L’assessore regionale al Bilancio: «L’export resta il traino del Piemonte. Intensificheremo le missioni commerciali: negli Usa in Michigan, con le imprese della Vehicle Valley, poi a Singapore e in Giappone»
«È il momento di opporre al panico diffuso calma e saggezza, e di dare risposte certe alla stagione dell’incertezza. Per questo come Regione Piemonte stiamo lavorando a un pacchetto di misure che possano rilanciare l’export e mettere in sicurezza le finanze delle imprese». Andrea Tronzano, assessore al Bilancio e alle Attività produttive del Piemonte, ostenta fiducia nella forza del territorio, «la qualità dei nostri prodotti batte i dazi, e nelle prossime settimane saremo in Michigan con le nostre imprese per continuare a fare business», come nelle capacità diplomatiche di Giorgia Meloni in visita il 17 aprile a Washington, «la premier è il migliore pontiere possibile con il governo Usa».
E qualora la guerra dei dazi dovesse inasprirsi in un conflitto a tutto campo, la Regione ha un piano in discussione con l’Abi per una «moratoria su mutui e finanziamenti, su circolante e liquidità e fondi per la transizione. Non lasceremo sole le nostre aziende», assicura il politico di Forza Italia al secondo mandato in Regione.
Assessore Tronzano, sui mercati più dei dazi di Trump pesa l’incertezza sul futuro. Nel riassetto degli investimenti globali che posto avrà il Piemonte?
«Ovviamente c’è preoccupazione, ma siamo convinti di avere due assi nella manica. Primo: c’è spazio per trattare. E secondo: dalle crisi possono nascere opportunità. Il nostro compito è quello di affiancare le imprese in questi giorni complicati. Intanto intensificheremo le missioni commerciali: negli Usa in Michigan, con le imprese della Vehicle Valley, poi a Singapore e a in Giappone, a Nagoya. Il Piemonte deve essere sempre più internazionale».
Possiamo sostituire gli Usa con altri mercati?
«No. Anzi, dico di più: non c’è Europa senza Stati Uniti e non ci sono Usa senza Europa, perché siamo due continenti estremamente legati. Sono convinto, per quanto Trump sia un politico imprevedibile, che si arriverà a un accordo».
Se l’accordo non ci sarà?
«Stiamo lavorando a un patto con le banche per una moratoria su mutui e finanziamenti. E poi intendiamo dare sostegno al credito con i fondi europei per gli investimenti su innovazione e digitalizzazione. Perché il vero tema è un altro».
E quale sarebbe?
«Noi dobbiamo mantenere la competitività delle nostre imprese. A prescindere dal terremoto finanziario o da scossoni economici e industriali. Faccio un esempio: l’associazione Vehicle Valley nasce nei giorni in cui Stellantis, pur restando fondamentale per il territorio, riduce il suo peso in Piemonte. Ecco, non possiamo permetterci il lusso di perdere il know how dell’ingegneria e del design, ma dobbiamo fare massa critica e crescere su tutti i mercati, anche attirando nuove imprese».
Venerdì la Regione promuove un incontro all’Ilo sul nuovo distretto dei chip. Questo è il futuro della manifattura?
«Il Piemonte è diventato in pochi anni un distretto manifatturiero dei microchip, il petrolio del futuro. L’anno scorso i tedeschi di Aixtrom hanno aperto a Torino un impianto di macchinari; a Novara Memca ha investito 300 milioni nella produzione di wafer; a Volpiano c’è Spe a che fa test su questi prodotti; e poi da Singapore è arrivata Silicon Box con impianto da tre miliardi. Se tutte queste imprese sono qui significa che siamo competitivi».
Un comparto a prova di dazi è l’aerospazio. Tre anni fa la Regione ha annunciato la nascita della Città dell’aerospazio, a che punto siete?
«Nei prossimi giorni il nostro partner Arexpo incontrerà Cdp per stabilire una roadmap di investimenti nella “Casa delle piccole imprese”, infrastruttura che andrà ad affiancarsi ai laboratori del Politecnico e di Leonardo, che sarà finanziata anche da Regione e industriali. Siamo in marcia. L’aerospazio è l’industria che più sta crescendo sul territorio».
Gli industriali vorrebbero più peso nelle associazioni di filiera. Come al vertice del distretto aerospace oggi guidato da Fulvia Quagliotti e anche al Ceip, presieduto da Dario Peirone. Che ne pensa?
«La presidenza va affidata a persone slegate da ogni tipo di conflitto di interessi. Mettere un industriale al vertice, per quanto bravo, non mi pare la giusta soluzione: meglio un soggetto terzo».
In tema di nomine. Michele Vietti sarà confermato alla guida di Finpiemonte, il braccio finanziario della Regione?
«Vietti ha svolto un eccellente lavoro sottolineato dal presidente Cirio in più occasioni. Mi auguro che verrà confermato».
È vero che il presidente Cirio potrebbe lasciare prima della fine del mandato?
«Non credo. Stiamo lavorando tutti pancia a terra per il territorio, non pensiamo ad altro. Anche perché lasciare a metà mandato rischia di far perdere le elezioni successive».
A metà del guado ci saranno le elezioni per il Comune di Torino. Secondo lei la città è scalabile dal centrodestra?
«La sensazione è positiva. Credo che il centrodestra possa dire la sua soprattutto su sicurezza, trasporti e periferie».
Le piacerebbe candidarsi a sindaco di Torino?
«A chi non piacerebbe. Ma una mia candidatura è fuori dalle agende. Magari poi si punterà su una donna, comunque è presto per dirlo».
Un sogno per il Piemonte. Quale azienda vorrebbe portare?
«Toyota. Credo che il nostro territorio abbia bisogno di un secondo produttore di auto, oltre a Stellantis. Mi piacerebbe avere un’azienda del calibro di Toyota che vogliamo incontrare in Michigan ad Aprile e poi a Nagoya a settembre. In ogni caso sarei felicissimo di ospitare Byd a Torino e chiunque altro voglia costruire automobili in città».
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