Giovanni Gorno Tempini, Presidente di CDP, in occasione del Convegno Annuale AIFI 2025 ha dichiarato:
“Un tema che mi ha particolarmente colpito riguarda l’exit industriale in Italia, che è sempre più spesso opera di imprenditori. Questo fenomeno è molto significativo e merita attenzione, perché ormai le aziende industriali in Italia sono diventate una sorta di rarità, ma questo non è un problema esclusivamente italiano; è un fenomeno globale. I dati che avete presentato sugli investimenti e sulla raccolta di capitali si intrecciano con quella che chiamo ‘siccità’ dei mercati pubblici, un fenomeno che dura ormai da diversi anni. È un aspetto che merita particolare riflessione.
Tornando al tema dell’exit industriale, io vedo un lato positivo, ma la situazione dei mercati pubblici è quella che ho appena descritto. Il mercato del credito ha visto una contrazione generale del credito alle imprese negli ultimi anni, e questo è un problema globale. Per rispondere a questa tendenza, il nostro obiettivo come CDP è garantire un accesso al credito il più ampio possibile. In questo contesto, mentre il sistema bancario ha registrato tendenze negative, non solo in Italia, ma globalmente, il credito alle imprese italiane è salito sui libri di cassa. Stiamo cercando di estendere l’accesso al credito non solo alle medie e grandi imprese, che tradizionalmente non ne hanno bisogno, ma anche alle piccole e medie imprese, un tema che stiamo affrontando con non poca complessità, ma con determinazione.
Sul fronte dei mercati, come AIFI stiamo continuando a lavorare per promuovere l’investimento in private equity, venture capital e, recentemente, nel TET. La nostra dimensione e il nostro ruolo segnaletico sono fondamentali per ispirare altre parti del mondo istituzionale a seguire l’esempio. Ad esempio, siamo diventati uno dei principali azionisti di Euronext, per promuovere l’integrazione tra i mercati pubblici e privati, un’integrazione necessaria per dare nuovo slancio a entrambi i mercati.
Se guardiamo al caso del venture capital, dieci anni fa in Italia era una realtà praticamente irrilevante, oggi i numeri sono ancora modesti, ma stanno crescendo in modo significativo. Nonostante siamo ancora indietro rispetto a Paesi come la Francia e la Germania, siamo decisamente sulla buona strada per colmare il gap. In Italia, ci sono circa 5000 start-up, e molte di queste sono piccole e medie imprese. La questione fondamentale è a chi servono queste start-up? Nei Paesi più evoluti, le grandi imprese promuovono l’innovazione attraverso il corporate venture capital, integrando queste nuove imprese nel loro ecosistema, investendo, collaborando o acquistandole. È un circolo virtuoso che dobbiamo creare anche in Italia. Come ho visto durante il mio viaggio alla Silicon Valley, l’innovazione non è un’avventura, è un’infrastruttura necessaria per la crescita. Le start-up italiane devono essere integrate con le imprese più grandi, per creare una vera e propria rete di crescita e sviluppo. Questo è il passo che dobbiamo fare per rendere il sistema più robusto e competitivo, anche in un contesto di private equity.”
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