Un altro modo di pensare l’inverno

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Gli effetti dei cambiamenti climatici stanno rendendo sempre più difficile vivere di sola montagna bianca. Il report “Nevediversa” di Legambiente propone delle alternative sostenibili e che coinvolgono le intere comunità.

di Benedetta Bruni

L’inverno nelle montagne alpine e appenniniche da qualche anno sta soffrendo la carenza di neve a causa della crisi climatica. Come inevitabile conseguenza, stanno passando un periodo complicato anche i territori che vivono delle opportunità date dagli impianti di risalita come principale fonte di turismo stagionale. Se i paesi interessati si trovano in media montagna, poi, la situazione si aggrava ulteriormente. Al fianco di bacini idrici che non sono più complementari, ma diventano essenziali per l’apertura dei comprensori, tanti impianti sono stati dismessi proprio perché neanche la neve artificiale è più sufficiente per via di temperature comunque troppo miti. Il report Nevediversa 2024 di Legambiente fa una fotografia a quello che è ormai il turismo della neve nelle montagne senza neve, e porta alcuni esempi virtuosi di destinazioni che sono riuscite a ripensare la fruibilità della montagna, preferendo un tipo di turismo più legato al territorio, rispettoso delle comunità locali, che coinvolge anche le Guide alpine e focalizzato su altri sport complementari e con impatto ambientale più contenuto.

Gli effetti del caldo in quota
Secondo uno studio pubblicato nel 2023 sulla rivista “Nature Climate Change” (Recent waning snowpack in the Alps isun precedented in the last six centuries), il manto nevoso sulle Alpi non è mai stato effimero come oggi in almeno 600 anni e nell’ultimo secolo la sua durata si è accorciata in media di un mese a causa di un riscaldamento atmosferico di circa 2°C. Non solo: l’intervento “Prove dell’influenza umana sulla perdita di neve nell’emisfero settentrionale” pubblicato sulla rivista Nature a gennaio 2024 riporta che il riscaldamento globale ha causato una consistente diminuzione del manto nevoso nell’emisfero settentrionale tra il 1981 e il 2020. Riduzione che rischia in tempi brevi di raggiungere la soglia di ben il 20% nelle numerosissime località europee e nordamericane dove le temperature invernali superano i -8°C.

Il trend ormai è chiaro: meno neve e più caldo. E ne risentono inevitabilmente anche i paesi montani che basano i loro inverni prevalentemente sulle opportunità che offrono gli impianti di risalita. Rischiando però di limitare a poche opzioni la fruizione di un territorio che potrebbe dare molto di più. Anche perché non sempre l’impianto è la risposta vincente a tutti i problemi di una valle. A marzo 2024 (dati aggiornati al 15 febbraio 2024), le strutture dismesse ammontavano a 260 (+11 dal 2023), gli impianti temporaneamente chiusi erano 177 (+39), quelli aperti “a singhiozzo” invece 93 (+9) e 214 quelli sottoposti ad “accanimento terapeutico”.

I casi di smantellamento e riuso sono invece raddoppiati, ma rimangono ancora bassi (31, +15 rispetto al 2023). Tuttavia, non sembra che le istituzioni siano disposte a recepire appieno il problema. A fronte dei 148 milioni di euro destinati nel 2023 dal ministero del Turismo per l’ammodernamento degli impianti di risalita e di innevamento artificiale, solo quattro milioni sono stati stanziati per la promozione dell’ecoturismo. Sembra quindi ormai che il rilancio delle piccole località, dove i fiocchi naturali ormai sono un evento raro, passi per lo più da robuste iniezioni di denaro pubblico per tamponare i danni piuttosto che da investimenti volti a diversificare la proposta e destagionalizzare le attività.

I punti della SNACC
In Italia, in realtà, disponiamo della Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (SNACC), un documento che propone una serie di azioni che, idealmente, le località dovrebbero osservare per proporre attività che “riconvertono” montagne tradizionalmente dipendenti dagli impianti in destinazioni con un ventaglio di possibilità più ampio, sia a livello sportivo che gastronomico, storico e culturale.

La prima di queste iniziative è, per l’appunto, diversificare l’offerta turistica invernale, aumentando la fruibilità dei territori montani per forme di sport a minor impatto ambientale coinvolgendo anche il settore privato in queste iniziative di adattamento. Questo punto viene ripreso anche successivamente nel documento, che vuole favorire iniziative – anche tramite contribuiti europei – che promuovono la montagna e le diverse modalità di fruizione, in tutte le stagioni. Viene consigliato anche di rafforzare lo scambio esperienziale e di “buone pratiche” tra regioni e Paesi frontalieri. Un aspetto importante inoltre è la promozione di misure volte ad adattare l’apertura e la durata della stagione invernale all’effettività disponibilità di neve, soprattutto se la tendenza è quella di stagioni più tardive e brevi. A tal proposito è necessario irrobustire gli attuali sistemi di monitoraggio e previsionali e, per ottimizzare denaro e investimenti, ridurre le lacune conoscitive sui flussi turistici e i bilanci di fatturato dei comprensori sciistici delle aree montane italiane. Infine, viene affrontata la questione dei cambiamenti climatici, auspicando a una verifica dei processi del territorio riguardo i cambiamenti in atto e futuri, al rafforzamento degli attuali sistemi emergenziali di evacuazione veloce, e la riduzione delle incertezze circa i cambiamenti climatici nel settore turistico invernale.

Le buone pratiche suggerite da Nevediversa
Il dossier Nevediversa ogni anno raccoglie un numero di buone pratiche che raccontano di un rapporto con la neve incentrato sulla sostenibilità ambientale e lo sviluppo. Queste si caratterizzano per la capacità di innovare l’offerta turistica in armonia con la valorizzazione dell’ambiente naturale, delle professionalità a largo raggio, del patrimonio storico e architettonico nella sua unicità. Luoghi in cui le comunità in quanto tali assumono un ruolo non secondario e che, se emulati, permetterebbero di prefigurare uno sviluppo montano capace di trarre dal turismo dolce gli elementi necessari per le comunità montane, che rivendicano il diritto al benessere e a posti di lavoro stabili e dignitosi.

Valle Maira (CN)
La Valle Maira è stata una delle valli più colpite dallo spopolamento e dall’abbandono, ma è riuscita a diventare un paradiso perché grande sostenitrice del turismo dolce, con un grande investimento economico e culturale. Di fatto, oltre a itinerari di ski touring e scialpinismo apprezzati anche in Oltralpe, il territorio è famoso per lo sci di fondo, ma non mancano le occasioni per ciaspolare, pattinare o scalare le cascate di ghiaccio. Fondamentale è il ruolo svolto dal Consorzio Turistico Valle Maira, che raduna più di 130 operatori in una valle di circa 2.000 residenti. Il Consorzio si è anche distinto per scelte indirizzate ad attività eco-sostenibili con prese di posizione anche coraggiose, come la contrarietà alla circolazione di fuoristrada, SUV, quad e moto sulle strade bianche in quota, respingendo una proposta della Regione Piemonte. Inoltre, è nata un’altra società consortile, la Val di Lanzo, un esempio di come si possono unire le forze per valorizzare una montagna sostenibile e un sano turismo outdoor coinvolgendo anche tour operator stranieri.

Valle dei Cavalieri (Succiso, RE)
Nel 1991 il paese ha visto chiudere l’ultimo bar, dopo l’ultima bottega. Così, i ragazzi della pro loco si sono rimboccati e maniche e hanno costruito la Cooperativa Valle dei Cavalieri, dal nome della zona geografica in cui si colloca Succiso. Da allora i soci sono diventati 63, con 7 dipendenti fissi, e la realtà ha promosso attività diverse come l’agriturismo e il ristorante, sperimentando nuove offerte turistiche in collaborazione con il Parco Nazionale Appennino Tosco-Emiliano. Ha creato un’azienda agricola, acquistato un pulmino per trasporto alunni e medicinali, e con un importante investimento ha realizzato un impianto fotovoltaico. Nel 2018 la Cooperativa, con il progetto “Comunità e resilienza” contro lo spopolamento, ha ricevuto il secondo premio per “L’eccellenza e l’innovazione nel turismo” dall’Unwto, nella categoria imprese. A Succiso non ci sono impianti, solo territorio, ambiente e tanta voglia di costruire comunità.

Skimofestival, Santa Caterina Valfurva (SO)
A queste aggiungiamo anche la riuscita di Skimofestival, il primo festival dello scialpinismo in Italia tenutosi dal 7 al 10 febbraio a Santa Caterina Valfurva: appoggiandosi alle Stelvio Natural Skimo Trails di Bormio (tracce di skialp già segnate e manutenute dalle istituzioni, aziende e associazioni locali) e al territorio, la fiera è riuscita a dare un’alternativa anche e soprattutto a neofiti e principianti dello scialpinismo. Con il lavoro congiunto di enti, istituzioni, guide alpine, aziende e società degli impianti, si è inoltre riusciti a creare un’offerta valida e diversa dal solito, attirando chi, erroneamente, viene considerato un “attore non pagante” come lo scialpinista e aprendo un’alternativa all’appassionato outdoor.



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