Gigafactory di Teverola: 150 milioni dalle banche


Le auto non c’entrano, e visti i tempi è stata all’epoca un’intuizione felice. Sono destinate ai mezzi navali, come i sommergibili targati Fincantieri, ai carrelli elevatori, agli impianti eolici e a tanto altro le celle e batterie al litio del Gruppo Seri, origini e quartier generale nel Casertano, quotazione alla Borsa di Milano, 8 stabilimenti in Italia (compreso quello dell’attuale Menarini Bus, appena acquisito a Flumeri, in Irpinia), 2 in Francia, uno in Polonia e un altro in Cina, 1900 addetti, circa 300 milioni di fatturato 2024. Gli accumulatori made in Sud della società campana li conosce benissimo anche l‘Europa che ha considerato «progetto di interesse comunitario» il raddoppio dell’attuale stabilimento di Teverola, assegnando al gruppo un finanziamento di 505 milioni, già stanziato per intero dal ministero delle Imprese e del Made in Italy. Ieri è stata resa nota l’apertura di una linea finanziaria a supporto, pari a 150 milioni, che servirà a realizzare Teverola 2 e a garantire altri 750 posti di lavoro. Per la prima Giga factory italiana e la più importante in Europa, si tratta di un’operazione di grande impatto, alla quale ha dato vita un pool di banche coordinato da UniCredit (che per prima si era occupata del progetto), con Intesa San Paolo, BNL BNP Paribas e Cassa Depositi e Prestiti, assistite dalla garanzia Archimede di SACE.

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Integrazione

Il nuovo sto, che si integrerà con quello già esistente, a suo tempo rilevato dalla multinazionale degli elettrodomestici Whirlpool sarà ancor più a dimensione europea: infatti, come spiega una nota, «il progetto Teverola 2 si inserisce nell’ambito del Progetto europeo IPCEI Batterie 1 che ha come obiettivo quello di sostenere la creazione di una filiera di batterie litio-ione europea per un’economia decarbonizzata che favorisca la transizione energetica, incentivando la mobilità elettrica, lo sviluppo delle energie rinnovabili e la riduzione delle emissioni. Le batterie sono state identificate come tecnologia abilitante necessaria», ma soprattutto come risposta necessaria al rischio di vedere l‘Ue ancora dipendente da forniture di Paesi terzi, Cina, Taiwan e Vietnam in prima fila. Insomma, attraverso il made in Sud Italia si punta a dotare l’Europa di una propria industria. E non è trascurabile il dettaglio, racconta Vittorio Civitillo, Ceo di Seri Industrial, che «il nostro progetto sia stato scelto dalla Commissione tra centinaia di concorrenti e approvato insieme ad altre due Giga Factory, una in Germania (ma là non è partito), l‘altra in Francia (in corso di realizzazione)».

A Teverola si è fatto prima. La Gigafactory italiana si sta costruendo presso la stessa area industriale dell’impianto Teverola 1, di complessivi 265 mila mq, dove il Gruppo ha già avviato una linea altamente innovativa per lo sviluppo e la produzione di celle LFP e moduli per batterie al litio, con una capacità installata iniziale di circa 300 MWh/annui per applicazioni ESS, Motive Power, Navale e mobilità elettrica. «La Giga Factory avrà una capacità produttiva annua stimata in circa 8 GWh, in grado di soddisfare la crescente domanda del mercato. Al fine di promuovere la gestione efficiente delle risorse naturali e lo sviluppo di processi di economia circolare, il progetto Teverola 2 – viene spiegato – prevede, inoltre, lo sviluppo di una linea pilota per il riciclo delle batterie esauste al litio e il recupero della materia attiva. In particolare, si prevede il trattamento di 50 t/al giorno di batterie a fine vita. L’obiettivo è replicare il modello di business del segmento delle batterie al piombo, basato sulla circolarità, anche per quello delle batterie al litio, grazie alla lunga esperienza del Gruppo Seri nel settore».

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«Siamo grati in particolare al Direttore regionale Sud di UniCredit, Ferdinando Natali, che ci ha seguiti sin dall’inizio, e a tutte le altre banche e società che ci stanno supportando – dice Civitillo -. Il sostegno ricevuto dalle principali banche italiane e europee e da CDP e SACE rafforza la nostra convinzione che il sistema bancario e le istituzioni devono sostenere le imprese italiane ed europee per favorire la loro competitività e ridurre un evidente gap tecnologico, figlio di politiche industriali troppo attendiste; stiamo assistendo ad una epocale fase di transizione energetica e industriale, che rischia di travolgere un sistema produttivo che non è stato finora capace di adattarsi, in tempo utile, ad un cambiamento oramai irreversibile».

Per Natali, questa operazione «consentirà al nostro Paese di disporre di un impianto di produzione ad alta tecnologia di dimensioni tali da contribuire a ridurre in modo significativo la dipendenza dai combustibili fossili. Per UniCredit la finanza sostenibile è essenziale per sostenere la transizione energetica». Sulla stessa lunghezza d’onda il direttore regionale Campania, Calabria e Sicilia di Intesa Sanpaolo, Giuseppe Nargi: «Per noi che siamo parte della Banca dei Territori è fondamentale favorire interventi destinati a sostenibilità, innovazione e transizione green nell’intero Mezzogiorno». Per Fulvio Egidi, Responsabile Large Corporate e Finanza Strutturata di BNL BNP Paribas, «accompagnare questi investimenti vuol dire supportare operazioni di valore strategico e nazionale» mentre Matteo Rusciadelli, del Centro-Sud di CDP, sottolinea il «chiaro segnale di come le realtà del Mezzogiorno siano una risorsa importante per generare un impatto positivo in tutta Europa». Dice infine Gianluca Amero, Regional Director Sud di SACE: «Siamo impegnati a favorire un’economia sostenibile e circolare. Questo progetto incarna la visione di un futuro più verde e indipendente».





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