“Banca Etica sta perdendo slancio. Cambiare si può”


Riceviamo e pubblichiamo l’intervento di Andrea Berrini. Lo spazio del dibattito è aperto.


C’è un po’ di preoccupazione, dentro e attorno a Banca Etica. Da un lato, soci e risparmiatori perplessi a fronte del tradimento di uno dei principi fondanti della finanza etica: nessun investimento e nessun compromesso con l’industria delle armi, e molti soci non apprezzano che il principio sia clamorosamente smentito dalla collaborazione con le banche tradizionali comproprietarie, con Banca Etica, di Etica Sgr (BancoBpm, Bper e Popolare di Sondrio figurano da tempo nell’elenco ministeriale delle banche che finanziano l’export di armi).

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Dall’altro, il mondo del Terzo settore, dell’associazionismo, del non profit, delle cooperative sociali, del mondo della cultura (per brevità lo chiamerò economia sociale, i temi li conosciamo: ambiente, fragilità, ineguaglianze, riflessione politica e sociale), mondo che fatica a ottenere credito dalla banca nata proprio con questo obiettivo.

La preoccupazione è che lo splendido progetto di una “banca etica”, nata 26 anni fa per iniziativa di migliaia di persone, che ha preso forma ed è cresciuto in modo convincente, oggi stia perdendo slancio. Mi ci riconosco in pieno. 

I numeri: Banca Etica raccoglie grosso modo due miliardi e mezzo di euro di risparmi, ai quali si aggiungono la bellezza di sette miliardi investiti in Etica Sgr, che li convoglia sui suoi sette fondi. Di questa imponente massa finanziaria, devoluta da persone e soggetti con una forte motivazione etica, solo poco più di un miliardo è utilizzato in prestiti, metà dei quali all’economia sociale: il 5% delle risorse disponibili (bilancio 2023). Di più: le condizioni dei prestiti non sono sempre migliori di quelle offerte dalle banche tradizionali, e a fronte di un personale di credito preparato e soprattutto fortemente motivato, la farraginosità delle metodologie operative conduce a tempi di reazione lunghi e a volte incompatibili con le necessità del richiedente.

Il risultato è che Banca Etica sta perdendo capacità di credito e tanti, troppi, si rivolgono alle banche tradizionali. Un dato eclatante: Banca Etica nel 2023 ha erogato al Terzo settore 106 milioni di euro, un dato in forte calo dai 180 del 2021 e dai 271 del 2019. Intesa Sanpaolo nel 2023 ha finanziato il non profit per 144 milioni: le nostre carenze favoriscono il greenwashing del sistema bancario tradizionale, che si rifà l’immagine. 

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Ho avuto la fortuna quasi trent’anni fa di partecipare al percorso che portò alla costituzione di Banca Etica. Ero collaboratore di una delle organizzazioni fondatrici, la Mag2 di Milano, che insieme a molte società finanziarie cooperative e a tanti soggetti della società civile immaginava la banca come un moltiplicatore delle risorse allora mobilitate, un potente strumento di impulso allo sviluppo dell’economia sociale.

Mi interessava il “Sud del mondo”, il nascente circuito del microcredito, le cooperative dei produttori spesso legate al circuito del commercio equo, e decisi di costituire CreSud, con la quale abbiamo erogato prestiti per venticinque anni. Caratteristica comune di CreSud e delle società finanziarie che parteciparono al processo di fondazione di Banca Etica è convogliare la quasi totalità delle risorse raccolte nella filiera dei crediti, così come accade a tutte quelle società finanziarie etiche europee che abbiamo avuto al nostro fianco, e persino alle stesse banche di microcredito nel Sud del mondo, le Micro finance institutions, che abbiamo finanziato: le Mfi in venticinque anni sono riuscite ad ampliare il loro bacino di utenza dagli otto milioni di utenti del 1997 agli oltre centocinquanta milioni attuali.

Ora, è evidente che il quadro regolatorio che sovrintende all’operatività di una banca è più stringente e impone una maggiore prudenza. Ma ciò che fa Banca Etica oggi è troppo poco, con un rapporto tra risorse raccolte e risorse investite -escludendo Etica Sgr- inferiore al 50%, a fronte di una media delle banche etiche europee attorno al 65%: obiettivo minimo.  

Il gruppo dirigente che ha retto le sorti della banca negli ultimi anni ha in effetti presentato un piano operativo quadriennale che prevede un discreto incremento degli impieghi. È una risposta alle istanze che provengono dai soci e da tanta parte del mondo dell’economia sociale, ma non spiega né il perché di un cambio di rotta così deciso, né gli strumenti operativi che verranno utilizzati. A fronte della preoccupazione, che diventa mugugno, sembra dirci, d’accordo, ne terrò conto, poi vedremo come fare.  

È questa criticità che mi ha fatto apprezzare la proposta di Re:start BE25, una delle liste che si presentano per l’elezione del nuovo Consiglio di amministrazione all’assemblea del 17 maggio, capitanata dal candidato presidente Alessandro Messina. Il programma della lista, stilato a valle di un corposo processo di discussione che ha visto protagonisti oltre cento soci e decine di organizzazioni, si dà due obiettivi: per Banca Etica almeno il 65% di prestiti sul totale delle risorse raccolte, per Etica Sgr almeno 400 milioni investiti nell’economia sociale. Come? In sintesi, ecco i termini del nostro progetto. 

Intanto aiutare il personale di credito a superare l’attuale condizione di superlavoro, eliminando sovrapposizioni e farraginosità e snellendo il processo di istruttoria. Standardizzare i prodotti finanziari, disegnandone di nuovi. Utilizzare in modo diffuso le nuove tecnologie. Sul versante Etica Sgr, si può ipotizzare un fondo chiuso dedicato all’economia, che investa nel capitale sociale, o in minibond, di piccole imprese ad impatto, cooperative, start-up sociali. Lo stesso tipo di investimento potrebbe anche interessare i fondi attualmente presenti, in una misura talmente esigua sul totale da non comprometterne il profilo di rischio. 

Etica Sgr in effetti è il vero e proprio paradosso, perché certo ha una capacità di attrazione del risparmio proprio perché propone fondi molti simili a quelli del circuito finanziario tradizionale, dall’altro finisce per estrarre risorse dalle persone interessata alla finanza etica per riversarle nella Borsa tradizionale. Dei sette fondi proposti, due si rivolgono, rispettivamente, ad ambiente e società: ma cascano le braccia a scorrere l’elenco delle società in cui si investe (da Richemont a Biogen, da Ferrari a Hera, da Novo Nordisk a Rockwell Automation, da STMicroelectronics NV a Taiheiyo Cement Corp, da Technogym Spa a Nvidia Corp). Non proponiamo certo uno stravolgimento dell’operatività attuale, immaginando di investire nell’economia sociale 400 milioni su sette miliardi.  

Si tratta, banalmente, di fare meglio il nostro mestiere, di essere capaci di rispondere alla domanda di credito di chi ci sta attorno e andare a testa alta a dire che siamo noi la banca del Terzo Settore: per una scelta etica e per una scelta politica. 

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Saldo e stralcio

 

Andrea Berrini, socio di Banca Etica, è scrittore, imprenditore ed editore. Dopo aver partecipato al primo Microcredit Summit di Washington, ha fondato nel 1999 CreSud, pioniere del microcredito in Italia, oggi parte del Gruppo Banca Etica. È tra i promotori della lista Re:start BE25

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