Alla Camera vietato dire che ‘Berlusconi pagava la mafia’. Ma lo dice una sentenza definitiva

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Alla Camera dei deputati, così come al Senato, esiste una sorta di regola non scritta: vietato nominare le vicende giudiziarie di Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi. Soprattutto se c’è la parola ‘mafia’.
Io non sono sorpreso da questo giro di vite, perché la proposta arriva da Forza Italia, un partito fondato da un condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, un partito il cui ex leader Berlusconi ha finanziato la mafia almeno fino al 1992” ha detto il deputato del Movimento 5 stelle Enrico Cappelletti durante la discussione della proposta di legge sulle intercettazioni.
L’affermazione del deputato è contenuta nella sentenza definitiva nei confronti del co-fondatore di Forza Italia, Dell’Utri, condannato a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa.
Nelle motivazioni della sentenza è scritto che per diciotto anni, dal 1974 al 1992, l’ex senatore è stato il garante “decisivo” dell’accordo tra Berlusconi e Cosa nostra con un ruolo di “rilievo per entrambe le parti: l’associazione mafiosa, che traeva un costante canale di significativo arricchimento; l’imprenditore Berlusconi, interessato a preservare la sua sfera di sicurezza personale ed economica”. Inoltre “la sistematicità nell’erogazione delle cospicue somme di denaro da Marcello Dell’Utri a Cinà (Gaetano Cinà, boss mafioso, ndr) sono indicative della ferma volontà di Berlusconi di dare attuazione all’accordo al di là dei mutamenti degli assetti di vertice di Cosa nostra”.
La Cassazione ha poi evidenziato come “il perdurante rapporto di Dell’Utri con l’associazione mafiosa anche nel periodo in cui lavorava per Filippo Rapisarda e la sua costante proiezione verso gli interessi dell’amico imprenditore Berlusconi veniva logicamente desunto dai giudici territoriali anche dall’incontro, avvenuto nei primi mesi del 1980, a Parigi, tra l’imputato, Bontade e Teresi, incontro nel corso del quale Dell’Utri chiedeva ai due esponenti mafiosi 20 miliardi di lire per l’acquisto di film per Canale 5”.
Inoltre i giudici della Suprema corte, più che di una polizia privata assunta per proteggere sé e la sua famiglia, parlano di un “patto di protezione andato avanti senza interruzioni”. E Dell’Utri era il garante per “la continuità dei pagamenti di Silvio Berlusconi in favore degli esponenti dell’associazione mafiosa, in cambio della complessiva protezione da questa accordata all’imprenditore”.
Parole scritte nero su bianco.
Eppure c’è chi ancora storce il naso o fa finta di conoscere. Il deputato azzurro Pietro Pittalis ha replicato dicendo che “le parole miserabili, pronunciate da un miserabile, neppure meritano alcun commento“.
Nel corso del dibattito ha provato a prendere la parola Riccardo Ricciardi, capogruppo alla Camera dei Cinque Stelle. “Lei presidente – ha detto l’esponente pentastellato rivolto al presidente di turno Rampelli – ha impedito a un capogruppo di prendere la parola, è un fatto inaccettabile. Questa è la degna conclusione di una giornata indegna iniziata con un voto che ha defraudato il nostro gruppo di una sua deputata”. “Forza Italia – ha sottolineato Ricciardi- non deve offendersi, non è colpa nostra se quel partito è stato fondato da un mafioso, questo è scritto in una sentenza definitiva. Ho il diritto di dirlo anche in quest’aula e il furto di democrazia compiuto stamattina dimostra che lo stile e i metodi sono rimasti inalterati”.
La deputata Valentina D’Orso, pentastellata, ha anche lei richiamato poi il presidente di turno, Fabio Rampelli, al rispetto del regolamento: “Quando viene insultato un collega, si riprende il collega che lo insulta e lei mi pare che non l’abbia fatto. Non si fa così perché è stato fatto un insulto alla persona non al contenuto delle dichiarazioni, e questo non può accadere in quest’aula”. A D’Orso si è aggiunto il vicecapogruppo di Avs, Marco Grimaldi: “Ho l’impressione che ci sia un alert, un Berlusconi alert. In quest’aula si può parlare quasi di tutto, rispettando le istituzioni e nel vincolo della Costituzione, dopo aver parlato” di Berlusconi “sono stato definito in quest’aula omuncolo, scappato di casa senza che nessun presidente di questa Camera abbia non solo fermato questo deputato, ma abbia preso provvedimenti per quegli insulti pesantissimi. E’ normale che quel deputato, che ogni volta interviene con lo stesso alert, come se fosse ancora l’avvocato di Silvio Berlusconi, possa permettersi di dire” quello che dice. “Quella persona andrebbe allontanata”. “Fuori, fuori, fuori”, si è urlato dai banchi della maggioranza al termine dell’intervento.
A ruota sono seguiti i commenti ultra vittimistici del centro-destra: “Chi si permette di infangare la memoria di un politico e capo di stato come Berlusconi ha una condotta miserabile. Solidarietà al collega Pittalis”; “la maggioranza è qui ad ascoltare i vostri interventi e ci sentiamo dare dei mafiosi”; “è stata infangata la memoria di Berlusconi“. E via elencando.
E’ ormai noto che questo è il Paese delle mancate verità, della memoria corta, o peggio, di chi vuol far finta di niente. Come se nulla fosse accaduto.
Eppure i morti per mano di Cosa nostra ci sono stati.
Berlusconi sarà anche morto ma il berlusconismo no; i vizi, si sa, sono duri da estirpare.

Foto © Imagoeconomica

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