Effettua la tua ricerca
More results...
In Lombardia la maggioranza torna a dividersi sul fine vita. Ieri, parlando in Consiglio regionale il governatore leghista Attilio Fontana ha incalzato il Parlamento affinché si affretti a elaborare una legge quadro di portata nazionale. “Auspico che si attivi, finalmente e nel breve, così da definire dei punti fermi che il contesto impone, a tutela e rispetto dell’umanità e del dolore delle persone”. Un’uscita che non è piaciuta ai Fratelli d’Italia: “Non possiamo sostenere o accettare che ci si organizzi per individuare le procedure per eliminare un malato sofferente”, il commento del consigliere Christian Garavaglia.
Da Forza Italia, invece, c’è chi applaude il presidente per aver rilanciato su una questione che sembrava essersi chiusa a novembre quando un progetto di legge regionale sul fine vita si era arenato davanti alla pregiudiziale di costituzionalità posta proprio da FdI. “Certo che ha fatto bene”, dice ad HuffPost Giulio Gallera, ex assessore alla Sanità e oggi consigliere. “Il Parlamento deve normare questa situazione, una legge nazionale è assolutamente necessaria”, dice chiaro e tondo, anche per evitare che ci sia una migrazione sanitaria da una regione chiusa su questo tema a una che invece è intervenuta con una legge, per esempio la Toscana.
La posizione dell’azzurro non è solo dettata da ragioni ideali personali, ma anche da una valutazione giuridica della questione. “Ho sempre sostenuto che la Corte costituzionale definisce un diritto ad accedere al suicidio medicalmente assistito”. Il riferimento è alla sentenza numero 242 del 2019, al cui articolo 3 comma 5 la Consulta stabilisce che “Le aziende sanitarie regionali forniscono il supporto tecnico e farmacologico nonché l’assistenza medica per la preparazione all’autosomministrazione del farmaco autorizzato presso una struttura ospedaliera, l’hospice o, se richiesto, il proprio domicilio”.
Al pronunciamento del giudice costituzionale non ha fatto seguito una legge nazionale, cosicché ciascuna regione è stata costretta ad andare per la sua strada. In Lombardia esiste un protocollo non ufficiale (nel senso che non è pubblicato da nessuna parte) che prevede che un cittadino possa rivolgersi alla Asst per chiedere di poter accedere a un percorso di fine vita. La Asst ha 90 giorni di tempo per valutare la situazione: se le cure palliative e la terapia del dolore sono state adeguatamente garantite e se sono stati rispettati tutta una serie di altri requisiti, il paziente entrerà a far parte di quei casi in cui chi lo aiuta a compiere il suicidio assistito non è passabile di reato. In sostanza, vuol dire che può accedere al fine vita. In pratica, il protocollo non dice in maniera chiara come questo debba concretizzarsi.
È stata una riflessione su questo procedimento a riaccendere lo scontro tra Fontana e FdI. A fine gennaio, infatti, una donna di 50 anni, da 30 affetta da sclerosi multipla, ha ottenuto l’accesso al fine vita, con il farmaco che è stato prescritto dal suo medico di fiducia e fornito dall’Asst. Per Garavaglia, “la Regione si è spinta troppo in là”. Per il governatore, invece, “il procedimento è avvenuto in un quadro di autotutela della Regione affinché venisse evitata la soccombenza di fronte a un giudice” come accaduto altrove.
Rimane, tuttavia, una sorta di procedura straordinaria, come la parola “autotutela” usata da Fontana sottolinea. È per colmare questo vuoto normativo, spiega Gallera, che serve un intervento dello Stato o, in alternativa, della Regione. “Siccome i tempi nazionali non sono né celeri né certi, ero e rimango favorevole a una legge regionale, anche per evitare che una persona debba attendere mesi e mesi prima di avere una risposta”. La Lombardia ci aveva provato, con l’avallo del presidente Fontana, accogliendo la proposta di legge presentata dall’Associazione Luca Coscioni. A novembre, però, dopo decine di discussioni in commissione Sanità e commissione Affari costituzionali, l’iter si era arenato prima di arrivare al dibattito nell’aula consiliare a causa del trinceramento della maggioranza dietro alla pregiudiziale di costituzionalità posta da FdI: la materia non compete a noi ma allo Stato, era stata la motivazione.
“Forse in Consiglio ci sarebbe stata più possibilità di approvare la legge”, aveva detto allora ad HuffPost lo stesso Gallera. Che ora rilancia, ancora più convinto. “Abbiamo già un testo pronto, che è stato già oggetto di approfondimenti ed emendamenti molto puntuali. Col fatto che gli uffici amministrativi hanno comunque agito dando il via libera a recenti casi di suicidio assistito, penso che se la proposta dovesse tornare in Aula molti colleghi boccerebbero la pregiudiziale di costituzionalità”, sottolinea.
Il dibattito lombardo è ripreso dopo l’intervento di Fontana, che era chiamato a riferire su un caso specifico di suicidio assistito. Non è da escludere, però, che il suo pungolare il Parlamento sia stato dovuto all’arrivo al Senato di una bozza di legge nazionale sul tema. Il testo prevederebbe l’ipotesi di fine vita per una persona in grado di intendere e volere ma affetta da patologia irreversibile che causa sofferenza intollerabile, tenuta in vita solo tramite sostegno vitale e per la quale è stato attivato un percorso di cure palliative, come si legge nel testo che HuffPost ha potuto visionare.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link