Un’Italia rinnovabile al 100% e senza l’energia nucleare

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Martedì 11 marzo, nel giorno dell’anniversario dell’incidente alla centrale nucleare di Fukushima in Giappone, la coalizione 100 per cento Rinnovabili ha presentato a Roma un rapporto che spiega come sia «possibile, ecologico e conveniente» decarbonizzare la produzione di elettricità utilizzando solo fonti energetiche rinnovabili.

LA COALIZIONE «100 PER CENTO rinnovabili» è promossa da docenti universitari e ricercatori, imprenditori, sindacalisti, e dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile e dalle associazioni ambientaliste Greenpeace Italia, Kyoto Club, Legambiente e WWF Italia. Sostiene che «per promuovere una decarbonizzazione veloce e a basso costo occorre puntare su un forte sviluppo del solare e dell’eolico, integrati fra loro in modo da utilizzare in sinergia la diversa produzione stagionale».

Al momento, il 41,6 per cento dell’elettricità in Italia è prodotta da fonti rinnovabili, ma la gran parte arriva dalle centrali idroelettriche, mentre il tasso di sviluppo dell’eolico e del solare ha rallentato molto negli ultimi anni. C’è poi l’energia geotermica, che contribuisce per il 3 per cento, è concentrata in Toscana dove arriva al 34 per cento e nei prossimi anni dovrebbe salire fino al 60 per cento. Le centrali sono però contestate da una parte degli ecologisti e dai comitati locali per l’impatto ambientale e lo sfruttamento del sottosuolo. Il rapporto guarda comunque alle reti di teleriscaldamento, che in tredici comuni toscani sostituiscono il gas nelle abitazioni e nelle imprese, agli accumuli distribuiti per usi termici e alla geotermia ad alta e bassa entalpia, cioè quella che ha un minore impatto sull’ambiente.

NEGLI ULTIMI ANNI L’ESPANSIONE dell’eolico e del solare invece ha rallentato molto, per gli ostacoli legati alle autorizzazioni e perché per il governo Meloni le rinnovabili non sono una priorità. Secondo gli ambientalisti, lo sviluppo del solare richiede l’utilizzo di piccole percentuali del territorio ed è improprio parlare di consumo di suolo, perché gli impianti fotovoltaici a terra possono essere un’occasione per la biodiversità. Per questo chiedono che i processi per le autorizzazioni siano più rapidi e che siano escluse solo le aree di particolare valore naturalistico, culturale, storico e paesistico.

«Non è possibile recuperare i ritardi con i divieti in tutte le aree agricole», dicono. Inoltre, «eolico e solare devono andare di pari passo, altrimenti si crea un disequilibrio stagionale e in inverno, quando c’è meno sole, l’energia elettrica costerà di più», ha spiegato Luigi Moccia, un ricercatore del Cnr che ha lavorato al rapporto.

QUALCHE PERPLESSITÀ IN PIÙ c’è invece sulle biomasse, cioè sulle centrali che bruciano scarti di origine biologica, animale o vegetale. Per il rapporto, «la sostituzione dei carburanti fossili con i biocarburanti liquidi presenta i seguenti rischi ambientali: la competizione con gli altri usi del suolo, in primis quelli agricoli, l’impatto climatico riferito al ciclo di vita, l’aumento del fabbisogno idrico, le minacce alla biodiversità, l’erosione dei suoli e il degrado delle foreste». Se venissero eliminate, però, il costo delle energie rinnovabili aumenterebbe del 20 per cento. Per questo non se ne può fare a meno del tutto.

LA «COALIZIONE 100 PER CENTO rinnovabili» ha anche affrontato il tema del ritorno del nucleare, già bocciato in Italia da due referendum. Sostiene che la costruzione di nuove centrali non è un’alternativa praticabile, poiché «già a Porto Marghera hanno detto no e nessuna Regione si è fatta avanti per ospitare una delle otto previste dal governo», ha spiegato l’ex ministro Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile.

SECONDO I RICERCATORI, la produzione di energia nucleare nel mondo è in costante declino: dal 17 per cento della produzione mondiale alla fine degli anni Novanta è scesa al 9,2 per cento del 2022. «La Germania ha chiuso tre reattori nucleari, procede nello spegnere le ultime centrali a carbone e a gas rimaste, e continua a investire sulle rinnovabili. Se lo fa la Germania perché non lo facciamo anche noi?», si chiede il presidente di Legambiente Stefano Ciafani.

INOLTRE, I COSTI SONO MOLTO ELEVATI e i tempi di costruzione delle nuove centrali sono lunghissimi, «come dimostrano le esperienze di Flamanville in Francia, Olkiluoto in Finlandia e Hinkley Point in Gran Bretagna». Ci sono poi i rischi per l’ambiente, poiché il combustibile esaurito, le scorie e i rifiuti nucleari sono «pericolosi, difficili e costosi da gestire». Infine, l’Italia non ha né uranio né impianti di arricchimento e produzione del combustibile nucleare. Per questo dovrebbe importarlo dalla Russia, che detiene il 38 per cento della capacità globale di conversione dell’uranio e il 46 per cento della capacità di arricchimento.



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