Pd Calabria, ecco perché il congresso a sorpresa in vista delle regionali è una bocciatura della classe dirigente dem

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Gli ultimi risultati elettorali non sono certo esaltanti e anche per le imminenti amministrative il partito non sembra capace di incidere. Ma il problema maggiore sembrano essere le federazioni provinciali, a partire da quella di Cosenza

Un congresso a sorpresa quello del Pd calabrese. La convocazione degli iscritti dem anticipata di un anno rispetto la scadenza naturale ha lasciato spiazzati iscritti e addetti ai lavori. Non così il gruppo dirigente del partito che ha dichiarato che la mossa ha come unico scopo quello di garantire l’elezione di un segretario regionale e una segreteria che abbia un orizzonte temporale più ampio davanti a sè e quindi possa svolgere con assoluta tranquillità le delicate trattative per l’individuazione del candidato del centrosinistra per le regionali prossime.

Lo stesso segretario regionale, Nicola Irto, ha commentato positivamente la decisione sostenendo che «ciò consentirà al Partito di aumentare la partecipazione democratica e di organizzarsi in maniera ancora più forte, anche in vista dei futuri impegni elettorali, guardando alla costruzione dell’alternativa alle destre». Il segretario regionale che parla della necessità di rafforzare il partito è un po’ surreale come quando Elly Schlein, a proposito del piano di investimenti militari europei, dice: «Difesa comune sì, riarmo no» e poi porta il partito in piazza il 15 marzo “per l’Europa” ma sostanzialmente contro la Commissione europea.

Ma Irto non è da solo in questa specie di autocritica. Basta leggere le dichiarazioni di Giuseppe Peta, responsabile organizzazione del Partito Democratico della Calabria. Nella foga di spiegare che la convocazione dei congressi non è una bocciatura dell’attuale classe dirigente dice che «finalmente anche in Calabria, nel Partito Democratico tornano ad essere normalità il rispetto delle regole e la dignità degli iscritti». Cosa ha voluto dire Peta? Che durante la gestione Irto regole e dignità non sono state garantite? Oppure voleva fare riferimento ai vani tentativi di Mario Franchino, all’ultimo congresso, di avere l’anagrafe degli iscritti per contendere al senatore reggino la carica di segretario regionale? Questa volta ci dobbiamo aspettare una competizione vera nel partito o, come queste dichiarazioni lasciano trapelare, l’attuale gruppo dirigente è sicuro di una riconferma e quindi la fase congressuale è stata già decisa a tavolino?

Ovviamente tutto questo lo vedremo. Intanto limitiamoci ad analizzare quello che abbiamo visto in questa stagione in cui la parola più utilizzata era rinnovamento. Questo obiettivamente c’è stato nell’età media dei segretari provinciali e con diversi volti nuovi che compongono la direzione regionale. Sul resto, però, si registrano diversi passi indietro.

Partiamo dall’ultima competizione elettorale ovvero le Europee, qui il partito ha preso dieci punti in meno rispetto alla media nazionale e il segretario Irto è stato molto critico sulla gestione della fase elettorale da parte dei territori con alcune federazioni, il riferimento in particolare era a Cosenza, rimaste chiuse per tutto il periodo di campagna elettorale. Chi cercava una fac-simile della scheda doveva andarlo a prendere direttamente a casa dei candidati.

Restando sui territori gli altri dati elettorali non sono certo esaltanti. A Crotone alle ultime comunali non si sono presentate né liste né candidati. Stessa cosa recentemente a Gioia Tauro, che è il centro più popoloso della provincia reggina dopo il capoluogo. In città importanti come Corigliano Rossano il partito ha racimolato appena il 3%. Il 6 invece è stata la percentuale di Catanzaro che ora costringe il sindaco Nicola Fiorita alla difficile impresa di governare con l’anatra zoppa. Freschissima è poi la notizia delle dimissioni del segretario cittadino Antonio Calogero arrivate a ciel sereno e senza un’articolata spiegazione politica. C’è, anche qui, chi tira in ballo i soliti giochi di corrente.

In altri comuni più piccoli il Pd è retrocesso con la scomparsa e la chiusura dei circoli. Molti segretari si sono dimessi, alcuni sono addirittura passati a Forza Italia o alla Lega (ad esempio Rocco Albanese, già assessore con Falcomatà). In altri centri la debolezza della presenza del partito ha portato ad alchimie improbabili con il centrodestra. Ad esempio a Paola, Cetraro, Scalea. Tutte esperienze nate male e finite peggio.

Il punto quindi non sembra essere tanto il segretario regionale, quanto la guida delle Federazioni provinciali. La più contestata è quella cosentina per i motivi che abbiamo appena descritto. Col partito lacerato da mille correnti, il segretario provinciale Vittorio Pecoraro, per quanto impegno possa metterci non riesce proprio ad incidere. Basti pensare che nella città capoluogo solo dopo un anno e mezzo il sindaco Franz Caruso ha sostituito la vicesindaco dimissionaria, Maria Pia Funaro, con la presidente del partito cosentino Maria Locanto. In prospettiva non si intravede niente di buono.

A Rende è calma piatta, ma il Pd non è certo in grado di dettare l’agenda politica visto che c’è il rischio concreto che non si farà la lista. È di qualche giorno fa una nota di Democratici per la Calabria dove si legge che «nella prossima primavera si voterà nella nostra provincia in cinque comuni (Rende, Cassano allo Ionio, Scalea, Cetraro e Paola) comuni importanti ed ad oggi non abbiamo contezza di una discussione nel partito ufficiale, non quello dei caminetti, per una linea di condotta che sappia dare alle comunità interessate indicazioni politiche. Avevamo già denunciato tempo fa una situazione di logorante stagnazione nel partito ed oggi ancora verifichiamo che la segreteria provinciale non coordina i temi ed i tempi di un’azione politica che deve essere univoca su tutto il territorio».

Su Lamezia Terme la decisione di candidare Doris Lo Moro è arrivata quasi d’imperio, contro la volontà di una parte del partito, soprattutto quella più giovane, di poter avere una chance. A Reggio Calabria la maggioranza che guida la città metropolitana è abbastanza vivace per usare un eufemismo.

In tutto questo è quasi pleonastico parlare dell’opposizione in consiglio regionale che al di là di qualche comunicato stampa non riesce ad andare. Certo in nessuna stagione politica, al di là di chi governava, l’opposizione è riuscita ad emergere. Il centrosinistra, in particolare, ad ogni elezione regionale deve ricorrere ai casting per individuare il candidato. Questo significa che nessuno in consiglio regionale riesce a ritagliarsi un ruolo da leader e candidato naturale. Vedremo cosa succederà questa volta.

La segretaria Schlein a Mormanno aveva detto fate presto e fate in fretta ad individuare il candidato. Poi ha deciso di convocare i congressi per luglio che allungheranno necessariamente i tempi delle trattative e rischiano di creare nuove lacerazioni nel partito.



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