La prima immagine di Iride dallo spazio, e il valore strategico dei dati satellitari


Roma e San Pietro osservati dallo spazio con una precisione straordinaria. È accaduto venerdì scorso, quando a Esrin, il Centro di Osservazione della Terra dell’Agenzia Spaziale Europea, a Frascati, è stata presentata la prima immagine acquisita dal programma Iride, finanziato con oltre un miliardo di euro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr). Si tratta del più importante investimento spaziale effettuato nell’ambito dei Pnrr europei.

L’immagine mostra una porzione di Roma con una risoluzione di 2,66 metri, che è circa tre volte superiore a quanto disponibile attualmente. È stata catturata dal primo microsatellite della futura costellazione, interamente progettato e costruito in Italia in meno di due anni. A giugno 2026, quando sarà completata, Iride e le sue costellazioni, composte da più di sessanta satelliti, saranno in grado di garantire un monitoraggio costante dell’intero territorio nazionale. Saranno fornite informazioni preziose per analizzare la qualità dell’aria, monitorare cambiamenti climatici e il loro impatto sulla copertura del suolo, sulla gestione delle risorse idriche, e per rilevare movimenti del terreno. Inoltre, saranno attivati servizi specifici per le emergenze come nel caso di alluvioni, frane, incendi, o valanghe.

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Il programma è di particolare importanza, soprattutto in questo momento, nel quale stiamo scoprendo sempre più il valore strategico delle infrastrutture e dei dati satellitari. Proprio per la sua portata, l’investimento apre diverse questioni rilevanti per il futuro italiano.

Il primo aspetto riguarda il potenziale trasformativo di Iride per le imprese italiane. Sebbene siano circa settanta le aziende italiane direttamente coinvolte, Iride rappresenta una scommessa significativa sul sistema industriale italiano. Come ha sottolineato David Avino, ceo di Argotec che ha sviluppato il pathfinder Hawk e ha catturato l’immagine proiettata venerdì, Iride può rappresentare l’inizio di una nuova fase industriale: «Siamo passati da produrre due o tre satelliti l’anno a uno a settimana». Un salto di scala che testimonia il potenziale di una filiera che va preservata e rafforzata.

Iride ha anche una forte valenza geopolitica. In un contesto internazionale dove lo spazio è sempre più al centro di dinamiche competitive, la capacità autonoma di progettare e gestire satelliti rappresenta un elemento cruciale della sovranità tecnologica nazionale. Vittorio Colao, in un recente editoriale sul Corriere della Sera, ha sottolineato la rapidità quasi muskiana del progetto, che ha visto il volo del primo satellite in meno di due anni dalla firma del contratto. Secondo l’ex ministro in questo senso Iride rappresenta un esempio virtuoso di collaborazione pubblico-privata coerente con la prospettiva indicata per lo spazio anche dal Rapporto Draghi per l’Unione europea. E grazie alla disponibilità di dati preziosi per il monitoraggio del territorio e dei suoi cambiamenti, ricadute positive sono attese anche in settori non spaziali, dall’agricoltura all’automotive. Va tuttavia ricordato che l’investimento fino a oggi è stato pagato interamente dai finanziamenti pubblici del Pnrr e resta dunque da chiedersi: come riuscire a renderlo sostenibile anche dopo la fine dei finanziamenti pubblici? Quale business model e quale condivisione del rischio tra pubblico e privato si può ipotizzare?

Un ulteriore interrogativo riguarda il coinvolgimento delle amministrazioni comunali e regionali italiane, che rappresentano beneficiari importanti dei dati e delle applicazioni prodotte dal programma. Come emerge da recenti studi, in Italia sarebbe oggi poco più del cinquanta per cento la quota di amministrazioni locali e regionali a usare i dati satellitari di osservazione della Terra, con percentuali ancora inferiori nei Comuni. Le cause principali di questo sottoutilizzo includono carenza di personale adeguatamente formato, complessità tecnologica e una scarsa integrazione tra le esigenze organizzative e le caratteristiche dell’offerta dei servizi disponibili.

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Senza un intervento strutturato, Iride rischia di produrre informazioni di alto valore aggiunto destinate però a rimanere in parte inutilizzate. Sebbene l’Agenzia Spaziale Europea stia intervenendo direttamente per colmare questo gap attraverso azioni mirate di formazione della pubblica amministrazione locale, affinché Iride diventi pienamente efficace e sostenibile nel lungo termine, sarà necessario affiancare al progetto un impegno sistemico con investimenti nella modernizzazione amministrativa e interventi normativi che supportino l’accesso e l’integrazione dei dati nelle politiche locali e regionali. Allo stesso tempo, considerando che proprio venerdì scorso il governo, attraverso il Comint, Comitato Interministeriale per le politiche spaziali e aerospaziali, ha approvato l’estensione del programma Iride, diventa urgente definire un modello operativo e finanziario chiaro per il periodo successivo al 2026, stabilendo una governance che integri Esa, l’Agenzia Spaziale Italiana, industrie e amministrazioni locali per garantire un allineamento tra la produzione e l’utilizzo effettivo dei dati.

Se è vero che: «La tecnologia ci aiuta a guardare lontano, ma l’etica ci dice dove volgere lo sguardo», potremmo dire che Iride sta fornendo all’Italia occhi nuovi per osservare meglio il pianeta e il proprio Paese. Il passo necessario ora è quello di rafforzare la nostra capacità di cogliere quello sguardo e attrezzare adeguatamente la nostra pubblica amministrazione e i nostri decisori pubblici per trasformare immagini e dati in azioni concrete.



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