
Quest’ultimo passaggio, secondo Gori, è cruciale perché può aiutare a colmare il gap di produttività e compensare la carenza di manodopera. L’europarlamentare ha rimarcato l’importanza della formazione tecnica a cominciare da quella che viene data negli Its – che è formazione terziaria- e l’importanza di alimentare la collaborazione tra imprese e università. «Qui in provincia di Varese – ha concluso Gori – avete la Liuc che è l’unica università creata dagli imprenditori del territorio. Bisogna superare il modello “piccolo è bello”: la flessibilità delle microimprese è un valore, ma oggi servono massa critica, innovazione e managerialità».
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