«Ha vinto la diplomazia, ma ora tutelare il mercato»


«Finalmente ha prevalso la ragione e, con essa, il negoziato che abbiamo sostenuto in ogni sede. Mentre altri chiedevano immediate e gravi ritorsioni e il boicottaggio delle merci americane, che avrebbe innescato una guerra commerciale globale, noi abbiamo sempre invitato a perseguire il dialogo e ad avviare una de-escalation. Il viaggio di Giorgia Meloni a Washington giunge nel momento più appropriato e potrà facilitare il negoziato tra l’Amministrazione americana e la Commissione. In ogni caso, nel frattempo occorre predisporre adeguate misure di salvaguardia per tutelare il mercato interno dall’ondata di sovrapproduzione asiatica che si riverserà in Europa come conseguenza delle barriere tariffarie confermate dagli Stati Uniti nei confronti della Cina». Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, che domani sarà in Puglia, a Brindisi, anche in occasione della sosta della nave Amerigo Vespucci della Marina Militare, vede nuovi margini nella complicata vicenda dei dazi americani che stanno fortemente scuotendo le economie mondiali. E da un lato rilancia la via del confronto e dall’altro esprime la necessità di tenere la guardia alta verso una possibile invasione di merci cinesi.

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Il Governo, per arginare l’impatto dei dazi sul nostro sistema produttivo e industriale, vuole usare le risorse del Pnrr e del Fondo di Coesione per un totale di 25 miliardi. Come funzionerà il meccanismo e a quali iniziative state pensando?

«Investimenti nel digitale, per consentirci di diventare leader delle nuove tecnologie in Europa e a supporto di alcune filiere strategiche che stanno attraversando una fase di difficoltà come l’automotive e la moda. È in atto il confronto con la Commissione sulla rimodulazione delle risorse del Pnrr. Per le risorse del Fondo di Coesione, attueremo un dialogo con le Regioni, come stiamo già facendo con la Campania e la Sicilia, per cofinanziare i Contratti di Sviluppo al Sud. Con le risorse del nuovo Fondo sociale per il clima, potremo raggiungere i 25 miliardi da indirizzare al sistema produttivo».

Siamo alla vigilia della giornata che celebra il Made in Italy. Lei, nell’ultimo anno, ha voluto l’istituzione delle Case del Made in Italy in molte città. Ma oggi, con i dazi americani, che vento soffia sul Made in Italy?

«Abbiamo già aperto sedici Case del Made in Italy, anche a Napoli, Catania, Taranto, Palermo, Reggio Calabria e, tra pochi giorni, a Bari. Anche nel 2024 il Sud ha recuperato competitività e ridotto il divario con il Nord, potendo contare sulle nuove direttrici del commercio lungo l’asse del Mediterraneo. Per questo abbiamo indicato alla Commissione di finalizzare nuovi accordi bilaterali di libero scambio con i Paesi arabi del Consiglio di cooperazione del Golfo, India, Malesia, Indonesia, Filippine e Australia lungo l’asse dell’Indo-Pacifico, che rappresenta la “via del cotone”, oltre a quello con il Mercosur, per il quale occorre tutelare la produzione agricola. Le nuove direttrici, insieme con il Piano Mattei per l’Africa, aprono grandi prospettive proprio al Mezzogiorno, tornato finalmente centrale».

Arriva a Brindisi, dove Versalis ha uno dei suoi poli, e domani incontra in Prefettura i sindacati che non hanno firmato l’accordo sulla riconversione. Che messaggio lancia loro? Lei, intanto, ha detto che quest’accordo, che prevede una gigafactory di accumuli stazionari sviluppato in collaborazione con Seri Industrial Spa, 700 milioni di euro di investimenti, permette di gestire la transizione.

«È un esempio, che penso diventerà un modello, di come gestire la transizione ambientale senza soffocare l’industria e il lavoro, secondo il principio da noi pienamente attuato di “Clima e Lavoro”. L’accordo prevede due miliardi di investimenti, il mantenimento e, anzi, in prospettiva, l’aumento dell’occupazione, oltre a un supporto logistico dell’azienda per rifornire le imprese della filiera di materie prime a più basso costo. Per questo l’accordo è già stato sottoscritto da tutti i sindacati nazionali, a eccezione della Cgil, e dalle Regioni Sicilia e Lombardia. Manca solo la Puglia, che peraltro è la maggiore beneficiaria. Ascolterò a Brindisi anche i sindacati dell’indotto, che ho comunque già convocato a Roma per capire quali siano le loro preoccupazioni».

È aperto il nodo dell’ex Ilva. I sindacati e i lavoratori sono molto preoccupati dai ridimensionamenti occupazionali che la cessione prima e l’avvento dei forni elettrici poi, potranno determinare. Che impegni assume il Governo sul tema del lavoro?

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«Il Governo ha agito da subito con grande determinazione per evitare la chiusura dello stabilimento che avrebbe rappresentato la fine della siderurgia italiana. Un anno fa abbiamo preso in mano l’azienda con i commissari straordinari, recuperando una situazione compromessa che dopo pochi giorni avrebbe portato allo spegnimento anche dell’ultimo altoforno. In questi mesi siamo riusciti a ripristinare due altiforni e un terzo seguirà a breve. Abbiamo poi indennizzato i cittadini di Tamburi, ristorato le aziende dell’indotto, raggiunto un’intesa con il sindacato per la gestione della cassa integrazione e indetto una gara internazionale davvero competitiva, a differenza di quanto fatto durante la gestione Renzi-Calenda, che dovrebbe concludersi entro giugno. Inoltre, abbiamo creato il Tecnopolo per la transizione ambientale, che inaugurerò tra pochi giorni. Come accaduto in tutte le vertenze, alcune decennali, che abbiamo chiuso in questi mesi al Mimit, nessuno sarà licenziato. La gran parte dei lavoratori potrà rientrare finalmente in un’azienda che tornerà a produrre, peraltro in un percorso di ambientalizzazione che sarà un modello in Europa. Agli altri forniremo occasioni di lavoro equivalenti o – se lo preferiscono – strumenti di sostegno, come gli incentivi volontari all’uscita o l’accompagnamento alla pensione. Il modello sarà quello che abbiamo attuato con efficacia a Termini Imerese, chiudendo una crisi in cui i lavoratori erano in cassa integrazione da 15 anni».

Sull’automotive e su Stellantis, la Fim Cisl dichiara che i dati della produzione nei primi tre mesi del 2025 evidenziano un netto peggioramento rispetto al 2024. E inoltre l’Istat dice che a febbraio la produzione industriale è diminuita dello 0,9% rispetto al mese prima, consolidando così una lunga fase di flessione in atto da febbraio 2023. Ora c’è l’emergenza dazi, è vero, ma questi problemi esistono da prima. A quali azioni si sta pensando?

«La crisi di oggi è l’onda lunga di quel che non è stato fatto nelle scorse legislature, del totale disimpegno di chi ci ha preceduto. Noi abbiamo imposto a Stellantis un Piano Italia che l’azienda ha presentato tre mesi fa al Mimit, dopo un confronto piuttosto serrato che ha portato anche alle dimissioni di Tavares, e che successivamente lo stesso Elkann ha illustrato in Parlamento. Il piano industriale prevede finalmente una netta inversione di tendenza: due miliardi di investimenti nel 2025 e sei miliardi di contratti con la componentistica italiana, mantenimento in produzione di tutti gli stabilimenti, nessun licenziamento, nuove piattaforme e nuovi modelli, sia elettrici che ibridi. Il piano si sta sviluppando come concordato, ma ovviamente avrà i suoi effetti produttivi dal prossimo anno. Inoltre, già sei mesi fa abbiamo presentato un documento di indirizzo strategico alla Commissione Europea per rivedere in modo radicale la politica industriale sull’auto, che ha portato al collasso le imprese del continente, con chiusure di stabilimenti e decine di migliaia di licenziamenti in Germania e non solo. Ora dobbiamo sospendere il Green Deal, come hanno fatto già Usa e Gran Bretagna, ovviamente senza rinunciare all’obiettivo della decarbonizzazione».





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