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Roma è pronta: la trasformzione è in pieno svolgimento e la città ora è “Open to the future”, aperta al futuro, una piazza di nuove opportunità per gli investitori. Non è uno slogan ma una sfida quella lanciata ieri dal sindaco, Roberto Gualtieri dallo stand di Roma Capitale con tanto di esperienza semi-immersiva e vista sul mare di Cannes tra i padiglioni del Mipim, il Marché international des professionnels de l’immobilie, che da ieri ha chiamato a raccolta i principali decision makers del comparto real estate e infrastrutture.
«Progetti di rigenerazione di piazze, strade, parchi, infrastrutture riqualificate e rinnovate presentate qui l’anno scorso sono già diventati realtà. Ma molto c’è ancora da fare», racconta il sindaco a colloquio con il Messaggero. Che significa “Open to the future”? «È il senso della sfida. Quest’anno raddoppiamo: lo stand è il doppio dell’anno scorso, abbiamo una presenza molto maggiore e presentiamo un numero di progetti incardinati in corso di realizzazione, di trasformazione nella città, davvero senza precedenti». Si tratta di «nuove opportunità di rigenerazione urbana per proseguire e rilanciare questa azione di trasformazione». I numeri contano, «sono numeri molto significativi che dimostrano quanto stiamo facendo. Ci sono gli investimenti pubblici, quelli legati al Giubileo e al Pnrr, ma parlo anche del peso dei progetti privati o pubblico-privati di rigenerazione urbana. Sono ormai partiti e sono tantissimi». Qui si gioca la nuova attrattività verso i capitali esteri. «Il punto è proprio qui: ci presentiamo con opportunità ulteriori, forti della credibilità costruita: una struttura amministrativa efficiente, tempi certi, e la capacità, insomma, di avere obiettivi chiari anche rispetto alle ricadute pubbliche degli investimenti che, per noi, sono fondamentali sia dal punto di vista ambientale sia da quello sociale». In gioco non c’è solo il nuovo e la capacità di attrarre investimenti verso ambizioni che guardano al futuro, ma si tratta di poter realizzare e concludere opere o rifar ripartire cose che erano ferme da tantissimi anni».
Insomma, «ci presentiamo come uno delle dei luoghi più interessanti in cui partecipare a progetti pubblico-privati di trasformazione della città». E lo facciamo anche «senza consumo di suolo. Anzi. Riqualifichiamo quello che oggi spesso è un rudere urbano, abbandonato. Imprimiamo un forte impatto trasformativo dal punto di vista della qualità urbanistica, architettonica, ma anche dell’impatto sociale e ambientale, insisto». È un modo anche per mettere agli atti che «stiamo recuperando il tempo perduto rispetto a tante città che si sono già trasformate». Ma attenzione, «in qualche modo vogliamo assumere una funzione di guida, di leadership anche su come ci si può trasformare oggi, interpretando le sfide del nostro tempo». Parla di un modello? «Proprio così».Del resto non c’è opportunità senza un nuovo modello, innovativo e competitivo, anche di semplificazione. «Abbiamo mostrato con i fatti di essere nelle condizioni di avere un rapporto di trasparenza, di efficienza con gli investitori. Ma anche di chiarezza per noi: perché fissiamo l’asticella molto alta su qualità urbanistica, ambientale e sociale degli investimenti». Al tempo stesso però «offriamo tempi certi, non estenuanti, procedure che durano anni». Questo è quello che serve: «tempi certi e obiettivi ambiziosi».
E per il sindaco conta evidentemente anche lo sblocco delle norme tecniche di attuazione del Piano regolatore generale (Prg). «Siamo in dirittura d’arrivo». E queste norme «rappresenteranno un fortissimo volano proprio per una grande operazione di rigenerazione urbana nel segno della sostenibilità». Quindi la chiave è l’asse pubblico privato? «Un pubblico che dice con chiarezza quello che vuole». Nella componente sociale ci sono i servizi pubblici, ma anche gli appartamenti in social housing da mettere nei programmi urbanistici, E c’è grande apertura per chi vuole investire nela nostra città. Davvero gli operatorori percepiscono che a Roma i tempi si sono radicalmente cambiati? «Se si fa una un intervento come quello di Piazza Pia in un anno e mezzo, è così. Non solo. Io ho inaugurato il cantiere grande centro civico, la biblioteca all’Arco di Travertino ed era un intervento giubilare per il giubilato del 2000, concluso nel 2008 e abbandonato un giorno dopo che era concluso. Quindi diciamolo: adesso stiamo mostrando di essere più rapidi sia dal punto di vista degli investimenti pubblici, sia dal punto di vista ovviamente del di quelli privati che trovano risposte chiare. Quando è sì è sì, quando è no e no. Questo si può fare, questo non si può fare». Deve essere chiaro. E siamo fiduciosi che anche questa presenza al MIPIM ci porterà a obiettivi ancora più ambiziosi». Dopo la spinta all’hotellerie? «Il residenziale, i servizi e la logistica. Poi l’industriale e la sfida dei data center».
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