L’Agenzia delle Entrate ha avviato una massiccia campagna di invio di lettere di compliance, almeno 12 mila nel Padovano, indirizzate ad altrettante partite Iva: imprenditori, artigiani, commercianti, professionisti. Queste comunicazioni, che partono da una richiesta documentale, segnalano presunte anomalie nelle dichiarazioni fiscali e invitano i contribuenti a regolarizzare eventuali omissioni. Molti imprenditori si trovano di fronte a richieste di chiarimento che spesso derivano da discrepanze di natura tecnica o interpretativa, più che da vere e proprie irregolarità: gli accertamenti si basano su confronti con altre realtà, che però sono dati medi e statistici, tratti da banche dati in uso all’amministrazione finanziaria. La burocrazia complessa e il continuo mutamento delle normative fiscali rendono difficile per le imprese, soprattutto per le piccole e medie attività, garantire una compliance impeccabile senza il costante supporto di professionisti del settore.
“Nella maggior parte dei casi – commenta il presidente dell’Ascom Confcommercio, Patrizio Bertin – le richieste da parte dell’Agenzia delle Entrate hanno rivelato discrepanze rispetto alle realtà aziendali. Sono già parecchie le decine di associati che hanno usufruito della nostra assistenza e hanno trovato un accordo volto a ridimensionare, talvolta anche in modo significativo, la differenza tra il dichiarato dagli imprenditori e quanto calcolato dall’Agenzia delle Entrate”. Scendendo nel dettaglio, va segnalato che tre imprenditori su quattro di quelli che sono stati seguiti in queste settimane dagli uffici tributari dell’Ascom Confcommercio ha ottenuto, fatte le necessarie verifiche, una riduzione del reddito contestato e la quasi totalità degli assistiti ha accettato l’accordo perché, evidentemente, il costo ed i tempi del processo rischiano di essere più onerosi dell’accordo stesso anche se non totalmente soddisfacente. Per questo, solo una sparuta minoranza ha scelto di andare in causa.
“L’approccio attraverso strumenti di compliance – spiega Stefano Traverso, responsabile dell’ufficio tributario dell’Ascom Confcommercio – sarà sempre più utilizzato dall’Agenzia delle Entrate nel rapporto col contribuente e questo se da un lato consente al contribuente stesso di dialogare con l’Agenzia delle Entrate in modo più chiaro e collaborativo, riducendo in teoria il rischio di contenziosi, dall’altro basandosi su dati medi e statistici le comunicazioni possono rivelarsi “scorrette” e sovradimensionate, il che richiede alle aziende di investire tempo e risorse nella gestione e monitoraggio costante delle proprie attività fiscali, aumentando la complessità operativa”.
Comunque sia, a beneficio di tutti gli imprenditori, va detto che chi riceve una lettera di compliance da parte dell’Agenzia delle Entrate può far valere i propri diritti. «Questi atti – spiega Stefano Artuso, consigliere del Gruppo Giovani di Confcommercio Ascom Padova e avvocato tributarista specializzato nell’assistenza ad imprese e persone fisiche nel corso di verifiche e controlli fiscali – partono sempre da una richiesta documentale a cui è necessario rispondere entro i termini fissati dall’ufficio. Se non si risponde entro i termini fissati il contribuente rischia di non poter più produrre la documentazione che gli viene richiesta, compresa quella a suo favore che ha tutto il vantaggio ad esibire. Dopo la richiesta documentale l’ufficio esamina le carte e i documenti, tipicamente le fatture, i bilanci, i margini di ricarico e, se ritiene, muove una contestazione dove indica i presunti maggiori ricavi. Anche quest’atto ha dei termini stretti e specifici, che sono 30 giorni o 60, a seconda dei casi. In questi termini stretti è necessario procedere o evitare che si passi alla terza fase che è la notifica dell’avviso di accertamento, dove poi le attività da svolgere sono di fatto tipicamente quelle giudiziali”.
E lo stesso sostiene Cna, che in questi mesi sta sostenendo e affiancando gli associati nel far valere i propri diritti. “Uno degli aspetti che più ci ha colpito – dichiara Matteo Rettore, segretario Cna Padova e Rovigo – riguarda gli accertamenti relativi al periodo 2020-2021, ovvero gli anni della pandemia da Covid-19. In questi accertamenti, purtroppo, non si tiene conto delle difficoltà assolutamente fuori dall’ordinario che le imprese hanno affrontato in quel periodo”. Tra le categorie più penalizzate ci sono ad esempio gli autoriparatori, che stanno ricevendo ora contestazioni rispetto al reddito dichiarato. Le motivazioni si basano su diversi parametri: tra questi un calcolo medio del tempo impiegato per servire ogni cliente, rapportato al numero di dipendenti. Secondo questa logica, è possibile determinare il reddito giornaliero di un’officina semplicemente in base al numero delle persone che ci lavorano.
Questa valutazione, però, non tiene conto di un elemento fondamentale: “Nel 2020 e nel 2021 – sottolinea Rettore – le officine hanno dovuto adottare procedure straordinarie a causa della pandemia. I meccanici entravano in veicoli potenzialmente infetti, dovevano igienizzare gli ambienti di lavoro e utilizzare strumenti specifici per garantire la sicurezza sanitaria. Tutte queste precauzioni hanno inevitabilmente allungato i tempi di lavoro, gonfiato le spese e ridotto la produttività, rendendo il confronto con periodi normali del tutto inadeguato”.
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