Pace con i palestinesi? La tragica disillusione degli israeliani – Israele.net

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Dalle stragi della seconda intifada fino al 7 ottobre, la feroce persistenza del terrorismo, sostenuto dal diffuso massimalismo palestinese, ha creato un vicolo cieco che toglie ogni speranza

Di Ori Wertman

8 febbraio 2025: Bambini palestinesi in parata con uniformi e armi delle Brigate Izz al-Din al-Qassam (Hamas)

Il massacro del 7 ottobre e il sequestro degli ostaggi deportati a Gaza sono profondamente impressi nella memoria collettiva del pubblico ebraico in Israele.

Mentre il paese è alle prese con le negoziazioni sugli ostaggi e con la possibilità che  i combattimenti contro Hamas, insieme alle perduranti operazioni delle Forze di Difesa israeliane contro i terroristi in Cisgiordania, sotto la superficie si sta verificano uno sviluppo interessante nel modo in cui l’opinione pubblica ebraica in Israele percepisce il conflitto con i palestinesi.

Nei tre decenni trascorsi dall’inizio del processo di Oslo fino a oggi, la società ebraico-israeliana ha subìto una doppia disillusione rispetto ai palestinesi.

L’analisi dei sondaggi d’opinione regolarmente condotti a partire dagli anni ’90 dall’Università di Tel Aviv nell’ambito del Peace Index (“Indice della pace”) illustra chiaramente il cambiamento che la società ebraica in Israele ha subìto in questo arco di tempo.

Il primo drammatico disinganno si verificò nei primi anni Duemila, con lo scoppio della cosiddetta seconda intifada (l’intifada della stragi suicide nelle città israeliane), quando divenne chiaro che il processo di Oslo non aveva portato la pace sperata.

Il rifiuto palestinese al vertice di Camp David (luglio 2000) di accettare le proposte israeliane che promettevano ai palestinesi uno stato su quasi tutte le aree della Cisgiordania e della striscia di Gaza, cui fece seguito lo scoppio della violentissima campagna che i palestinesi lanciarono contro lo stato ebraico, mise la società ebraica in Israele di fronte all’evidenza che la pace non sarebbe arrivata.

Infatti, mentre i sondaggi indicano che prima della seconda intifada la maggior parte degli israeliani sosteneva il processo di Oslo, sebbene avesse opinioni diverse sulla sua effettiva capacità di portare la pace tra i due popoli, con l’ondata delle stragi terroristiche dei primi anni Duemila il processo di Oslo perse il sostegno della maggioranza del pubblico israeliano, che non credeva più che quella formula potesse portare alla pace.

Il proseguimento dei negoziati con l’Autorità Palestinese ha presentato un quadro complesso. Da un lato, l’opinione pubblica ebraica israeliana ha continuato ad esprimersi a favore di un processo diplomatico con l’Autorità Palestinese (mediamente il 60% nel 2001 e il 66% nel 2012).

Dall’altro, la stessa l’opinione pubblica non aveva fiducia che i negoziati avrebbero portato a un accordo di pace (in media il 64% nel 2001 e il 73% nel 2012).

La seconda feroce disillusione è arrivata con il massacro del 7 ottobre 2023, quando al pubblico ebraico in Israele è apparso chiaro che il conflitto con i palestinesi non poteva più essere “gestito” e che non si può permettere loro di creare un’entità terroristica semi-statale a ridosso di Israele.

Dopo la barbara carneficina di Hamas, che ha goduto di un sostegno senza precedenti nella società palestinese, si è verificata un’inversione di tendenza nell’opinione pubblica della società ebraico-israeliana, che – come si è detto – era già scettica circa i negoziati.

Alla fine del 2024, solo il 35% degli ebrei d’Israele si esprimeva a sostegno di un processo diplomatico con l’Autorità Palestinese, contro l’88% che non crede che tali negoziati porteranno a un accordo di pace.

Il 7 ottobre ha inoltre profondamente segnato il modo in cui l’opinione pubblica ebraica in Israele guarda alle soluzioni teoricamente possibili del conflitto.

In questo contesto l’idea dei due stati, che istituirebbe uno stato palestinese accanto a Israele e che in passato godeva del sostegno della maggioranza dell’opinione pubblica ebraica israeliana (il 68% nel 2010 e il 53% nel 2016), non è più un’opzione: alla fine del 2024 la sosteneva solo il 25%.

È importante notare che già prima dell’ottobre 2023 si era registrata una diminuzione del sostegno all’ipotesi dei due stati nell’opinione pubblica israeliana, ma non c’è dubbio che il massacro del 7 ottobre ha fatto precipitare il consenso nella società ebraica alla creazione di uno stato palestinese.

Per quanto riguarda due ulteriori ipotesi di soluzione del conflitto – l’idea di un unico stato bi-nazionale, da una parte, e l’annessione di territori con limitati diritti per i palestinesi dall’altra – a quanto pare l’attacco di Hamas non ha influenzato l’opinione del pubblico ebraico in Israele, che alla fine del 2024 continua a opporsi ampiamente a entrambe queste opzioni: l’83% contrario e il 9% favorevole a uno stato bi-nazionale; il 52% contrario e il 37% favorevole all’annessione.

In conclusione, stando ai sondaggi l’opinione pubblica ebraica in Israele risulta profondamente disillusa circa le prospettive di pace con i palestinesi, ma anche sull’illusione che il conflitto possa essere gestito.

(Da: Israel HaYom, 3.3.25)

La stragrande maggioranza degli ebrei israeliani ha perso la speranza nella possibilità di un accordo di pace con i palestinesi.

E’ quanto emerge da un sondaggio pubblicato nell’Israeli Society Index, del Jewish People Policy Institute, dal quale risulta che l’85% degli ebrei israeliani intervistati ritiene che non vi siano prospettive realistiche per un accordo di pace nel prossimo futuro. Il 70% degli intervistati si dice addirittura “fortemente d’accordo” con questa sensazione.

Suddividendo il dato degli ebrei israeliani per affiliazione politica, il sondaggio registra uno scetticismo sempre più profondo anche tra gli elettori che si definiscano di sinistra, con il 44% che ritiene improbabile un accordo di pace. In tutti gli altri segmenti politici e religiosi, una netta maggioranza ritiene che la pace con i palestinesi non sia raggiungibile.

In questo contesto, crolla il sostegno al fatto stesso di tenere in questo momento negoziati per uno stato palestinese. La quota di ebrei israeliani favorevoli a negoziare ora un accordo di pace con i palestinesi “moderati”, già scesa sei mesi fa al 19%, risulta ora solo dell’11%.

Per quanto riguarda gli insediamenti in Cisgiordania, è salita al 58% la percentuale degli ebrei israeliani che li considera generalmente una risorsa, anziché un onere, per la sicurezza nazionale. Tuttavia, il 35% degli ebrei israeliani intervistati continua a considerare gli insediamenti più un handicap che un vantaggio.

Circa l’idea di incoraggiare l’emigrazione dei palestinesi da Gaza, nell’arco dell’ultimo mese la quota di ebrei israeliani che la reputano realistica è scesa dal 43% al 32%, mentre un altro 32% afferma di essere teoricamente d’accordo ma di dubitare della sua reale fattibilità.

Secondo Shuki Friedman, direttore del Jewish People Policy Institute, i risultati del sondaggio riflettono una crescente convinzione tra gli israeliani che non vi sia nessuna soluzione a breve-medio termine al conflitto israelo-palestinese.
(Da: Jerusalem Post, 11.3.25)

Si veda anche: “Ho perso l’illusione di vedere coi miei occhi la soluzione a due stati”. Rabbino pacifista americano: “I palestinesi stessi hanno strangolato nella culla quella fragile speranza”



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