Pronti 25 miliardi per le imprese italiane contro i dazi Usa


A palazzo Chigi fervono i preparativi per il prossimo importantissimo viaggio di Giorgia Meloni a Washington, per incontrare Donald Trump, per trattare ( anche a nome della commissione europea, questo sembra ormai assodato secondo anche fonti qualificate interne della commissione) sui dazi e cercare di far ragionare l’inquilino della Casa Bianca, Ma al di là di questo il governo sta ovviamente muovendosi su piu fronti ( altro che immobilismo o improvvisazione come vorrebbero far credere strumentalmente  le opposizioni) per cercare di attutire gli effetti dei dazi sul made in Italy e sull’economia del paese.

Negli incontri tenuti con le associazioni di categorie interessate, Giorgia Meloni ha fatto intendere che il governo è pronto ad intervenire in tutti i modi anche con sforzi straordinari per aiutarle a superare il momento di difficoltà. Ed ha indicato in 25 miliardi da recuperare dai progetti inseriti nel Pnrr e nella coesione, come le risorse che potrebbero essere messe sul tavolo.

Tra le pieghe del Pnrr 14 miliardi “possono essere rimodulati per sostenere l’occupazione e aumentare l’efficienza della produttività”, spiega la presidente del Consiglio, aggiungendo che nell’ambito dei fondi per la coesione e dal Piano Energia e Clima “circa 11 miliardi di euro possono essere riprogrammati a favore delle imprese, dei lavoratori e dei settori che dovessero essere più colpiti”.

“Alle categorie produttive, al mondo del Made in Italy e a tutte le organizzazioni datoriali e sindacali”, Meloni lancia l’invito ad “un nuovo patto per fare fronte comune rispetto alla nuova delicata congiuntura economica che stiamo affrontando”. La crisi innescata dai dazi, dice, può essere “un’occasione per rendere il nostro sistema economico più produttivo e competitivo”.

La strada passa per l’Europa, per “un forte negoziato con la Commissione Ue per un regime transitorio sugli aiuti di Stato e una maggiore flessibilità” nella revisione dei fondi. Con un impegno “a individuare tutte le risorse, partendo da quelle disponibili che non hanno un impatto sulla finanza pubblica”.

La rimodulazione del Pnrr su cui il governo è al lavoro da settimane, insomma, entra in pieno nella partita delle potenziali contromisure ai dazi americani. Lo fa per inevitabili ragioni di calendario e per il fatto che dai fondi europei di Next Generation Eu e dalla Coesione passano le uniche leve azionabili dal governo per costruire un’impalcatura di sostegno ai settori più colpiti.

È chiaro da settimane, dunque, che queste risorse rimarranno alle imprese e il reindirizzamento verso il mondo produttivo «per sostenere l’occupazione e aumentare l’efficienza della produttività», per usare le parole della premier, potrebbe coinvolgere anche altri filoni in affanno, all’interno di una trattativa che deve entrare nel vivo prima di tutto in Italia, con gli altri soggetti attuatori. Quella con la Commissione, ha confermato ieri il ministro per il Pnrr Tommaso Foti, «era già in corso e andrà avanti».

A questi tavoli, per strappare flessibilità, l’esecutivo conta di presentarsi forte della «rinnovata credibilità italiana» riflessa nella conferma arrivata da Fitch del rating BBB con outlook positivo, rivendicata dalla premier insieme al primato in Europa nel numero di milestone e target Pnrr raggiunti e nel debito riavvicinatosi ai livelli pre-pandemici in tempi molto più rapidi rispetto alle previsioni di pochi anni fa.

Insomma con i fatti la premier risponde a chi invitava il governo a guardare alla Spagna, dove Sanchez aveva promesso nei giorni scorsi di destinare 14 miliardi di euro alle imprese spagnole piu colpite dai dazi.


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