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Poco per volta si dipana il piccolo giallo che è nato alla risposta del Ministero della Difesa sul destino della palazzina di sua proprietà in via Allende.
Palazzina in disuso da oltre 30 anni, occupata abusivamente per una decina e dal 2019 di nuovo completamente vuota con finestre e porte murate per impedire nuovi ingressi.
Da anni si parla di un passaggio di proprietà dalla Difesa al Comune di Asti per farne case popolari ma poi si scopre che quell’immobile in realtà è stato disponibile solo dal 2010 al 2013. a Quella data il Ministero lo ha tolto dai beni che si potevano cedere con la motivazione “per sopravvenute esigenze di altra Forza Armata”. Ad oggi non è ancora pervenuta la risposta su quale sia questa altra forza armata.
Ad un’altra domanda però la risposta c’è: il Comune di Asti sapeva di questa ritirata disponibilità di via Allende? Visto che negli ultimi 12 anni, ciclicamente tornava in auge quando si parlava di emergenze abitative e case da reperire?
«Da quando è uscita la legge sul federalismo demaniale, il demanio civile ha messo a disposizione alcuni suoi immobili, il Comune ha acquisito alcuni terreni – spiega l’assessore Stefania Morra dopo una ricerca negli archivi degli uffici tecnici – ed era stata chiesta la disponibilità anche della palazzina di via Allende e un’altra a Viatosto che però è attualmente utilizzata dal Crea». Si sapeva che via Allende non era più disponibile? «Sì, si sapeva ma visto che non era presente alcun iter di utilizzo in altro modo, abbiamo sempre continuato a chiedere che venisse nuovamente ricompresa in quel famoso elenco di beni alienabili».
Un iter comunque complicato, perchè prevede una prima alienazione dal demanio militare a quello civile e poi ai destinatari finali. Ma non senza speranza.
«Dal 2013 al 2019 ci sono stati incontri e corrispondenza su questa possibile acquisizione con il demanio civile – prosegue l’assessore Morra – Tanto che a gennaio del 2019 ci venne chiesta una delibera di Consiglio per la richiesta di acquisizione della palazzina. Per contro, il Comune chiedeva però che fosse messa in sicurezza».
Lo sgombero si completò nell’ottobre 2019 con l’ultimo incontro in presenza davanti alla palazzina di rappresentanti del Ministero della Difesa e Comune. C’era ancora una famiglia occupante abusiva e dunque non esistevano le condizioni per perfezionare l’acquisizione. Poi, da allora, si sono interrotte le “trattative”.
«Abbiamo scritto, telefonato, chiesto appuntamenti, sollecitato ma non abbiamo avuto più risposte nè dal demanio militare, nè da quello civile» conclude amaramente Stefania Morra.
Nel 2023, dopo altri tentativi di occupazione, alcuni militari hanno provveduto a murare le finestre e le porte di accesso al piano terra e al primo piano, sono sparite alcune vetture che erano abbandonate da anni nella vasta area verde intorno alla palazzina ma null’altro.
Nel 2019, alla data dello sgombero, gli appartamenti sono apparsi molto mal messi: depredati di tutto, dalle porte interne ai sanitari, ai termosifoni. Quindi la risistemazione della palazzina, chiunque la faccia (se mai qualcuno la farà) dovrà passare per una profonda e completa ristrutturazione. Considerando che, probabilmente, quegli alloggi, dalla loro costruzione, non sono mai stati abitati o lo sono stati per pochi mesi. Questo perchè risulta un “fine lavori” comunicato agli uffici tecnici nel 1989 e nel 1991 la caserma Colli di Felizzano già non era più operativa.
L’ex assessore Vercelli: «La Difesa era entusiasta della nostra richiesta»
Era stato lui, quando ricopriva l’incarico di assessore ai Servizi Sociali del Comune di Asti sotto la Giunta Brignolo, ad avviare le trattative con il Ministero della Difesa per acquisire, a costo zero, la palazzina di via Allende.
Piero Vercelli si era mosso in piena occupazione abusiva, a cavallo fra il 2012 e il 2013, due anni dopo lo “sfondamento” da parte delle sei famiglie in cerca di casa.
«Accompagnato dall’allora onorevole Massimo Fiorio – ricorda Vercelli – andai a Roma a parlare con il demanio militare. Fui accolto da un responsabile che apprezzò particolarmente la proposta del Comune di Asti perchè fu una delle prime ricevute per un riutilizzo sociale di immobili di cui la Difesa voleva disfarsi. Diede la disponibilità a fare il possibile per arrivare al passaggio di proprietà chiedendo una documentazione che venne inviata a stretto giro di posta». A conferma di questo interessamento una lettera del Ministero al Gabinetto del Ministro per valutare il passaggio al Comune per scopi sociali. Il tutto avvenuto ad inizio 2013.
Ma appena otto mesi dopo, ad agosto dello stesso anno, lo stesso Ministero ritirò la disponibilità della palazzina, escludendola dalla lista dei beni da alienare.
«Nel mio passaggio di consegne all’assessore Cotto le parlai anche di quanto fatto fino ad allora per via Allende. Di lì in poi non so cosa abbia fatto il Comune» dice Vercelli che conclude – Noi abbiamo aperto la strada, qualcuno doveva continuare a percorrerla».
Il Coordinamento Asti Est: «Destinata a diventare rifugio temporaneo per i senza casa»
C’è un altro soggetto che su via Allende aveva lavorato e ragionato a lungo. Oltre ad averci contato. E’ il Coordinamento Asti Est che aveva seguito l’occupazione avvenuta nel 2010 fino al completo sgombero degli appartamenti avvenuti nel 2019 per volontà delle famiglie stesse.
«Da allora si sono susseguite interpellanze, richieste del Coordinamento, manifestazioni lì davanti a quella palazzina con gli ingressi murati, in buono stato ma vuota mentre decine di famiglie sono in emergenza abitativa» sottolinea Luisa Rasero ricordando anche quanto Carlo Sottile si fosse battuto affinchè quell’immobile venisse utilizzato a scopi sociali.
«Nessuno ha mai chiesto di regolarizzare le famiglie che avevano occupato ma il Coordinamento aveva chiaro che quei sei alloggi dovevano diventare degli appartamenti “transitori” per le emergenze abitative. Tante parole al vento, a giudicare dalla risposta del Ministero della Difesa in cui si legge che già dall’agosto del 2013 non era più disponibile».
Il Coordinamento si chiede come sia possibile che da 12 anni nessuno fosse al corrente di questo cambio di rotta.
E, soprattutto, Luisa Rasero fa un’altra amara riflessione: «Comunque siano andate le cose fra chi sapeva e chi no, quei sei alloggi vuoti sono uno spreco intollerabile. Uno spazio e un bene pubblico abbandonato che non viene utilizzato per nulla».
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