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Santo Versace è un uomo che ha fatto tanto per Reggio Calabria e per la Calabria intera. Il suo cognome è legato a uno dei brand di moda più famosi al mondo, sinonimo di eleganza e professionalità, una vera e propria icona di stile che dalla punta dello Stivale è riuscita a diventare una stella del firmamento della moda a livello internazionale. L’Università della Calabria ha deciso di omaggiare Santo Versace conferendogli la Laurea Honoris Causa in Ingegneria gestionale.
“Un tributo al mio percorso professionale, ma anche un legame profondo con la mia terra, la Calabria, che tanto ha segnato la mia storia personale e imprenditoriale“, ha definito questo riconoscimento Versace che ha tenuto una splendida Lectio Magistralis davanti ai tantissimi ospiti presenti presso l’aula magna dell’ateneo calabrese parlando della sua storia personale, di quella del fratello Gianni e di un brand diventato iconico.
La morte di Tinuccia e la fine dell’infanzia
“Avevo solo nove anni quando la nostra famiglia fu segnata da una tragedia: la perdita della mia amata sorella maggiore, Tinuccia. La mia infanzia finì quel giorno. Quel giorno diventai adulto. Mi ritrovai improvvisamente a sentirmi responsabile di Gianni, più piccolo di me, e per il quale diventai un punto di riferimento“. La Lectio Magistralis di Santo Versace parte dalle sue radici familiari e da un tremendo lutto che ne segnò subito l’infanzia portandolo brutalmente nel mondo degli adulti.
Il rapporto con i genitori
Santo Versace ebbe un grande rispetto per il padre Nino. “Fu proprio in quella fase della mia vita che iniziai a osservare con maggiore attenzione mio padre, Nino. – spiega – Era un uomo straordinario, capace di affrontare ogni difficoltà con determinazione e dignità. Partito dal nulla, aveva iniziato vendendo carbone, poi era passato al gas, fornendo bombole e cucine a gas, per poi ampliare la sua attività al commercio di elettrodomestici. Non si fermò lì: trattava qualunque elettrodomestico, dalle lavatrici ai frigoriferi, dai ferri da stiro ai piccoli utensili da cucina. Non era solo un commerciante: era un educatore silenzioso. Con gesti semplici ma potenti mi ha insegnato il valore della generosità e della dignità. Non dimenticherò mai quando, di fronte a clienti in difficoltà, preferiva strappare le cambiali piuttosto che metterli in imbarazzo. Per lui, il rispetto per le persone valeva più di qualsiasi guadagno”.
Dalla mamma Franca nacque la passione per la moda del fratello Gianni. “Anche mia madre, Franca, ha lasciato un’impronta indelebile nella mia vita. Era una donna forte, determinata, con una passio- ne sconfinata per il suo lavoro di sarta. Grazie a lei, Gianni si innamorò del mondo della moda. Io, invece, respiravo il mondo della gestione, dei numeri, delle strategie“, spiega l’imprenditore reggino.
Il 1972, l’inizio di tutto
L’anno in cui ‘tutto ebbe inizio’ fu il 1972. Gianni Versace ricevette un’offerta per una collezione di maglieria per Florentine Flowers e lasciò Reggio Calabria per inseguire il suo sogno.
“La Gianni Versace Sas nacque nel 1972 da un’esigenza di ordine e disciplina. La registrazione dei contratti e del marchio fu il primo passo fondamentale, gettando le basi di una struttura solida che garantisse protezione e continuità al lavoro di Gianni. Da buon commercialista, strutturai l’azienda in modo solido e funzionale, coinvolgendo nella compagine sociale l’intera famiglia – racconta Santo Versace – Alla fine del 1976 iniziammo a progettare la prima linea Gianni Versace Donna, con l’obiettivo di creare una collezione che esprimesse pienamente l’identità del marchio, la visione di Gianni e il nostro desiderio di lasciare un segno pro- fondo nel mondo della moda (…)
Puntai su mercati internazionali come Parigi, Tokyo e New York. Nel 1990, con già oltre cento boutique nel mondo, inaugurammo il nostro flagship store a Madison Avenue, New York. Fu un evento straordinario. Tra gli ospiti c’erano star come Sylvester Stallone, Kim Basinger, Tina Turner e Barbra Streisand. Ricordo ancora l’orgoglio di quel giorno: avevamo portato un pezzo di Calabria nel cuore pulsante della città che non dorme mai. Era la dimostrazione che il nostro stile, nato tra il Mediterraneo e Milano, aveva conquistato il mondo. (…)
Uno dei momenti più iconici di quegli anni fu l’abito con spille da balia indossato da Elizabeth Hurley alla première di Quattro matrimoni e un funerale, nel 1994. Convincerla a indossarlo non fu semplice: era un abito audace, dirompente, capace di rompere gli schemi e ridefinire l’idea stessa di sensualità”.
Arte e gestione: il segreto del successo di Versace
L’equilibrio fra genio e gestione è stata la chiave vincente del brand Versace. Da una parte Gianni, l’artista in grado di anticipare e definire le mode, dall’altra Santo, colui che si occupava della parte gestionale-strategica.
“Non c’era mai conflitto tra noi, ma una profonda armonia. Gianni sapeva di potersi concentrare sulla creatività perché io avrei garantito una gestione solida e strategica. (…) All’interno di questa struttura, ho sempre dato grandissima im- portanza alla scelta dei collaboratori. (…) Molti dei miei ragazzi, oggi, ricoprono ruoli di vertice nelle più importanti aziende del mondo. Ecco cosa intendo quando dico che il successo non si costruisce da soli“, racconta l’imprenditore calabrese.
Il 15 luglio 1977: la morte di Gianni Versace
Il 15 luglio del 1997 Gianni Versace fu assassinato a Miami. La notizia fece in fretta il giro del mondo arrivando fino a Roma. “Mi hanno raccontato che, quando mi dissero che Gianni era stato ucciso, la mia risposta fu: “Non è possibile. Gianni è immortale”. Fu un riflesso istintivo, quasi una negazione. – ammette il fratello – Perché Gianni è eterno, nella sua creatività, nel suo genio, nella sua capacità di reinventare la moda. Gianni è ovunque: nei suoi abiti, nei suoi tessuti, nei suoi colori, nel- le sue sfilate che hanno fatto sogna- re il mondo. Ma quel giorno, con quei due colpi di pistola, non è morto solo mio fratello. E morto anche un pezzo della nostra storia, della nostra azienda, del nostro futuro“.
Le difficoltà dopo la morte di Gianni e la cessione
Dopo la morte di Gianni, il brand Versace aveva perso metà della sua anima: il genio creativo. “I giorni successivi furono un vortice di dolore, incredulità e responsabilità Ma non potevo crollare. (…) Il primo grande scoglio fu la gestione della società. Gianni aveva lasciato il 50% delle quote ad Allegra, la figlia di Donatella, che all’epoca aveva solo undici anni. Questo significava che, fino alla sua maggiore età, la gestione dell’azienda sarebbe stata nelle mani di Donatella e in parte mie. Ma la verità è che niente era più come prima. – spiega Santo Versace alla platea – A livello aziendale, il mio ruolo divenne ancora più centrale. Non c’era più Gianni a tracciare la rotta creativa, ma io dovevo comunque garantire che l’azienda Versace fosse capace di resistere e superare la tragedia, senza andare in frantumi sotto il peso dell’incertezza. Presi decisioni difficili, scelte strategiche che riguardavano non solo la gestione interna, ma anche la nostra posizione sul mercato globale. (…)
Gli anni successivi alla morte di Gianni furono i più difficili della mia vita. Nel 2018, dopo anni di resistenza per proteggere l’anima di Versace, arrivò la scelta più dura la vendita al gruppo Capri Holdin gs. La morte di Gianni non ha spezzato solo un legame fraterno e creativo, ma ha interrotto un progetto industriale visionario, che avrebbe potuto cambiare il destino della moda italiana. L’11 luglio 1997, solo quattro giorni prima della tragedia, avevo firmato con Morgan Stanley un accordo per portare Versace in Borsa attraverso una fusione con Gucci. Se l’operazione fosse an- data in porto, sarebbe nato il primo grande polo italiano del lusso, capace di competere con i giganti francesi. (…)”
Francesca e il ritorno della parola “Amore” nel vocabolario
Immancabile un passaggio sul rapporto con la moglie Francesca. “Non credevo più ai sentimenti, ma dopo che l’ho conosciuta le ho scritto: ‘rimetto nel vocabolario la parola amore’. Ha guarito le mie ferite e mi ha ridato la fede.
Con Operation Smile che ho davvero capito quanto si possa cambiare il destino di una persona con un gesto mirato, con un impegno costante. All’inizio ero solo un sostenitore, poi, nel 2007 ho deciso di assumere un ruolo più attivo, diventandone Presidente. Nel 2021, io e Francesca abbiamo creato la Fondazione Santo Versace. (…) Ci occupiamo di reinserimento lavorativo, perché senza un lavoro, senza la possibilità di costruire un futuro, nessuno può davvero rialzarsi. Abbiamo collaborazioni con progetti straordinari, come Made in Carcere.
Fino a un anno fa, sono stato Presidente di Minerva Pictures, una casa di produzione che sta realizzando progetti di altissimo livello. Oggi, continuo a sostenere il valore della narrazione come strumento di cambiamento. Tra le tante produzioni di cui siamo orgogliosi, abbiamo distribuito il film Saint Omer, vincitore del Leone d’argento a Venezia“.
Un nuovo sogno che parte dal Sud
Nella vita arriva un momento in cui ci si chiede: che cosa posso fare per gli altri? Da qui l’impegno di Santo Versace per la propria terra. “Il successo, se non si trasforma in opportunità per gli al- tri, rimane un fatto personale. Ed è per questo che, quando ho conosciuto il progetto guidato da Francesco Cicione, ho capito subito che c’era qualcosa di speciale. Ho intercettato una visione che parlava alla mia storia, ai miei valori, alla mia esperienza. Una determinazione che mi ricordava la nostra, quando con Gianni abbiamo deciso di parti- re dalla Calabria per creare qualcosa di unico.
Dalla nostra terra siamo partiti per portare i nostri valori, la nostra creatività, le nostre competenze in tutto il mondo. Questa è stata la nostra sfida con Versace. Ed è la stessa sfida che oggi Harmonio Innovation Group e il suo ecosistema di imprese, startup e centri di ricerca stanno portando avanti: costruire una “fabbrica” dell’innovazione, radicata culturalmente nel Sud Italia e nel Medi- terraneo ma con un respiro globale, capace di attrarre talenti e investimenti, di generare opportunità per le nuove generazioni”.
Il messaggio finale
“Cari studenti, cari professori, caro rettore, cari amici, oggi sono qui per ricevere un riconoscimento straordinario, ma soprattutto per portarvi la testimonianza di qualcosa in cui credo profondamente: il successo non è mai un’impresa solitaria, ma nasce da una visione che cresce con il supporto della cultura, dei valori e della comunità che ci circonda.
La mia storia lo dimostra. Sono nato e cresciuto a Reggio Calabria, una terra meravigliosa, ricca di tradizioni e di bellezza, ma anche di difficoltà. E da lì che ho iniziato, ed è proprio dalle mie radici che ho tratto la forza di resistere, di innovare, di guardare lontano senza mai dimenticare chi sono e da dove vengo. (…)
Oggi si parla troppo di profitto e troppo poco di merito. Troppo di velocità è troppo poco di qualità. Troppo di arrivare primi e troppo poco di arrivarci con dignità. E allora vi dico: non vendetevi al miglior offerente, non scegliete le scorciatoie. Costruite, ma con etica. Crescete, ma senza calpestare nessuno. Perché il vero successo non è mai egoista, è quello che lascia un segno, che migliora la vita di chi vi sta accanto“, conclude Versace.
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