«Sud, infrastrutture e micro-imprese, bisogna accelerare sui nodi strutturali»


Secondo Francesco Di Ciommo – prorettore della Luiss e professore di diritto dell’economia dei mercati bancari e finanziari dell’ateneo romano – «l’aumento del giudizio di S&P sul debito italiano è un giusto riconoscimento al lavoro che si sta facendo. Ma le agenzie di rating fotografano il contingente, ci sono alle spalle, anzi sulle nostre spalle, trent’anni di decisioni sbagliate che frenano l’economia italiana. Nodi strutturali sui quali bisogna continuare a intervenire». 

Il ministro Giorgetti ha definito «inaspettata» la promozione di S&P del rating da BBB a BBB+. 
«A mio avviso era attesa. I mercati, poi, premiano la stabilità politica, che in Italia non si ricordava da tempo e che pochi Paesi possono vantare. E per le agenzie come S&P stabilità vuol dire governare i processi, fissare gli obiettivi e poter inseguire i risultati economici».

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Appunto, l’economia.
«A metà marzo l’Istat ha comunicato che la produzione è tornata a crescere dopo 23 mesi di calo costante. Che arriva mentre riparte la Germania – primo acquirente del made in Italy – che ha annunciato un sostegno finanziario importante alle sue imprese oltre agli investimenti sul settore militare. E sempre l’Istat ha certificato a gennaio l’aumento della fiducia dei consumatori, si è registrata un’ulteriore crescita dell’occupazione che ci porta ai massimi degli ultimi decenni. Per tutto il 2024 sì è avuto un aumento contenuto dei prezzi intorno allo 0,7 per cento, mentre le retribuzioni sono salite del 3,4». 

Se va tutto bene, perché cresceremo solo dello 0,6 per cento?
«Non ho detto che va tutto bene. Questi sono dati ufficiali dell’Istat, che descrivono condizioni favorevoli e sono all’interno delle valutazioni di S&P così come i provvedimenti del governo per invertire la tendenza sul debito. Ma si cresce poco perché paghiamo scelte fatte negli ultimi trent’anni, durante i quali si è sbagliato molto e si è capito poco su che cosa ci riservava il futuro. Scelte alle base dei nodi che frenano l’economia».

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Secondo il governatore Fabio Panetta bisogna fare di più.
«E ha ragione. Sul fronte della produttività, per esempio, bisogna ridurre il gap tra il Sud, il Centro e il Nord, che a sua volta causa una distribuzione dei redditi molto differente. Il Mezzogiorno deve tornare a essere sia un’area produttiva sia un mercato: se non si produce non si distribuisce reddito e non si compra. Tra gli errori del passato da risolvere ci sono quelli sull’energia: le imprese possono competere se paghiamo il doppio della Francia o un terzo più della Germania?».

Non sono gli unici freni.
«In molte parti del Sud mancano ancora le infrastrutture. Ma dietro i ritardi del Paese ci sono anche la perdita del primato italiano sulla formazione – con il risultato che da noi ci sono sempre meno giovani che si laureano – l’eccessivo carico fiscale sulle imprese o il tema della certezza del diritto. Per le aziende operare in questo contesto, tra l’altro molto burocratico, è difficile se non rischioso».

Le soluzioni?
«Sarebbe ingeneroso dire che il governo non si sta muovendo su questi fronti. Personalmente credo che debba aprire un tavolo con i rappresentanti delle imprese e dei lavoratori per realizzare realmente la tripla transizione (digitale, energetica e ambientale). Vanno sfruttate al meglio le risorse energetiche interne e in un Paese di piccole e medie imprese, con le banche che erogano sempre meno, per accrescere la loro dimensione vanno incentivati sistemi di finanziamento che prescindano dal mondo bancario. Anche partendo da chi fa bene questo lavoro come Cassa depositi e prestiti e alcuni fondi».

S&P, però, sottolinea che lo scenario in Italia potrebbe peggiorare con dazi Usa superiori al 20 per cento.
«Aspettiamo prima di capire quali saranno le tariffe. Sicuramente non aumenteremo le nostre vendite all’estero. Ma il made in Italy, che vende negli Stati Uniti il 10 per cento totale, ha molti mercati di destinazione ed è apprezzato nel mondo perché è di qualità. Non certo per i bassi prezzi delle sue merci prodotte. E questo limita le conseguenze negative portate dalle nuove politiche restrittive».

Ha ragione l’Italia a chiedere alla Ue il congelamento del Patto di stabilità?
«È corretto. Siamo in una fase storica straordinaria e occorrono misure straordinarie. Non si può chiedere ai Paesi di mantenere le stesse regole di bilancio e continuare a sostenere le imprese verso la transizione».

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