In una giornata difficile per le Borse europee all’indomani di un rimbalzo, mentre entrano in vigore nuovi “dazi reciproci personalizzati” fino al 50% nei confronti di circa 60 Paesi e del 20% per i prodotti Ue – in sostituzione di quelli già entrati in vigore, secondo la “road map” indicata dal Presidente Usa Donald Trump, che alla Cina ha imposto la tariffa straordinaria del 104% – e la Commissione Ue vara i primi contro dazi compresi tra il 10% e il 25% su una serie di merci, come le motociclette, le imbarcazioni, la soia e le mandorle – che entreranno in vigore a scaglioni, un primo gruppo il 15 aprile, un altro il 16 maggio e un terzo il primo dicembre, secondo la “road map” europea, burocraticamente ben più complessa – come prima risposta fattiva alle misure americane sulle importazioni di alcuni prodotti in acciaio e alluminio negli Usa, a rassicurare le imprese, è stata la Premier Giorgia Meloni che, dall’incontro, ieri a Palazzo Chigi, a Roma, con le associazioni di categoria, dall’industria alla moda, dall’artigianato all’agricoltura (con WineNews che ha raccolto il sentiment delle aziende del vino italiano a Vinitaly 2025 a Verona, sentendo, in particolare, anche gli imprenditori che importano direttamente negli States), ha annunciato che il 17 aprile sarà a Washington per un colloquio con Trump, e il suo piano per recuperare 25 miliardi di euro dalla revisione di risorse europee per far fronte all’emergenza dazi con misure di sostegno all’economia. Ma anche che la crisi innescata dai dazi può essere “un’occasione per rendere il nostro sistema economico più produttivo e competitivo”. Tutti, in sintonia con il Governo, chiedono di “evitare una guerra commerciale, e che serve una negoziazione europea con una sola voce”, come invocano, tra le altre, Confagricoltura, Coldiretti, Cia Agricoltori-Italiani e Federvini, in difesa dell’export dell’agroalimentare e del vino italiano.
Tra le pieghe del Pnrr 14 miliardi di euro, ha spiegato la Premier, “possono essere rimodulati per sostenere l’occupazione e aumentare l’efficienza della produttività”, aggiungendo che nei fondi per la coesione e dal Piano Energia e Clima “circa 11 miliardi di euro possono essere riprogrammati a favore delle imprese, dei lavoratori e dei settori che dovessero essere più colpiti”. La strada passa per l’Europa, per “un forte negoziato con la Commissione Ue per un regime transitorio sugli aiuti di Stato e una maggiore flessibilità” nella revisione dei fondi. Con un impegno “a individuare tutte le risorse, partendo da quelle disponibili che non hanno un impatto sulla finanza pubblica”. Alle categorie produttive, al mondo del made in Italy e a tutte le organizzazioni datoriali e sindacali, Meloni ha lancia l’invito ad “un nuovo patto per fare fronte comune rispetto alla nuova delicata congiuntura economica che stiamo affrontando”.
L’allarme delle imprese convocate a Palazzo Chigi dal Governo sull’emergenza dazi, alla presenza, oltre alla Premier, dei vice Antonio Tajani e Matteo Salvini (in videocollegamento), dei Ministri dell’Economia Giancarlo Giorgetti, delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso (che, sui dazi, abbiamo intervistato sempre a Vinitaly 2025), per gli Affari Europei Tommaso Foti e dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida (con il quale abbiamo fatto il punto sulla questione in ultima battuta a Verona), i sottosegretari Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari, e in tre tornate di confronto, con Confindustria e Agenzia Ice (guidata da Matteo Zoppas), e la Camera della Moda, poi con le associazioni di pmi e artigiani, e, infine, con quelle dell’agricoltura, è a 360 gradi, come sintetizzal’Ansa. Da “rischio di una pandemia economica” come sottolineato da Confartigianato. L’impatto che si teme, pesante, non è solo quello diretto sull’export verso gli Stati Uniti, ma quello di un effetto domino, fino ai consumi delle famiglie che potrebbero vedere una minore crescita per 11,9 miliardi di euro in due anni, come ha calcolato Confesercenti. Motivo per cui ci vogliono “misure straordinarie, “misure di crisi”, come ha detto Confcooperative. L’impatto dei dazi Usa su export e Pil “è presto per quantificarlo” ha rimarcato Meloni. Le richieste delle imprese fanno leva sul pressing per un allentamento del Patto di stabilità. Chiedono una revisione che consenta margini di spesa più ampi, ma anche una proroga delle scadenze del Pnrr e un allentamento del Green Deal, misure di sostegno agli investimenti, a partire da una riconversione di Transizione 5.0, considerato un fallimento per la difficoltà ad accedere alle risorse, indicando problematiche come costo dell’energia, difficoltà di accesso al credito e rischio crisi di liquidità per le pmi, ma anche di rafforzare la diplomazia economica per aprire nuovi mercati.
“L’agroalimentare italiano ha raggiunto nel 2024 un valore record di quasi 70 miliardi di euro di export, di cui circa 8 miliardi di euro (oltre l’11%) destinati al mercato statunitense. Non parliamo solo di quantità, ma soprattutto di qualità e marginalità: gli Usa rappresentano per molti prodotti agricoli italiani un mercato maturo, che valorizza al massimo il made in Italy autentico: vini, formaggi, olii, sughi, pasta, salumi – ha ribadito il vicepresidente Confagricoltura, Sandro Gambuzza, al tavolo con la Premier – il nostro export agroalimentare è uno dei capisaldi dell’economia italiana. È essenziale evitare che decisioni unilaterali mettano a rischio la competitività delle imprese e il lavoro di intere filiere. Chiediamo che l’Italia, in sede europea, si faccia promotrice di un’azione forte e coesa, nell’interesse del nostro sistema produttivo e della sua proiezione internazionale. L’impatto complessivo è difficilmente quantificabile per il settore agroalimentare, ma, tra i dazi e la verosimile riduzione dell’export italiano verso gli Usa, si può stimare un danno intorno ai 3 miliardi di euro”. Alla luce del nuovo scenario commerciale, Gambuzza ha invitato, inoltre, a una riflessione sulla riduzione del potere d’acquisto dei consumatori statunitensi. E, nelle trattative con Washington, per Confagricoltura è importante valutare anche la mitigazione delle barriere non tariffarie e l’inasprimento delle condizioni sui servizi digitali. A peggiorare il quadro, ha ricordato Gambuzza, si aggiungono tre fattori: l’applicazione differenziata delle aliquote daziarie tra i Paesi, ad esempio il 10% per i vini australiani rispetto al 20% applicato ai vini italiani, l’aumento dell’Italian Sounding, che colpisce direttamente l’identità delle nostre produzioni, e il possibile effetto boomerang sul mercato interno con l’ingresso di prodotti extra-Ue a dazi ridotti o nulli. Confagricoltura ha evidenziato al Governo, infine, la necessità di un nuovo piano europeo con le risorse non utilizzate del Pnrr e altri fondi Ue per sostenere la competitività delle imprese sul mercato Usa ed evitare fughe in avanti dei singoli Paesi nelle trattative con gli Stati Uniti.
Il presidente Coldiretti Ettore Prandini, che ha partecipato al confronto a Palazzo Chigi, ha illustranto, a sua volta, i dati che preoccupano e confermano come il rincaro del 20% deciso dal Presidente Trump colpisca duramente l’export made in Italy, minacciando un comparto strategico per l’economia nazionale. “Stiamo affrontando un problema che è europeo e servono diplomazia e risorse europee. Qualsiasi risorsa sarà messa a disposizione a livello nazionale per contrastare questo delicato momento – ha spiegato Prandini – dovrà essere distribuita in base alla percentuale di export per settore e quindi all’agroalimentare chiediamo venga destinato almeno il 13% circa”. Anche Prandini ha voluto sottolineare che i dazi avranno un “impatto che potrebbe superare i 3 miliardi di euro tra mancate vendite, stoccaggi, deprezzamenti e perdita di quote di mercato”, e ha voluto poi ricordare che nel solo 2024, “l’agroalimentare italiano ha registrato un valore record di esportazioni verso gli Stati Uniti pari a 7,8 miliardi di euro. Il dazio se applicato su questi livelli, rischia di tradursi in una perdita diretta di oltre 1,6 miliardi per gli importatori americani, che inevitabilmente scaricheranno i costi su produttori italiani e consumatori americani”. Ecco che allora è la diplomazia che deve giocare un ruolo determinate con l’Europa che deve parlare “con un’unica voce – ha spiegato Prandini – senza seguire la logica del contro dazio che non porterebbe da nessuna parte ma rischierebbe di peggiorare una situazione già delicata”. Al termine dell’incontro, Prandini ha consegnato alla Premier un documento contenete una serie di proposte per mitigare gli effetti delle tariffe finalizzate a sostenere le aziende tra cui quella di potenziare i fondi per l’internazionalizzazione e la valorizzazione dei prodotti autentici contro l’Italian Sounding e quella di sostenere accordi commerciali internazionali con reciprocità, per contrastare la concorrenza sleale e altre possibili soluzioni concrete. “È il momento dell’unità – ha aggiunto il segretario generale Coldiretti Vincenzo Gesmundo – del coraggio e della visione. Non possiamo permettere che anni di lavoro sui mercati internazionali vadano perduti per una guerra commerciale che penalizza tutti”.
“Il mercato statunitense è insostituibile per il nostro export e l’introduzione dei dazi del 20% rischia di compromettere seriamente la competitività delle nostre imprese e l’intera filiera del made in Italy agroalimentare”, è il messaggio portato da Federvini all’incontro con la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. La Federazione ha espresso apprezzamento per la tempestività e l’attenzione con cui la Presidente Meloni ha convocato il tavolo e per l’annuncio di un imminente incontro con l’amministrazione Usa, volto a promuovere l’azzeramento reciproco dei dazi. “Un segnale importante di attenzione al mondo produttivo – sottolinea la presidente Federvini Micaela Pallini – ma che va accompagnato da misure concrete a tutela delle imprese italiane”. L’effetto moltiplicatore del sistema distributivo americano, l’incertezza che l’annuncio dei dazi sta generando e i potenziali effetti sul potere di acquisto del consumatore statunitense rappresentano ombre con cui le nostre imprese hanno iniziato a confrontarsi, sin dalle prime avvisaglie dei giorni scorsi. Federvini ha quindi chiesto al Governo un piano articolato, tempestivo e strutturale che si focalizzi su una risposta unitaria della diplomazia europea, su un piano di semplificazioni per ridurre quei colli di bottiglia che tanto pesano ancora sulla competitività delle aziende, accompagnato da una campagna di promozione che esalti l’unicità e la distintività dei prodotti italiani sul mercato Usa. “Diplomazia, sostegno all’export, credito. Il mondo delle istituzioni e delle imprese uniti nell’evitare inasprimenti e a favore di una nuova politica “zero to zero” – conclude la presidente Pallini – questa è la strategia di sistema di cui abbiamo bisogno”.
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall’archivio di WineNews – Tutti i diritti riservati – Copyright © 2000/2025
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link