male i kiwi, bene l’uva da tavola e le mele

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L’export dei prodotti agroalimentari italiani, in generale, e di quelli ortofrutticoli in particolare, è in buona salute. A dirlo il report di Ismea sugli scambi con l’estero che analizza nel dettaglio l’andamento della bilancia commerciale del settore nel primo semestre 2024.

Secondo l’istituto, dopo un 2023 da record, con le esportazioni agroalimentari italiane che hanno oltrepassato 64 miliardi, anche nei primi sei mesi del 2024 la dinamica è rimasta positiva con un valore che ha sfiorato 34 miliardi, in aumento del 7,1% rispetto allo stesso periodo del 2023. In crescita anche il valore delle importazioni (+1,4% per 33,5 miliardi di euro) in maniera meno consistente rispetto al 2023. In questo scenario va  bene, eccezion fatta per i kiwi, il settore ortofrutta. 

I dati positivi sono confermati anche da Fruitimprese, che ha analizzato l’andamento su base annua. L’associazione però avverte: siamo di fronte a una crisi produttiva progressiva. 

Ismea: I numeri dell’import e dell’export ortofrutta

Entrando nel merito del comparto ortofrutta fresca, secondo Ismea è stato toccato un fatturato all’estero pari a 2,8 miliardi nel cumulato gennaio-giugno 2024 (8% del totale) con una crescita del 2,7% in valore e 4,8% in volume grazie soprattutto alle mele e all’uva da tavola, mentre si sono ridotte le esportazioni di kiwi: -2,4% in valore e -29,6% in volume, il che  evidenzia un significativo aumento dei prezzi medi all’export. In crescita, sia in valore che in quantità, anche le esportazioni dei comparti ortofrutta trasformata all’interno dei quali i prodotti di maggior rilievo sono stati i pelati, le passate di pomodoro e i formaggi freschi e stagionati.

Le importazioni di ortofrutta fresca sono cresciute del 4,8% rispetto ai primi sei mesi del 2023, arrivando a superare 2,9 miliardi, (9% del totale import); il comparto è rappresentato in prevalenza dalla frutta fresca (65%) con le importazioni di banane, nocciole, mandorle, pere e pistacchi; gli ortaggi freschi (35%) importati sono stati soprattutto patate, peperoni e pomodori.

I principali paesi di destinazione e di provenienza

Il principale mercato di destinazione dei prodotti agroalimentari italiani si conferma la Ue che, con 19,5 miliardi nei primi sei mesi 2024 ha assorbito poco meno del 60% delle esportazioni dell’Italia. Germania, Francia e Stati Uniti rimangono i partner di maggior rilievo, con il terzo che è cresciuto a un tasso più elevato. L’Ue è il principale partner commerciale dell’Italia anche per le importazioni (24 miliardi nel primo semestre 2024) con una quota del 72%; Germania, Francia, Spagna e Paesi Bassi sono i principali fornitori, mentre tra i paesi terzi il primo fornitore è il Brasile, con flussi tuttavia in riduzione del 5,7% in valore su base tendenziale.

Il punto di Fruitimprese

Secondo l’analisi di Fruitimprese, il 2024 segna un nuovo record per le esportazioni italiane di ortofrutta fresca che superano per la prima volta i sei miliardi di valore (6,056 per la precisione) con un incremento del 5.3% rispetto al 2023, risultato confermato anche dai dati in volume con un export di 3 milioni e 751.017 tonnellate (+9% rispetto all’anno precedente).

In controtendenza il saldo della bilancia commerciale, che rimane in territorio negativo in volume (abbiamo importato 362.140 tons in più di ortofrutta fresca rispetto all’export) e si dimezza in valore, attestandosi a poco più di 364 miliardi, in discesa del 48.6% rispetto al 2023.

A incidere su questo dato è l’incremento, peraltro costante, delle importazioni che sfondano il tetto dei quattro milioni di tonnellate (+8,9%) e che salgono del 12,9% in valore (5,692 miliardi di euro). 

Passando all’esame dei singoli comparti, i numeri dell’export sono tutti in territorio positivo: tuberi, legumi e ortaggi vedono incrementare le esportazioni del 12,1% in volume e confermano il dato 2023 in valore. Molto bene le esportazioni di agrumi che salgono del 18,8% in quantità e del 11,4% in valore.

Positivo anche il comparto principale, quello della frutta fresca che, in controtendenza con gli altri cresce di più in valore (+8,7%) che in volume (+6,3%), a testimonianza di un calo delle produzioni che tuttavia non incide sul valore esportato. Recupera, rispetto ai mesi precedenti, la frutta secca le cui esportazioni segnano un ottimo +13.7 in volume a cui, in verità, non fa eco il dato in valore che aumenta solamente dello 0,3%, sicuramente uno spunto di riflessione per gli operatori del comparto.

Continua infine la crescita dell’export della frutta tropicale con un +9,5% in volume e + 8,8% in valore. Un dato che candida il nostro Paese a rappresentare un hub logistico a livello mondiale per l’ortofrutta. 

Passando all’import, a parte gli agrumi, le cui importazioni continuano a scendere (-9,7% in volume e -16,3% in valore), nel 2024 tutti i comparti presentano tassi di crescita per il prodotto proveniente dall’estero; per tuberi legumi e ortaggi l’import sale del 17,9% in quantità e del 14,6% in valore, sale significativamente il valore della frutta fresca importata con un +16% rispetto allo stesso periodo del 2023 a fronte di un +6,5 in volume.

Riparte l’import di frutta secca rispetto al 2023 con un +11,1% in quantità e +21,3% in valore, bene anche la frutta tropicale +3,4% in volume e +6,5% in valore. Per quanto riguarda i prodotti campioni del nostro export, molto bene le esportazioni di mele che superano il miliardo di euro, in crescita del 12.18% rispetto al 2023. 

L’export di uva da tavola è un po’ la cartina di tornasole di come si sta evolvendo il nostro settore, scendono i volumi (-4.31% sul 2023), ma salgono significativamente i valori, abbiamo esportato 912 milioni di euro di uva da tavola (+13,44% rispetto all’anno precedente), un dato che conferma come la scelta di privilegiare nuove varietà più appetibili e remunerative, porti dei risultati tangibili.

Male purtroppo il kiwi, le cui esportazioni perdono quasi 1/4 delle quantità (-24,54% sullo stesso periodo del 2023) e scendono del 3,27% in valore. In questo caso le motivazioni sono due: il calo marcato delle produzioni dovuto alle fitopatie e all’attacco degli insetti e il contributo decisivo in termini di valore del kiwi giallo e rosso.

Per quanto riguarda gli agrumi, i numeri dell’export di arance rimane costante rispetto al 2023 (-0,58% in quantità e -5,64% in valore), crescono invece in modo significativo quelli dei limoni con un incremento del 12,14% in volume e del 5,36% in valore. Molto bene l’export di pesche e nettarine, che supera le 100mila tonnellate dopo alcuni anni di crisi; qui l’incremento attribuibile alle nuove varietà e a un innalzamento generale della qualità è piuttosto marcato, +37,1% in volume e +25,53% in valore rispetto al 2023.

Sono ancora in discesa, infine, i dati dell’export di pere a causa delle note problematiche produttive legate alle fitopatie e alle gelate. I primi dati del 2025 segnano tuttavia una produzione il leggera ripresa, attendiamo i prossimi mesi per un giudizio completo sulla campagna in corso.

Passando ai prodotti importati, sono costanti i dati per banane e ananas, ancora molto bene l’import di avocado, ormai secondo prodotto tropicale per valore importato (oltre 161 milioni di euro, in crescita di 1/3 rispetto al 2023).

Marco Salvi: “In dieci anni perso l’80% delle pere, il 75% del kiwi e il 25% delle pesche”

Il presidente di Fruitimprese Marco Salvi sottolinea che il record di oltre sei miliardi di valore esportato raggiunto dal settore degli ortofrutticoli freschi assume un significato ancora più rilevante al cospetto delle crescenti difficoltà che stanno affliggendo gli operatori.

“Nel corso dell’anno l’impossibilità di utilizzare il Canale di Suez ha infatti limitato fortemente le spedizioni di mele e kiwi verso l’India e gli altri Paesi del Sud-Est asiatico, con una situazione che, a breve-medio termine, non consente di prevedere una soluzione, quantomeno temporanea, del conflitto arabo-israeliano”, precisa. 

“A preoccupare il settore sono però altre problematiche che investono il comparto produttivo – continua – stiamo assistendo infatti ad una inesorabile progressiva riduzione delle produzioni, negli ultimi 10 anni abbiamo perso il 80% del raccolto di pere, il 75% di kiwi e il 25% pesche. Ormai il nostro problema principale sui mercati internazionali non è collocare il prodotto ad un prezzo remunerativo, ma avere il prodotto da vendere, tanto che le aziende più strutturate stanno acquistando aziende agricole e creando joint venture all’estero per poter continuare a presidiare i mercati”.

“Una crisi produttiva progressiva dovuta ai cambiamenti climatici con periodi di siccità e di piogge eccessive, ma soprattutto alle misure che l’Unione europea mette in campo per limitare l’uso degli agrofarmaci, senza fornire soluzioni alternative percorribili. Sulle produzioni ortofrutticole è in atto una tempesta perfetta, aumentano le fitopatie e gli attacchi degli insetti e diminuiscono le armi per contrastarle, mentre il futuro della ricerca, rappresentata dalle Tea (tecniche di evoluzione assistita) è bloccato da oltre un anno perché non ci si accorda sul testo del regolamento comunitario. Un settore, quello ortofrutticolo, vittima finora delle ideologie e di una visione miope della realtà”.

“Qualche speranza – conclude Salvi – arriva dal recente discorso di insediamento del commissario europeo Hansen, il quale ha dichiarato pubblicamente che la Commissione valuterà attentamente (con alcuni distinguo) qualsiasi ulteriore divieto di pesticidi qualora non siano ancora disponibili alternative. Al nostro settore non resta che aspettare che alle parole corrispondano i fatti”. 



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