L’emergenza che stiamo vivendo, che oscilla tra il dramma e la farsa, non trasforma improvvisamente le cattive idee in buone idee. Le aziende più esposte sul mercato americano temono di pagare un prezzo insostenibile. Sono giustamente preoccupate. Si rivolgono al governo per chiedere una sorta di rete di protezione.
La Spagna ha fatto qualcosa di analogo mobilitando 14 miliardi di euro a favore dell’apparato produttivo nazionale che ne soffrirà di più. Si discute se non sia il caso di attingere ai fondi del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Sono risorse che, peraltro, facciamo una certa fatica a spendere (e se guardiamo ai residui passivi del bilancio statale degli ultimi anni un po’ dovremmo vergognarci).
Sul Foglio di oggi compare un commento anonimo che condividiamo. Sussidiare le imprese, anche con crediti d’imposta, per far fronte ai dazi di Trump può anche voler dire accollare l’onere finale dell’esborso per i dazi all’ignaro contribuente italiano ed europeo. Con il beffardo risultato di dare dei soldi a Trump che li userà per ridurre le imposte sui propri contribuenti.
Alla fine siamo noi che finanziamo la politica protezionista dell’amministrazione americana. Con soldi pubblici. Un paradosso che vorremmo sinceramente evitare.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link