Il settore sportivo presenta uno dei più alti moltiplicatori di impatto sociale, ma non sfrutta appieno le proprie potenzialità e può fare molto di più sul fronte della rendicontazione (soprattutto per quel che riguarda le grandi società calcistiche). È questo quanto emerge da un approfondimento realizzato dall’università Bocconi, la cui analisi è partita dal “Rapporto Sport 2023”, promosso dall’Istituto Credito Sportivo e Sport e Salute, secondo il quale nel 2022 (ultimi dati disponibili) il Pil dello sport è stato pari ai 22 miliardi di euro, un valore pari all’1,3% del Pil nazionale, e il numero degli addetti pari a circa 400.000.
Il segmento principale, che include gestione degli impianti, club sportivi e promozione di eventi, contribuisce per 3,4 miliardi di euro, principalmente grazie alle imprese private. In termini di impatto sociale degli investimenti nello sport, si stima che ogni 3 miliardi di euro investiti generino benefici netti pari a 10 miliardi di euro. Tuttavia, la pandemia e la crisi energetica hanno lasciato il segno, con un crollo degli investimenti e un aumento dei costi fissi per molte strutture. La necessità di ristrutturazione e rinnovamento è evidente, con un focus sull’efficienza e la sostenibilità delle infrastrutture, soprattutto nel Mezzogiorno, che attualmente ospita solo il 26% degli impianti nazionali. Questi investimenti risultano particolarmente urgenti alla luce del crescente numero di italiani “sedentari”. Ben uno su tre (33,7%) non pratica alcuna attività fisica, mentre solo il 23% lo fa in modo continuativo.
Il calcio, lo sport più praticato in Italia, ha un impatto socioeconomico di 4,53 miliardi di euro, secondo l’edizione 2023 del Report Calcio, il rapporto annuale sviluppato dal Centro Studi della Federazione italiana giuoco calcio (Figc) insieme ad Arel e PwC Italia. La ricerca, giunta alla tredicesima edizione, include uno studio sul ritorno sociale degli investimenti nel calcio, diviso in tre macroaree: economia, salute e socialità. Quest’ultima è la più significativa, contribuendo per 2,06 miliardi di euro all’impatto complessivo, e comprende benefici in termini di aumento del capitale sociale, formazione, occupazione, volontariato e riduzione dei crimini.
La macroarea economica conta 1,27 miliardi di euro, con investimenti strutturali e consumi dei calciatori che generano oltre 272.000 posti di lavoro. La macroarea salute, infine, contribuisce per 1,19 miliardi di euro, con un impatto su benessere percepito e risparmi sanitari. Il rapporto sottolinea l’importanza degli investimenti nelle infrastrutture calcistiche: l’Italia ha bisogno di un significativo rinnovamento, considerando che solo il 12% degli stadi di Serie A utilizza fonti rinnovabili di energia. Senza dimenticare il significativo impatto ambientale delle partite di calcio: consumo energetico elevato, produzione di rifiuti ed emissioni legate alla mobilità dei tifosi. La gestione sostenibile degli stadi e delle infrastrutture sportive diventa dunque un aspetto cruciale, che richiede l’adozione di pratiche di eco-design, efficienza energetica e integrazione nel contesto urbano. Anche la gestione degli eventi deve mirare alla riduzione degli sprechi, alla promozione di comportamenti rispettosi dell’ambiente e alla compensazione delle emissioni di gas serra.
Gli esperti della Bocconi hanno poi preso in esame le rendicontazioni di sostenibilità di Milan e Juventus e le hanno confrontate con quelle di alcuni dei più famosi team britannici (Manchester City, Manchester United e Celtic Glasgow). Il Milan redige il report di sostenibilità dal 2012-2013. L’ultima pubblicazione, quella relativa alla stagione 2021-2022, evidenzia in primis i risultati sportivi della prima squadra maschile e di quella femminile, tessendo anche le connessioni con le squadre del settore giovanile. Vengono poi presentati i dati finanziari e relativi alle risorse umane, con evidenza su inclusione di genere e formazione giovanile. Il Milan presenta anche una mappa degli stakeholder e le strategie di engagement con gli stessi. Nel report viene dato ampio spazio allo sport come strumento di formazione e educazione per i giovani, al branding e alla comunicazione digitale come strumento di rinforzamento del brand, nonché alla qualità delle strutture sportive di cui dispone la società. Il report non viene però redatto seguendo alcuno standard di reportistica internazionale, né fa riferimento a framework di sostenibilità o agli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. E nessun audit è stato compiuto per la certificazione del report.
Anche la Juventus ha una storia decennale di redazione del report di sostenibilità, con il primo risalente alla stagione 2013-2014. L’ultimo report disponibile, chiamato “Dichiarazione non finanziaria”, è relativo alla stagione 2022-2023, ed è redatto su base volontaria da un team ad hoc che si occupa di sostenibilità, in conformità agli standard Gri per la rendicontazione sostenibile, secondo l’opzione in accordance. In maniera simile al Milan, ampio spazio è dedicato allo storytelling e alle immagini delle iniziative del club per favorire l’inclusione, l’educazione e la formazione. Nel report è presente anche un’ampia tabella dei rischi non finanziari e delle azioni intraprese per prevenirli e mitigarli. Per quanto concerne l’impatto ambientale, la Juventus riporta i dettagli dei consumi energetici e idrici, proponendo anche un confronto con la stagione precedente e le emissioni Scope 1 e Scope 2. Pur essendo un report molto più strutturato e dettagliato di quello del Milan, la qualità del reporting è sufficiente, senza costituire un esempio virtuoso al pari, per esempio, del Manchester City.
“L’analisi ha evidenziato quanto possa essere differente l’approccio al reporting di sostenibilità delle diverse imprese e quanto sia indipendente da fattori come la quotazione in Borsa, il fatturato e l’area geografica di appartenenza – si legge nel report della Bocconi – Nei report analizzati non si configurano significative similitudini. Il modo di rappresentare le attività volte a riportare con trasparenza l’approccio alla sostenibilità differisce sensibilmente da società a società. Se il risultato di una prima analisi ha evidenziato come le società sportive italiane soffrano di minor maturità dal punto di vista aziendale e manageriale, si rinviene altresì che, se confrontate con le società sportive all’estero, l’analisi di aziende storiche nel Regno Unito dimostra che l’attitudine a presentarsi al pubblico con un report esaustivo non dipende dalla strutturazione delle aziende stesse”. Per la Bocconi, in ultima analisi, il settore del calcio non è stato ancora permeato dalla necessità di rendicontare la sostenibilità in modo strutturato e sistematico, a prescindere dalla collocazione geografica e dalla presenza delle aziende sportive nei mercati di capitale.
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