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SOMMARIO: 1. Massima. 2. Il fatto. 3. La decisione. 4. Conclusioni.
Massima
La circostanza che un reato sia ritenuto aggravato ai sensi dell’art. 416-bis 1 c.p., non lo rende solo per questo, legato ad un unico disegno criminoso alla partecipazione all’associazione, perché il medesimo disegno criminoso deve sussistere nel momento di ingresso nell’associazione, o comunque di commissione del primo reato in ordine temporale, laddove la finalità di agevolazione mafiosa può insorgere anche nel momento di commissione del reato – fine.
Il fatto
Con ordinanza del 18 settembre 2024 la Corte di Appello di Napoli ha accolto l’istanza, presentata dal ricorrente, di applicazione della disciplina di continuazione tra i reati oggetto delle sentenze di condanna emesse nei suoi confronti dalla Corte di Assise d’Appello di Napoli nel 2018, per i reati di associazione di stampo mafioso, omicidio tentato, omicidio consumato, traffico di stupefacenti, detenzioni di porto d’armi, estorsione commessi tra gli anni 2000 e 2008 e dalla Corte di appello di Napoli del novembre 2021 per i reati di detenzione e porto d’arma commessi il 03 maggio 2008.
In particolare, nella parte in cui è stata accolta l’istanza, il giudice dell’esecuzione ha rilevato la sussistenza del “medesimo disegno criminoso” tra i reati – fine e il programma dell’associazione criminosa, ove sorretti da una volizione unitaria con l’adesione all’organizzazione criminale.
Di contro, nella parte in cui ha respinto l’istanza, la Corte ha ritenuto non vi fossero elementi che potessero deporre per la programmazione unitaria del reato di omicidio in quanto si trattava di un fatto specifico, avvenuto come reazione ad un altro omicidio precedente, eseguito senza il permesso del vertice dell’organizzazione criminale e, con riferimento ad altri reati associativi, perché commessi nel contesto della partecipazione da parte del condannato ad una diversa associazione criminosa.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per illogicità e contraddittorietà della motivazione nella parte in cui ha riconosciuto la continuazione tra i reati che sono stati commessi a otto anni di distanza dall’ingresso nell’associazione criminosa, mentre non è stato riconosciuto con riferimento all’omicidio consumato pochi mesi dopo l’ingresso del ricorrente nell’associazione criminosa e per il quale era stato riconosciuta l’aggravante dell’agevolazione mafiosa.
Veniva contestato altresì il mancato riconoscimento di una continuità tra le diverse associazioni mafiose con la partecipazione alle quali era intervenuta condanna, dato che un’associazione è nata dalle ceneri dell’altra, e senza considerare la continuità di contesto tra i due sodalizi mafiosi, attesto che il traffico di stupefacenti era tipico ad entrambe le associazioni, così come gli scopi delle medesime.
La difesa eccepiva, come ultimo motivo, la violazione di legge e il vizio di motivazione con riferimento alla quantificazione della pena, essendo stata ritenuta inflitta per tutti i reati giudicati, mentre avrebbe dovuto essere scorporata ed individuata come pena base soltanto quella inflitta per il reato più grave. Non veniva, inoltre, qualificato correttamente l’aumento per il reato satellite.
La decisione
I giudici di legittimità ritengono il ricorso infondato.
Preliminarmente, la Corte precisa i presupposti applicativi dell’istituto della continuazione, confermando l’orientamento già consolidato. Sul punto, infatti, la giurisprudenza di legittimità è costante nel ricondurre la nozione di “medesimo disegno criminoso”, di cui all’articolo. 81, co. 2, c.p., ad una rappresentazione sommaria o a linee essenziali, della commissione di una pluralità di fatti-reato che va distinta da una generica ed astratta deliberazione criminosa, priva di riferimento a specifici dati fattuali (in tal senso, Sez. Un., n. 28659 del 18 maggio 2017; Cass. Pen., Sez. I, n. 12905 del 17 marzo 2010).
La vicinanza temporale, infatti, è uno degli indici da cui si deve desumere l’esistenza di un unico disegno criminoso che, però, è recessivo di fronte alla ritenuta ed argomentata estemporaneità del reato commesso per secondo; la medesima estemporaneità idonea ad escludere la continuazione pur in presenza di indici astratti (il contesto di tempo e luogo, le modalità esecutive, la comunanza di correi, il bene giuridico) della esistenza di una volizione unitaria.
Continua la Corte, la circostanza che un reato sia ritenuto aggravato ai sensi dell’art. 416-bis c.p., non lo rende, per ciò solo legato ad un unico disegno criminoso alla partecipazione all’associazione, perché il medesimo disegno criminoso deve sussistere nel momento di ingresso nell’associazione o, comunque di commissione del primo reato in ordine temporale, laddove la finalità di agevolazione mafiosa può insorgere anche nel momento di commissione del reato- fine.
Diversamente opinando, dovrebbe ritenersi che un reato-fine commesso nell’ambito di una associazione a delinquere debba essere sempre necessariamente sorretto da volizione unitaria con il reato di partecipazione alla stessa associazione, tesi che è stata più volte respinta dalla giurisprudenza di legittimità.
È ipotizzabile la continuazione tra il reato di partecipazione ad associazione mafiosa e i reati-fine a condizione che il giudice verifichi puntualmente che questi ultimi siano stati programmati al momento in cui il partecipe si è determinato a fare ingresso nel sodalizio. (Cass. Pen., Sez. I, n. 23818 del 22 giugno 2020, Cass. Pen., Sez. I, n. 40318 del 4 luglio 2013).
Quanto al rilievo del ricorrente circa la continuità tra le due associazioni mafiose per le quali era stato condannato, la Cassazione conferma l’inesistenza di una volizione unitaria. La nascita di un’associazione criminale dalle ceneri di un’altra presuppone che la prima in ordine di tempo, si dissolva e detto accadimento non può essere previsto e voluto in occasione dell’adesione alla stessa.
La giurisprudenza di legittimità precisa che per individuare la volizione unitaria “non è sufficiente il riferimento alla tipologia del reato ed all’omogeneità delle condotte ma occorre una specifica indagine sulla natura dei vari sodalizi, sulla loro concreta operatività e sulla loro continuità nel tempo, al fine di accertare l’unicità del momento deliberativo e la sua successiva attuazione attraverso la progressiva appartenenza del soggetto ad una pluralità di organizzazioni, comunque denominate, ovvero ad una medesima organizzazione” (Cass. Pen., Sez. V, n. 20900 del 26 aprile 2021).
Pertanto, la deduzione contenuta in ricorso secondo cui gli scopi e il contesto spazio-temporale della seconda associazione siano gli stessi della prima, viene valutata inconferente perché si spende nell’evidenziare modalità di condotta sempre uguali e insufficienti a evidenziare l’unicità del momento deliberativo.
Analoga valutazione di infondatezza investe anche il terzo motivo, dovendosi ritenere correttamente qualificato l’aumento per la continuazione che non può considerarsi sproporzionato, visto che l’aumento di pena derivante dal riconoscimento della continuazione deve essere determinato in concreto in relazione al singolo fatto storico, e non al titolo di reato, e dipende dal valore ponderale che il giudice attribuisce a ciascun reato satellite posto in continuazione (cfr. Sez. Un., n. 47127 del 24 giugno 2021).
Conclusioni
La Suprema Corte reputa il ricorso infondato e, ai sensi dell’art. 616, co. 1, c.p.p., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
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