Keystone-SDA
UBS ammette ora nei suoi fondi di sostenibilità anche investimenti in aziende del settore degli armamenti.
(Keystone-ATS) Una decisione che viene aspramente criticata dalla Fondazione Ethos, mentre è accolta con favore da Swissmem, l’associazione dell’industria metalmeccanica ed elettrotecnica.
Concretamente la banca guidata da Sergio Ermotti allenta i suoi criteri di esclusione. Finora le imprese che generano più del 10% del loro fatturato con il materiale bellico erano tabù nei prodotti che integrano criteri finanziari con aspetti etici, sociali e ambientali, noti come criteri ESG. La regola è stata ora eliminata: si continua però a rinunciare agli investimenti in armi controverse come bombe nucleari, mine antiuomo e munizioni a grappolo.
Non è chiaro perché UBS abbia cambiato rotta: l’istituto non ha voluto rilasciare dichiarazioni sul tema. L’orientamento della società ha comunque un peso non indifferente, considerando che gestisce attivi per oltre 6000 miliardi di dollari, cosa che rende l’impresa uno dei maggiori gestori patrimoniali al mondo e di gran lunga il più grande in Svizzera.
La mossa non è piaciuta a Ethos, fondazione che consiglia gli azionisti promuovendo il buon governo d’impresa. L’allentamento dei criteri di esclusione è preoccupante nell’attuale contesto geopolitico, ha indicato il portavoce Vinzenz Mathys all’agenzia Awp. A suo avviso la banca sta inviando un segnale sbagliato. “La produzione di armi su larga scala è generalmente in contrasto con il rispetto degli esseri umani e comporta il rischio di una massiccia distruzione dell’ambiente”, argomenta l’addetto stampa. Sebbene le armi possano essere utilizzate anche per legittima difesa e il mantenimento della pace, l’uso e gli utenti finali degli armamenti sono spesso difficili da determinare.
Altri gestori patrimoniali elvetici sono riluttanti a investire nella cosiddetta industria della difesa. Swisscanto, filiale della ZKB, la banca cantonale di Zurigo, esclude generalmente i produttori di armi dai suo fondo “sostenibili”, mentre i criteri sono meno rigidi per i prodotti etichettati come “responsabili”: in questo caso, sono possibili investimenti in aziende industriali che generano meno del 5% del loro fatturato dalla produzione di tecnologia bellica. Le armi controverse sono bandite da tutti i prodotti d’investimento di Swisscanto, spiega un portavoce della società. “Al momento non è previsto un adeguamento dei nostri criteri di esclusione”, aggiunge. Altri operatori del ramo, come Vontobel, Lombard Odier e LGT, seguono un approccio simile.
Non tutti però sono critici nei confronti del ripensamento di UBS: Stefan Brupbacher, direttore di Swissmem, si dice soddisfatto. “Per anni Swissmem ha lottato contro la discriminazione dell’industria della difesa quando si tratta di servizi bancari e fondi”, afferma il manager sulla piattaforma Linkedin. “Anche se di solito abbiamo incontrato comprensione, non è stato fatto quasi nulla”. A suo avviso adesso UBS, con la sua decisione, si assume la sua responsabilità.
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