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L’Europarlamento ha approvato ieri a maggioranza il Libro bianco sulla difesa con il piano ReArmEu presentato da Ursula von der Leyen e il sostegno all’Ucraina con 419 voti favorevoli, 204 contrari e 46 astenuti. Coi 76 eurodeputati italiani ovunque in ordine sparso. Forza Italia e Fratelli d’Italia a favore ma la Lega contro, insieme al M5S e Avs – nonostante il Sì della maggioranza dei Verdi europei –, e il Pd spaccato a metà con 11 astenuti e 10 favorevoli.
L’Europa, la nostra Europa, deve essere baluardo di pace e contro derive totalitariste per valori e identità fondative che sono le nostre radici dopo due grandi guerre fratricide. La “pace attraverso la forza” è il nuovo refrain di Ursula von der Leyen, e può essere anche vero in alcune occasioni. Ma per noi la vera forza della pace è anche e soprattutto quella delle idee forti, che questa Europa deve mostrare al mondo. E allora, mettiamola così. Se Donald Trump fa il Donald Trump di sempre, con l’aggiunta di grotteschi ma rischiosi tentativi neocoloniali alla Commander in Chief of Planet Earth. Se qualcuno si era illuso o sperava che il mondo nell’era del tycoon continuasse con le spartizioni geopolitiche dell’ultimo dopoguerra. Se finora ha solo mostrato il suo bullismo in mondovisione, prima firmando ordini esecutivi uno via l’altro per spazzare dal cielo degli Usa ogni azione per la decelerazione della folle corsa al riscaldamento globale, per il secondo tragico abbandono della Conferenza delle parti dell’Onu e degli Accordi firmati a Parigi nel 2015, per dichiarare guerra aperta non solo agli odiati ecologisti ma agli industriali e alla finanza della “Net zero alliance” – e parliamo di 145 banche e istituti finanziari di vari Paesi, oltre il 40% degli asset bancari globali, impegnati a raggiungere emissioni nette zero entro il 2050 di carbonio e sostenere la transizione green –, per dazi e roboanti annunci di annessioni. Se Trump è ripartito con il costante supporto a complottisti e negazionisti climatici con lanci di fatwa contro le industrie della green economy, con lo stop al Green new deal Usa e la spinta ai carburanti fossili con tanto “drill, baby, drill”. Se gli shock a ripetizione dalla Casa bianca umiliano l’Europa e il diritto internazionale con la legge del più forte e del più arrogante, con l’inedito asse autoritario con Putin che spaventa persino le destre nazionaliste e diffonde angoscia e paure. Se è vero tutto questo, come è vero, l’Europa deve agire a tutto campo.
Svegliamo l’Europa anche e soprattutto sulle sfide globali e per la “guerra” e le “difese” strutturali contro impatti climatici sempre più devastanti per emissioni killer di CO2 senza freni, che stanno innescando catastrofi epocali presto rimosse, ma con morti, feriti, sfollati e migranti, colossali perdite finanziarie, economie locali al collasso. Sui tavoli di Bruxelles ci sono report sulle vitali necessità di adattamento per un nuovo Green deal rafforzato e promesso dalla Commissione, centrato sul rilancio delle nuove energie. Quanti, tra i 27 Stati dell’Unione, erano impegnati a bombardare il primo Green deal Ue indicato con faciloneria e spargimento di fake come fonte di ogni ritardo industriale e tecnologico, sognando di poter salvare l’economia e la competitività del Continente tornando ad un passato che non c’è più, non possono continuare a boicottare un futuro economicamente interessante. Lo lasciamo soprattutto nelle mani dei cinesi grandi produttori ed esportatori di prodotti, dalle auto elettriche alle pale eoliche, preparando un presente disastroso per i mercati interni? Continuiamo a difendere il motore a scoppio cacciando l’Europa e l’Italia in guai ancora peggiori? Ma non vedono, la nostra Confindustria e i nostri partiti, le tantissime industrie italiane naturalmente spinte verso le transizioni tecnologiche e climatica, che innovano e investono nei prodotti e nei settori più dinamici e competitivi, dalla salute all’aerospaziale?
Sabato anche Greereport sarà a Roma non solo perché la nostra Europa è nata dalla voglia di pace sognata su un’isola di confinati dal fascismo di un Paese e di un Continente che nel secolo scorso è stato sconquassato da due sanguinose e fratricide guerre mondiali, nate dal nazionalismo la prima e dalla feroce ideologia totalitaria nazista la seconda. Il sogno dei padri fondatori non si riduce nella crescita dell’industria bellica targata Ue. Il piano di riarmo da 800 miliardi annunciato da Von der Leyen “per la sicurezza europea” anche atomica con missili e sistemi di droni puntati contro il resto del mondo, non è e non può certo essere un “motore economico della ripresa”. Siamo realisti, certo. Frenare e disattivare le azioni dei criminali di guerra e creare una barriera solida contro l’espansionismo putiniano dopo l’invasione brutale dell’Ucraina è un dovere ed è anche una delle sfide, ma non può essere la sola “sfida esistenziale per l’Europa”, come sostiene Ursula von der Leyen.
Non anneghiamo il sogno europeo alla logica trumpiana, affidando il destino dell’Unione soprattutto alle nuove trincee tecnologiche della cyber-difesa comune, a carri armati e altri ordigni. Inseguire la folle scia di Trump significa scendere al suo livello con tagli secchi alla difesa climatica, alle rinnovabili, alla green economy, alla cooperazione allo sviluppo. Tra i problemi italiani e dei 27 paesi con budget del tutto inadeguati, e per ora al fondo classifica delle urgenze, ci sono prevenzione e adattamento da rischi peggiori e costosi come o forse più delle guerre. L’Europa indichi allora la rotta delle politiche industriali, energetiche e ambientali. Rilanci, come chiede da tempo anche Draghi, un nuovo grande piano di investimenti comuni, un nuovo Next Generation Eu per l’autonomia strategica ma con lo sguardo lungo della conversione ecologica, con ricerca e innovazione digitale, la difesa economica comune che può vedere al centro la manifattura italiana storico faro di innovazione.
Saremo con queste idee in piazza e con la bandiera europea.
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