Storia di una misura fallimentare per aiutare le imprese


Caricamento player

Per mesi, Giorgia Meloni e Adolfo Urso hanno descritto con toni entusiastici, perfino trionfali, Transizione 5.0, una misura di sostegno alle imprese promossa fin dalla fine del 2023. «Uno strumento molto utile», lo definiva la presidente del Consiglio. «La misura più significativa messa in campo nell’Unione Europea», diceva il ministro delle Imprese. Tredici mesi dopo la sua introduzione, il governo ha sostanzialmente certificato il fallimento di questa misura, spiegando che intende dirottare la stragrande maggioranza delle risorse stanziate in Transizione 5.0 su altri, non meglio chiariti, progetti di sostegno alle imprese, per aiutarle a fronteggiare gli effetti negativi dei dazi di Donald Trump.

Microcredito

per le aziende

 

– Leggi anche: Com’è che Trump ha ceduto sui dazi

Questo cortocircuito dimostra in maniera abbastanza lampante quanto poco siano consistenti gli annunci fatti da Meloni in questi giorni sugli aiuti per i dazi. In una riunione con le associazioni di categoria e i rappresentanti dei vari settori produttivi, convocati per discutere di come reagire alla politica protezionista degli Stati Uniti, la presidente del Consiglio ha quantificato in 25 miliardi di euro le risorse che il governo metterà a disposizione delle imprese. Non sono però finanziamenti nuovi, ma una riprogrammazione di altri già stanziati (quelli del PNRR e quelli dei Fondi di coesione), la cui riassegnazione andrà negoziata con la Commissione Europea: servirà quindi parecchio tempo.

Di questi 25 miliardi, circa 6 dovrebbero derivare dal fondo inizialmente destinato a Transizione 5.0. La storia di questo finanziamento è però emblematica di come sia complicato modificare in corsa misure già concordate con l’Unione Europea con la prospettiva di renderle subito sfruttabili. Transizione 5.0 era stata pensata dal governo come la più rilevante da inserire nella revisione del PNRR: su 22 miliardi di fondi riassegnati, la sola Transizione 5.0 ne valeva 6,3.

Meloni riteneva che molte delle misure per la transizione ecologica inserite nel PNRR dal suo predecessore, Mario Draghi, fossero troppo ideologiche e poco concrete. Inoltre, avendo dovuto approvare una legge di bilancio in cui i ridotti margini di spesa erano stati usati per le famiglie di reddito medio basso e i lavoratori dipendenti, aveva bisogno di un’iniziativa che almeno in parte soddisfacesse le richieste delle aziende.

Opportunità unica

partecipa alle aste immobiliari.

 

Giorgia Meloni incontra le rappresentanze imprenditoriali per discutere dei dazi a Palazzo Chigi, l’8 aprile 2025 (Filippo Attili/LaPresse)

E così, grazie al lavoro dell’allora ministro competente Raffaele Fitto, venne concordato con la Commissione Europea di promuovere una misura che riconoscesse importanti agevolazioni fiscali alle imprese che facessero investimenti orientati alla transizione digitale ed ecologica: se un’azienda voleva rinnovare dei macchinari, e lo faceva certificando che coi nuovi strumenti avrebbe ridotto i consumi energetici da fonti fossili o le emissioni dannose per l’ambiente, avrebbe ottenuto un credito d’imposta, cioè una sorta di sconto che lo Stato riconosce sul pagamento delle tasse.

Nell’ottica del governo era un escamotage molto furbo: si incentivavano gli investimenti che molte imprese avrebbero comunque voluto fare, ma facendoli rientrare nell’impegno per la transizione ecologica, talvolta in maniera un po’ strumentale.

La richiesta di revisione del PNRR venne inviata alla Commissione Europea a luglio del 2023. Al termine di un lungo e complesso negoziato, le riforme proposte dall’Italia furono accolte a novembre. Da quel momento, il governo si diede da fare per concretizzare sul piano normativo queste modifiche, e nel marzo del 2024 il Consiglio dei ministri approvò il decreto-legge “PNRR” che conteneva, tra l’altro, Transizione 5.0, una misura valida fino al 31 dicembre del 2025. Ci vollero però ancora cinque mesi affinché il ministero delle Imprese pubblicasse le linee guida: quindi uno strumento che doveva inizialmente valere per due anni (il 2024 e il 2025) veniva di fatto messo a disposizione delle imprese solo otto mesi dopo l’approvazione della Commissione Europea.

Si comprese subito, poi, che il meccanismo alla base della richiesta e della successiva erogazione delle agevolazioni era troppo complesso. Prevedeva fino a undici diversi passaggi. A dicembre allora il meccanismo venne modificato con l’obiettivo di rendere la misura utile per le imprese.

– Leggi anche: L’attuazione del PNRR procede bene ma non benissimo

Il grosso delle lamentele degli imprenditori riguardava infatti la complessità burocratica che sta alla base di Transizione 5.0: per ottenere i finanziamenti c’è bisogno di varie certificazioni che mostrino che genere di investimenti sono stati fatti e il loro impatto nel ridurre i consumi e le emissioni. Nella prima fase, per aggirare alcune di queste cervellotiche procedure, alcune imprese fornirono documentazioni poco accurate: l’Agenzia delle Entrate allora avviò indagini che accertarono degli illeciti, e questo contribuì a scoraggiare ulteriormente le aziende.

Aste immobiliari

 il tuo prossimo grande affare ti aspetta!

 

Il governo provò poi ad aggiustare di nuovo le storture della misura, ma nel farlo continuò a cambiare le norme e a generare così maggiore incertezza. L’ultima modifica, inserita nella legge di bilancio approvata nel dicembre scorso, deve essere ancora resa operativa dall’apposito decreto attuativo.

Si spiega così lo scarso utilizzo di Transizione 5.0: il Gestore dei servizi energetici (GSE), l’ente governativo che sovrintende all’erogazione dei fondi, ha ricevuto richieste per circa 1 miliardo di euro, ma finora solo 600 milioni sono stati effettivamente mobilitati. Ormai sono trascorsi due terzi della durata della misura, ed è stato insomma utilizzato meno del 10 per cento della portata finanziaria di Transizione 5.0.

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro per gli Affari europei Tommaso Foti al Senato durante le comunicazioni sul Consiglio europeo del 19 e 20 dicembre (Roberto Monaldo/LaPresse)

Nel frattempo il governo ha sempre difeso la bontà della misura. Meloni l’ha citata più volte, sottolineando enfaticamente l’attenzione del governo alle richieste degli industriali. Urso in varie occasioni è stato ancora più celebrativo: l’ha definita l’unica misura «che coniuga innovazione digitale e green e, nel contempo, la formazione dei lavoratori», e «la misura più importante e più innovativa che in questi mesi hanno messo in campo i Paesi europei».

Già dallo scorso febbraio, in realtà, il governo aveva inserito Transizione 5.0 tra le misure del PNRR da modificare, nell’ambito di una trattativa ancora riservata su una rimodulazione più generale di alcuni degli obiettivi del Piano. Tra le ipotesi di cui il ministro per gli Affari europei Tommaso Foti aveva parlato informalmente, già prima che le decisioni di Trump sui dazi venissero ufficialmente annunciate, c’era quella di estendere la durata di Transizione 5.0 fino alla scadenza generale del PNRR, e cioè giugno del 2026.

A questo punto, quindi, è stato inevitabile per Meloni pensare a Transizione 5.0 come a una delle misure da riprogrammare in un contesto di incertezza e di difficoltà delle imprese dovuto ai dazi. Il governo stava già studiando questa riprogrammazione, che modificherebbe una precedente modifica del PNRR. Non è possibile stabilire con certezza i tempi e gli esiti di questo negoziato: fonti della Commissione Europea, che confermano le trattative in corso ma le definiscono ancora «preliminari», spiegano che non c’è una contrarietà a priori all’ipotesi di rinegoziare misure già oggetto di precedenti negoziati, a patto che vengano rispettati alcuni principi.

Opportunità uniche acquisto in asta

 ribassi fino al 70%

 

Il governo deve dimostrare che la nuova misura è utile agli obiettivi già inseriti nel Piano, e che sia più efficace di quella di cui prende il posto. Il governo di Meloni deve però ancora presentare formalmente queste richieste di modifica, e solo a quel punto la Commissione potrà avviare le verifiche necessarie: potrebbe volerci qualche mese.





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati