Parla il giurista ed esperto di rapporti Stato-Chiesa, Matteo Cantori

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“L’idea del libro è nata dal confronto con Thomas Mancin, con cui condivido la passione per la storia delle istituzioni e delle relazioni tra potere politico e religioso – spiega a In Terris il professor Matteo Cantori, giornalista pubblicista, legale e docente universitario10-.Abbiamo voluto analizzare non solo i conflitti giuridici e territoriali, ma anche il modo in cui la diplomazia, l’economia e la dottrina politica dell’epoca influenzavano la gestione di una risorsa così strategica. Attraverso un’attenta lettura delle fonti, abbiamo ricostruito episodi cruciali che testimoniano come l’equilibrio tra Stato e Chiesa non fosse mai statico, ma sempre oggetto di ridefinizione e compromesso.
Foto © VaticanMedia

Intervista a Matteo Cantori

Professor Cantori, come nasce “Il Leone e la tiara” il suo ultimo libro scritto a quattro mani con il dottor Thomas Mancin?

“‘Il leone e la tiara’ nasce dall’esigenza di approfondire un capitolo cruciale della storia italiana, spesso relegato a studi specialistici, ma che in realtà ha avuto un impatto significativo sulle dinamiche politiche ed economiche dell’epoca. Il libro si concentra sul rapporto tra la Repubblica Serenissima di Venezia e lo Stato Pontificio, con un’attenzione particolare alla questione del fiume Po, un elemento geografico che fungeva sia da linea di confine sia da snodo strategico per i commerci e le comunicazioni. Questo fiume non era solo un bene naturale, ma un vero e proprio terreno di confronto tra due poteri che, pur avendo interessi differenti, si trovavano spesso a dover dialogare, negoziare e, talvolta, scontrarsi”.

Quanto conta la fede nell’identità di un popolo?
“La fede è un elemento fondante dell’identità collettiva di un popolo. Non si tratta soltanto di un sistema di credenze individuali, ma di un tessuto culturale che influenza la lingua, le tradizioni, l’arte, il diritto e persino le istituzioni politiche. Nel corso della storia, le grandi civiltà hanno sviluppato la propria identità anche attraverso il rapporto con la dimensione religiosa: la fede ha fornito simboli, valori e narrazioni capaci di unire le persone, dando loro una visione condivisa del mondo e della loro collocazione in esso. Anche nelle società contemporanee, apparentemente più secolarizzate, la religione continua a esercitare un’influenza profonda, spesso in modi meno espliciti ma non per questo meno incisivi. Pensiamo al calendario civile, alle festività, alle norme giuridiche che ancora oggi risentono di principi etici di matrice religiosa. La questione dell’identità diventa ancora più evidente nei momenti di crisi, quando i popoli si trovano a dover ridefinire i propri riferimenti culturali e valoriali. Per questo, comprendere il ruolo della fede nella storia di un popolo significa anche capire le sue radici, la sua evoluzione e la sua proiezione nel futuro”.

In che modo trono e altare possono collaborare?

“Il rapporto tra trono e altare, ossia tra potere politico e potere religioso, è stato una costante della storia, e la sua natura ha variato a seconda dei contesti e delle epoche. Se guardiamo alla storia europea, vediamo periodi in cui i due poteri hanno collaborato in modo sinergico, sostenendosi a vicenda nella costruzione di un ordine sociale stabile, e altri in cui sono entrati in conflitto, generando crisi politiche e guerre di religione. La collaborazione tra politica e religione è possibile quando esiste un equilibrio che rispetti le specificità di entrambi i poteri. Il potere politico deve garantire libertà religiosa senza cercare di strumentalizzarla, mentre il potere religioso deve mantenere la propria funzione morale ed etica senza imporsi sulle decisioni di governo. Storicamente, i momenti di maggiore stabilità si sono avuti quando trono e altare hanno saputo trovare un punto d’incontro, evitando sia la teocrazia sia un laicismo esasperato che escludesse la religione dal discorso pubblico”.

Il Papa alla curia romana per gli auguri di Natale. Foto: Vatican Media/SIR

Può farci un esempio?
“Un esempio emblematico è proprio quello della Repubblica di Venezia, che per secoli ha cercato di mantenere una posizione autonoma rispetto al papato, difendendo i propri interessi economici e territoriali, ma senza mai rompere del tutto il legame con la Chiesa. Questo equilibrio delicato tra esigenze politiche e fedeltà religiosa è ciò che ha permesso a Venezia di prosperare e di giocare un ruolo cruciale nella politica europea per secoli”.

Come è nata la sua passione per i rapporti tra religione e Stato?
“La mia passione per il rapporto tra religione e Stato è nata dallo studio della storia e della filosofia politica. Fin dai miei primi studi, mi ha affascinato il modo in cui questi due poteri, apparentemente distinti, si siano sempre influenzati a vicenda, determinando il corso degli eventi storici. Ciò che ha reso ancora più interessante il lavoro su questo libro è stata la possibilità di accedere a fonti di prima mano, documenti d’archivio che ci hanno permesso di ricostruire aspetti poco noti di questo confronto tra Stato Pontificio e Serenissima. Non ci siamo limitati a un’analisi teorica o a un racconto basato su interpretazioni secondarie, ma abbiamo lavorato direttamente su materiali originali, spesso poco esplorati, che ci hanno restituito un quadro vivido e dettagliato delle dinamiche dell’epoca. Il confronto tra Venezia e il papato è un esempio perfetto di come il confine tra potere spirituale e potere temporale sia stato sempre sfumato e in continua ridefinizione. Le controversie sul controllo del fiume Po, per esempio, non erano solo dispute territoriali, ma implicavano una visione del mondo, del diritto e della sovranità che rifletteva il più ampio dibattito sull’autorità politica e religiosa in Europa. Studiare questi temi significa non solo comprendere il passato, ma anche acquisire strumenti utili per interpretare le tensioni e le sfide del presente”.



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