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Per 33 volte avrebbe usato la cosiddetta auto blu per fini privati. Il giudice per le indagini preliminari di Palermo ha rinviato a giudizio per peculato e per concorso in truffa aggravata il deputato regionale Gianfranco Miccichè. Con l’Audi della Regione – parcheggiata a casa dell’autista – tra marzo e novembre 2023 avrebbe fatto viaggi privati, sarebbe andato a fare visite mediche, avrebbe dato passaggi nel tragitto Palermo-Cefalù e viceversa a componenti della sua segreteria, a familiari e a persone assunte nello staff politico, ma che in realtà sarebbero state impiegate anche in altre mansioni: dalla pulizia, alla manutenzione della piscina, alla derattizzazione. Secondo l’accusa, l’auto blu sarebbe stata usata anche per portare a Miccichè della cocaina e per fargli recapitare il cibo acquistato al ristorante dell’amico Mario Ferro, lo chef poi indagato per spaccio di droga nell’ambito di una inchiesta che avrebbe svelato che il deputato si sarebbe più volte rivolto a Ferro per acquistare sostanze stupefacenti.
Secondo la procura, l’auto blu avrebbe fatto la spola tra Palermo e Cefalù anche per fare avere a Miccichè medicine e oggetti vari. Su uno dei tanti episodi di presunto abuso da parte di Miccichè – cioè l’aver portato con l’auto blu il suo gatto, Paki, dal veterinario – a maggio scorso il politico aveva detto: «Il gatto stava malissimo, ha 13 anni. Sì è vero, è stato accompagnato in auto blu dal veterinario. Mia figlia mi diceva di portarlo subito a controllo, e onestamente dico che lo rifarei. Se ho commesso forzature nell’uso della vettura, me ne assumo le responsabilità, ma ho fatto tutto in buona fede. Non c’è mai stata da parte mia la consapevolezza di commettere abusi». In una conversazione, intercettata, che Miccichè ha avuto con una sua collaboratrice si sente il politico dire: «Stai tranquilla ché sul peculato, proprio, na puonnu (ce la possono, ndr) sucare altamente».
Il processo al deputato comincerà il 7 luglio. Inoltre il giudice per l’udienza preliminare ha condannato a due anni e due mesi col rito abbreviato Maurizio Messina, dipendente dell’Assemblea regionale siciliana che faceva da autista al parlamentare regionale. Era accusato di truffa sulle indennità di missione e di sottrazione delle somme in sequestro. Messina avrebbe dichiarato missioni di servizio mai fatte che Miccichè poi avrebbe confermato. Una presunta truffa che avrebbe portato nelle tasche di Messina indennità non dovute per 10.736 euro.
«Affronterò il processo con la massima serenità e con la consapevolezza di poter dimostrare la correttezza del mio operato, avendo sempre agito nel pieno rispetto del regolamento previsto dall’Assemblea regionale siciliana», dice sulla vicenda Gianfranco Miccichè. «Non ho mai, nella mia vita, sottratto un solo centesimo in modo indebito e confido che nel corso del giudizio emergerà la verità, restituendo chiarezza e trasparenza alla mia posizione». Il deputato regionale dice che resta «fiducioso nella giustizia e determinato a far valere le mie ragioni con il rispetto e la serietà che ho sempre riservato alle istituzioni. Sono però amareggiato – conclude il politico – da quanto la stampa riporta sul fatto che, secondo il pubblico ministero, avrei arraffato quanto più possibile. Nella mia vita non ho mai arraffato alcunché e su questo pretendo rispetto da parte di tutti».
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