Effettua la tua ricerca
More results...
Naturalmente l’ex presidente della Toscana non è venuto dalla montagna con la piena, come si suol dire, e non si nasconde che la svolta abbia scatenato reazioni: “La svolta che la prima segretaria donna ha impresso al partito era ovvio che suscitasse reazioni interne, malumori e prese di distanza, soprattutto tra coloro che sono stati protagonisti della fase precedente” scrive, concludendo che “le premesse per una buona politica ci sono. Continuerà a dare frutti se si manterrà la barra dritta”.
Un invito chiaro e tondo a non cedere, sul re-arm Europe, ma non solo. Solo che già ieri, a Strasburgo, l’ex competitor di Elly Schlein per la segreteria del Pd, ed ex presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini non ha mancato di intervenire per dire che sulla risoluzione Von der Leyen, sul Riarmo dei paesi europei, il Pd deve dire SI’, e non NO e neanche NI, cercando di stoppare subito i distinguo e i dubbi della segretaria.
Ancora una volta il Pd non riesce a parlare con voce univoca, e non ha una linea, ma più d’una e pure contrapposte. Come Bonaccini si sono detti favorevoli alla risoluzione Von der Leyen anche Prodi e Gentiloni. E immancabilmente Enrico Letta. Tre ex premier di centro sinistra.
Il gruppo parlamentare del Pd che fa parte della famiglia dei socialisti e democratici (21 deputati) è praticamene diviso a metà tra favorevoli e contrari alla risoluzione. L’ex segretario Zingaretti sta cercando di trovare una sintesi unitaria. Ed è più facile che alla fine penda più verso il sì che verso il no. Con la povera Schlein rimessa in riga. E in un cantuccio.
Letta ha addirittura proposto di creare, per finanziare il piano Re-Arm Europe, un prodotto finanziario ad hoc, accessibile anche ai piccoli risparmiatori e fiscalmente incentivato. In sostanza chi acquisterà titoli delle società che producono armi, avranno sgravi fiscali e rendimenti sicuri (probabilmente però a scapito dei conti pubblici e nel concreto di sanità e previdenza). Un riarmo dunque anche e soprattutto finanziario a tutto vantaggio di chi le armi le produce e le vende. Come farà Elly Schlein a resistere ad uno fuoco di fila di questa portata? Le hammo anche fatto capire che se insisterà nelle crtiche al piano di riarmo, non potrà mai fare il premier, perché in Europa certe cose se le legano al dito.
Tra l’altro in queste ore, in Italia è partita la nuova narrazione interventista a reti unificate. Con in prima linea non solo i giornalisti che in questi tre anni di guerra in Ucrana si sono distinti per le panzane sulla fine ineluttabile della Russia e sulla “vittoria” di Zelensky (a partire da Molinari e Severgnini) ma anche il fior fiore una certa intellighenzia di sinistra, che non ha esitato un attimo a calzare l’elmetto e a lanciarsi in proclami bellicisti, proprio mentre si comincia finalmente a parlare di pace e di colloqui tra le parti in conflitto. Quasi che la pace faccia più paura della guerra.
Intellettuali che ci dicono che spendere 800 miliardi in armamenti non solo è utile e necessario, ma perfino bello e giusto, perché 80 anni di pace in Europa “hanno intorpidito i popoli” e la guerra ogni tanto serve per increspare e rivitalizzare l’acqua stagnante della palude. Lo ha detto per esempio Umberto Galimberti, filosofo e psicanalista che scrive su Repubblica, nella trasmissione “La Torre di Babele” condotta da Corrado Augias, il quale ha chiosato: “E’ terribile quello che dice, sta dicendo cose su cui penso ci sarà un forte dissenso”. Ma il dissenso nessuno lo visto. E’ successa la stessa cosa, qualche giorno prima quando lo scrittore Antonio Scurati, quello del libro su Mussolini da cui è stato tratto anche il film con Marinelli, il quale, sempre su Repubblica, sempre più il giornale della falange armata, notava come “la principale carenza europea” fosse oggi “l’assenza di guerrieri”, auspicando che il Continente ritrovi presto il suo “spirito combattivo”.
Fa impressione sentore Galimberti e Scurati, ma non solo loro (anche Paolo Mieli, anche la fondatrice del festival del Giornalismo di Perugia Arianna Ciccone), parlare oggi, nel 2025 esattamente come D’Annunzio, Filippo Tommaso Marinetti, Ungaretti e il Mussolini ancora socialista nel 1914. Tutti schierati per la guerra come salvifico lavacro di sangue per affermare il progresso, la modernità, la superiorità del nuovo ordine borghese rispetto ai vetusti imperi centrali. Ungaretti, per la verità, poi, qualche anno dopo, quando si ritrovò in trincea, ci ripensò scrivendo la più drammatica e fulminante poesia sulla guerra e sull’assurdità e la ferocia della guerra: “si sta come d’autuno sugli alberi le foglie”.
Di voci dissonanti, fuori dal coro se ne sentono poche. Ci ha provato Marco Travaglio ad “Accordi e disaccordi”, ci ha provato Michele Santoro a “Di martedì” con il soldatino Floris anche lui pronto a rintuzzare ogni distinguo. Ci hanno provato i parlamentari del M5S a Strasburgo, ma la battaglia è impari.
E di fronte a questo “bombardamento mediatico” a favore del riarmo, la gente comune si piega e approva la linea Von der Leyen perchè se si è sotto minaccia l’unica risposta possibile e plausibile è quella di mostrare i muscoli, la forza delle armi come unico elemento di deterrenza. Questo è il mantra. E anche la manifestazione del 15 marzo indetta da Michele Serra, altro intellettuale dell’intellighenzia sinistrorsa abile e arruolato, non esce da questo schema, purtroppo. Ma chi è che minaccia l’Italia e l’Europa? Qualcuno sta forse ammassando truppe ai confini della UE? O magari è il contrario. Due giorni fa il giornalista e analista di geopolitica Dario Fabbri, direttore della rivista Domino da sempre schierato per l’aiuto all’Ucraina, ad Agorà (Rai 3) ha testualmente affermato che “Ursula Von der Leyen, forse non se ne rende conto, ma ormai ogni volta che parla lo fa come se fosse la portavoce della Nato, non della UE, che non sono la stessa cosa”.
M.L.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link