La supremazia americana nel biotech a rischio, possibile il sorpas


Negli Stati Uniti cresce la preoccupazione per una possibile perdita del primato nel settore biotecnologico, a favore della Cina. Un recente rapporto pubblicato dalla National Security Commission on Emerging Biotechnology, istituita dal Congresso nel 2022, lancia un forte allarme: senza un intervento strategico e immediato, Washington potrebbe non essere più in grado di recuperare il vantaggio perso in una delle aree considerate più sensibili per la sicurezza nazionale.

Secondo la Commissione, la Cina ha posto le biotecnologie al centro delle sue priorità politiche e industriali da almeno due decenni, avviando un programma coordinato di investimenti pubblici e privati volto a ottenere la leadership globale in questo campo. L’uso sempre più avanzato dell’intelligenza artificiale e il sostegno governativo a imprese strategiche come WuXi AppTec – gigante cinese della produzione biofarmaceutica conto terzi – hanno reso Pechino un concorrente sempre più difficile da contrastare.

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In questo contesto, gli Stati Uniti rischiano di essere superati, non solo sul piano scientifico, ma anche su quello industriale e geopolitico. Come affermato dal presidente della Commissione, il senatore repubblicano Todd Young, la competizione con la Cina “definirà il prossimo secolo” e la biotecnologia rappresenta una fase decisiva di questa sfida.

Strategie per un rilancio: investimenti, coordinamento e regole
Il documento stilato dalla Commissione propone una serie articolata di interventi per rafforzare la posizione degli Stati Uniti nel panorama biotecnologico globale. Tra le raccomandazioni principali, emerge l’istituzione di un nuovo Ufficio nazionale per il coordinamento delle biotecnologie direttamente all’interno della Casa Bianca, segno dell’importanza attribuita al settore a livello strategico.

A livello economico, si suggerisce un investimento pubblico minimo di 15 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni. Parte di questi fondi dovrebbe confluire in un “Fondo per l’Indipendenza degli Investimenti” da destinare al supporto di startup biotech emergenti e alla creazione di una rete nazionale di impianti precommerciali per la manifattura bioindustriale, in grado di rendere il Paese meno dipendente dalle capacità produttive straniere.

Sul fronte normativo, la Commissione propone l’introduzione di regole per controllare gli investimenti statunitensi all’estero, in particolare per evitare che capitali americani contribuiscano allo sviluppo di tecnologie potenzialmente sensibili in Paesi avversari. Sebbene non venga suggerito esplicitamente un divieto di accordi con aziende cinesi, viene raccomandata una maggiore prudenza nei processi di licenza di farmaci sperimentali provenienti da quelle realtà.

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Il contesto politico: un momento critico per la scienza americana
Il momento in cui viene diffuso questo appello alla mobilitazione è particolarmente delicato. L’amministrazione Trump, da un lato, ha annunciato tagli significativi ai finanziamenti per la ricerca, coinvolgendo anche le agenzie di regolamentazione come la Food and Drug Administration (Fda), con conseguenti licenziamenti. Dall’altro, ha adottato misure che rischiano di compromettere il sistema accademico statunitense, come la revoca dei visti per studenti stranieri e restrizioni alle collaborazioni universitarie.

In questo clima, il settore privato osserva con attenzione l’evolversi delle politiche governative. In particolare, vi è apprensione per l’eventualità di dazi doganali specifici per il comparto farmaceutico. Finora il settore è stato esentato dalle nuove tariffe introdotte il 2 aprile, ma resta il sospetto che queste possano essere estese per incentivare la produzione nazionale. Durante un discorso alla Casa Bianca, lo stesso Donald Trump ha citato come esempi virtuosi gli investimenti di colossi come Eli Lilly e Johnson & Johnson in nuovi stabilimenti produttivi sul suolo americano.

Le prospettive future: talento, innovazione e autonomia strategica
Oltre agli aspetti economici e normativi, il rapporto sottolinea un ulteriore punto di forza da valorizzare: la capacità degli Stati Uniti di attrarre i migliori talenti scientifici da tutto il mondo. L’“ecosistema aperto dell’innovazione” statunitense viene considerato un vantaggio competitivo che non va disperso, anzi deve essere protetto e potenziato. La contraddizione tra questa esigenza e le recenti politiche restrittive in ambito accademico è evidente e potrebbe compromettere la leadership americana nel lungo periodo.

La Commissione invita quindi a una presa di coscienza urgente e trasversale, sia a livello politico che industriale. L’esperienza del CHIPS Act – che nel 2022 ha sostenuto la produzione nazionale di semiconduttori – viene proposta come modello per una legislazione analoga nel campo delle biotecnologie. L’obiettivo è duplice: garantire l’autonomia produttiva in settori critici e rilanciare l’innovazione come strumento di sicurezza nazionale.

In sintesi, il rapporto non si limita a segnalare i rischi ma indica un percorso concreto per evitarli. Tuttavia, senza un impegno chiaro e duraturo da parte del governo federale, l’industria biotech americana potrebbe perdere la capacità di guidare il progresso scientifico e industriale globale, con ripercussioni profonde sull’economia, sulla salute pubblica e sugli equilibri geopolitici mondiali.

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