A fuoco furgone di A2a, rivendicazione anarchica: “Fa accordi con Israele”. Scatta l’indagine


Milano – Un furgone semidistrutto dalle fiamme e un’auto lambita dal fuoco. Un rogo inizialmente rubricato come accidentale. E una rivendicazione arrivata dopo un paio di settimane che impone accertamenti supplementari per stabilire se si tratti di una firma autentica oppure di una strategia comunicativa per intestarsi un incendio che di doloso non ha nulla.

Stiamo ai fatti. Nella notte tra il 27 e il 28 febbraio, i carabinieri del Nucleo Radiomobile e i vigili del fuoco sono intervenuti in un’area di via Lampedusa in cui sono parcheggiati mezzi di Unareti, la società unica per la gestione dei servizi a rete della multiutility A2a: a fuoco un Ducato e una Panda con la livrea arancio-bianca dell’azienda. Un incendio che viene attribuito a un guasto tecnico.

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Finita? Nient’affatto. Nelle ultime ore è comparso sui siti d’area anarchica un comunicato anonimo che sembra raccontare un’altra storia: “Nell’ottobre 2022, A2a – si legge nella missiva che spiega la scelta del bersaglio – ha firmato un memorandum con Sibf (Southern Israel Bridging Fund, fondo di investimento israeliano focalizzato sull’incremento di imprese e start-up nel territorio israeliano e all’estero) con l’obiettivo di costruire un hub congiunto dedicato all’innovazione con sede a Tel Aviv”. E ancora: “Il memorandum intende rafforzare inoltre le relazioni già esistenti tra A2a, la Israeli Innovation Authority e la missione economica israeliana in Italia”. Detto questo, l’attacco, “sostenendo un importante fondo israeliano e costruendo hub nella capitale israeliana (che in realtà è Gerusalemme, ndr), A2a alimenta gli enormi flussi di capitale che rendono possibile l’esistenza del sistema-Stato Israele e l’occupazione sionista del territorio palestinese”.

La rivendicazione ha inevitabilmente riacceso i riflettori sul rogo: i militari dell’Arma hanno avviato gli approfondimenti investigativi per capire se le frasi comparse on line abbiano un fondamento. Da A2a fanno sapere di non aver ricevuto alcuna rivendicazione e che al momento non ci sono elementi per affermare che si tratti di un atto doloso. Si vedrà. D’altro canto, se è vero che in passato gli anarchici hanno preso di mira i veicoli di una società (vedi le 500 Enjoy di Eni) per colpirne il patrimonio, è altrettanto vero che un precedente di un paio d’anni fa impone massima cautela sull’attribuzione della paternità di un blitz incendiario.

Sì, perché il 31 gennaio 2023 era comparso questo messaggio sui portali della galassia autonoma: “Nella notte tra il 29 e il 30 gennaio sono state bruciate alcune macchine della polizia locale del Comune di Milano. Solidarietà ad Alfredo Cospito in sciopero della fame. Libertà per Anna, Juan, Ivan, Dayvid. Attacchiamo lo Stato”. Poche righe per attribuirsi l’incendio di due auto dei ghisa, andate a fuoco nel parcheggio interno dell’edificio di viale Tibaldi che ospita sia il Municipio 5 sia il Comando decentrato 5 dei vigili. Qualche mese dopo, le indagini della Digos avevano svelato che in realtà gli anarchici non c’entravano nulla e che quelle bottiglie incendiarie erano state fabbricate da un gruppo di spacciatori nordafricani dello Stadera per difendersi dal possibile attacco di un gruppo rivale.

C’è però una differenza tra i due casi: in quello più datato nel tempo, la notizia del danneggiamento era stata resa nota dai media, diventando così di dominio pubblico e potenzialmente “strumentalizzabile”; quello di via Lampedusa, invece, non era mai emerso fino a ieri.

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