“Idntt” e le sue sfide multicanale


Idntt, azienda di produzione di contenuti per la comunicazione multicanale, mantiene l’attitudine verso i mercati delle start-up, grazie alla capacità di cogliere le occasioni e di abbandonare, altrettanto velocemente, i progetti che non mantengono le promesse. La guida da quindici anni il suo fondatore e azionista di riferimento: l’imprenditore comasco Christian Traviglia.

Come si crea e si produce la nuova comunicazione multicanale?

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Le nuove proposte di contenuti nascono in un lavoro creativo continuo, insieme ai nostri clienti. Questo accade perché i progetti di comunicazione sono sempre più personalizzati, di volta in volta costruiamo una strategia che si adatta in modo molto specifico al cliente. Gli strumenti sono gli stessi e sono vari: social media, influencer marketing, produzione video e testuale… Ma è la combinazione e l’integrazione di questi elementi che cambia. È il modo in cui si sviluppa lo storytelling attraverso i vari canali a fare realmente la differenza.

A seconda delle esigenze del cliente ogni giorno c’è l’opportunità di creare qualcosa di nuovo, combinando in modi originali i diversi “ingredienti”, proprio come uno chef che li utilizza per creare piatti unici. Grazie alla tecnologia e all’intelligenza artificiale siamo in grado di offrire servizi estremamente innovativi, trovando nuove modalità di comunicazione più efficienti ed economiche. Per esempio, nel caso dei video, grazie all’ottimizzazione dei processi di produzione, possiamo arrivare a realizzarne molti di più in meno tempo. Ma rimane cruciale gestire la regia, lo storytelling e la coerenza tra i diversi canali media utilizzati per una comunicazione efficace.

Per produrre comunicazione in questo modo, integrando diversi strumenti e incrociando le possibilità offerte dai clienti, serve una massa critica importante che le piccole agenzie non hanno: anche nella produzione culturale si va quindi verso una sempre maggiore aggregazione?

Sì, questa è la direzione. Nel 2021 avevamo un fatturato di circa 5 milioni di euro, con solo il 30% degli strumenti e clienti che abbiamo oggi. Ora i ricavi preconsuntivi dell’esercizio 2024 si attestano tra i 20-22 milioni di euro e il Piano industriale 2025-2027 prevede una crescita fino ai 38-47 milioni di euro nel 2027. Questo incremento è possibile grazie all’acquisizione di aziende che hanno arricchito la nostra organizzazione con nuovi asset, rendendoci più interessanti per i nostri clienti perché ora offriamo una gamma più ampia di servizi rispetto al passato. Il mercato in Italia è invece ancora molto frammentato: ci sono circa 24.500 agenzie registrate, ma solo 1.600 agenzie superano un fatturato di 500mila euro e solo 110 aziende superano i 10 milioni. La maggior parte, oltre il 90%, sono realtà che faticano a diversificare i loro servizi per le limitate dimensioni e investimenti per questo la strategia di crescita del settore è destinata a crescere attraverso le acquisizioni.

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Questo comporterà un aumento dei costi per i prodotti di comunicazione?

Al contrario. Per esempio Vodafone, di cui siamo il partner industriale, per il segmento delle piccole e medie imprese come ristoranti, idraulici, elettricisti, avvocati e commercialisti offre servizi anche di sviluppo di siti web, servizi fotografici professionali, presenza su Google e piccoli e-commerce, a partire da 19 a 29 euro al mese per dodici mesi. Noi ci occupiamo di produrre tutta quella gamma di servizi, riuscendo a proporre un’offerta competitiva su larga scala. Non è vero che le grandi aziende comportano sempre prezzi elevati, ciò che conta sono i processi industriali, le sinergie interne e la capacità di generare contenuti a costi contenuti, con modelli scalabili.

In tutto questo l’intelligenza artificiale è indispensabile, ma già mostra segni di logoramento perché, nutrendosi dei contenuti che produce, sta diventato ripetitiva e riconoscibile: quali rimedi state elaborando?

Utilizziamo l’intelligenza artificiale solo quando il cliente acconsente. Esistono, infatti, clienti che desiderano l’uso dell’IA, mentre altri preferiscono evitarlo per motivi etici o per questioni relative all’unicità dei contenuti. Inoltre, proprio perché è facile distinguere tra contenuti generati e originali, gli algoritmi di ricerca come quelli di Google potrebbero penalizzare i testi creati artificialmente. Quindi, per posizionarci meglio nel mercato, c’è una forte preferenza per i testi originali. Ma l’intelligenza artificiale concorre anche a creare immagini, video e a gestire processi interni consentendo un notevole risparmio di costi. Quando invece utilizziamo l’IA per generare contenuti a seguito di una serie di precise indicazioni, si tratta sempre di una prima bozza che sarà poi affinata da un copywriter, mentre per immagini e video ci saranno grafici ed editor che contribuiranno al prodotto finale.

In questo modo, l’IA aiuta in una prima fase. Una volta generata l’idea, proseguiamo il lavoro e la affiniamo ulteriormente ed è questo che aggiunge valore e conferisce unicità al progetto.

L’ottimizzazione dei processi attraverso l’AI ridurrà il personale necessario anche nella comunicazione?

Purtroppo sì, ma un team snello, composto da più collaboratori in diverse sedi del mondo è necessario non solo per l’uso dei nuovi strumenti, ma perché il nostro è un mercato in continuo rapido cambiamento. Fino a quattro anni il social di riferimento era Facebook, poi è arrivato Instagram, adesso si parla solo di TikTok.

Si pensava che YouTube fosse morto e invece è diventato il primo social in Italia in termini di contenuti di entertainment. Si pensava che gli eventi fossero morti col Covid e che saremmo andati tutti sul metaverso invece gli eventi stanno esplodendo.

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Quindi è il mercato della comunicazione che evolve sempre. È la bellezza e anche la sfida di questo settore.

Come si spiega questo alto tasso di variabilità del business, e quindi di rischio, agli investitori?

È essenziale comunicare questa continua evoluzione agli investitori, evidenziando la nostra crescita costante al di sopra della media del settore, con un tasso di performance del 18% rispetto al 7% medio. Organizziamo incontri mensili con fondi importanti per mostrare il nostro posizionamento tecnologico e le sinergie delle acquisizioni. Abbiamo un piano industriale che sfrutta influencer e content creator per innovare e aprire nuovi mercati. Questo approccio trasparente e coerente con obiettivi a lungo termine rassicura gli investitori sulla nostra direzione e potenziale di crescita.

Attraverso i social, la comunicazione di marketing si è fagocitata anche la comunicazione istituzionale: in questa mancanza di confini il rischio è che l’una e l’altra perdano credibilità?

Molti giovani oggi riescono a distinguere tra contenuti falsi e autentici, ma certamente sono influenzati da social media come Instagram e TikTok. Questo ha cambiato il modo in cui si parla e l’individuazione delle fonti affidabili. Gli influencer hanno un potere persuasivo molto forte e, se tengono un atteggiamento responsabile, guadagnando credibilità.

Purtroppo, non esiste un codice etico comune per i contenuti sui social. È invece necessario stabilire un codice deontologico per content creator e influencer, purché la materia venga normata a livello internazionale e non nazionale o europeo, come accaduto per altri settori, perché altrimenti competere diventa difficile.

Ma in questo ambito di terziario avanzato ricchissimo di contenuti culturali l’Italia può comunque conservare un vantaggio competitivo?

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Sì, è così. Per esempio abbiamo un accordo quadro con il governo dell’Azerbaijan che ci consente di produrre tutti i contenuti di intrattenimento per i loro musei, contenuti multimediali e rappresentazioni in realtà aumentata creati nel rispetto dell’identità culturale locale. Per questo parte della produzione è realizzata sul posto dove ci sono delle nostre persone in grado di fare quel lavoro di cesello dei contenuti più generali creati in sede.

Come imprenditore ha anche scelto di diversificare gli investimenti e Como, in questa scelta, ha un ruolo?

Sì, ho rilevato i “Figli dei Fiori” in via Borgovico nel 2015. Abbiamo trasformato quel locale nel primo ristorante e quest’anno apriremo a Milano un nuovo “Figli dei Fiori” nella zona di Bocconi, mantenendo lo stesso stile. Poi, a primavera del prossimo anno, apriremo anche a Bergamo Alta un ristorante con lo stesso stile, ampio giardino e vista sulla città.

Tra i partner del progetto anche Blunotte Eventi. Altri investimenti immobiliari per l’ospitalità e la ristorazione sono a Polignano a Mare, a Noto, a Zanzibar dove ci si distingue per la qualità: dal serramento ai mobili tutto è realizzato con i marchi di alta gamma della Brianza.

È fondamentale infatti offrire servizi di alto livello adeguati a una clientela internazionale e investire in progetti unici che hanno una storia e un’identità forte. E mantengono il loro valore.



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