Le malattie del noce – Difesa e diserbo

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La coltivazione del noce sta attraversando una fase di trasformazione. Da un lato c’è l’aumento delle superfici dedicate a questa coltura (soprattutto in biologico), dall’altro i produttori si trovano ad affrontare difficoltà legate soprattutto alla gestione delle avversità e alle condizioni climatiche avverse.

Questa la tematica approfondita durante il convegno organizzato dalla Regione Emilia Romagna, che si è tenuto il 7 marzo 2025, interamente dedicato alla coltura del noce. Si è parlato anche della revoca del mancozeb da parte della Commissione Europea: un principio attivo utilizzato nella gestione della batteriosi (Xanthomonas campestris pv. juglandis) e contro l’antracnosi (Gnomonia leptostyla e Marssonina juglandis). Alla sua eliminazione si aggiunge anche le restrizione all’uso del rame (28 chili per ettaro in 7 anni), un limite difficile da gestire viste le dimensioni dell’albero del noce e la necessità di effettuare frequenti trattamenti nel corso della stagione produttiva.

 

I principali fitofagi del noce

Sono compresi sia insetti carpofagi (che si nutrono del frutto) quali la carpocapsa, la tignola delle carrube e la mosca Rhagoletis completa; insetti alieni come la cimice asiatica e la falena asiatica; e insetti emergenti tra cui sia cocciniglie (Pseudaulacaspis pentagona, Parthenolecanium spp., Mytilococcus ulmi) che acari eriofidi (Eriophyes erineus, Eriophyes tristriatus).

Carpocapsa (Cydia pomonella)

La carpocapsa è un lepidottero tortricide che in Emilia Romagna compie fino a 3 generazioni l’anno. Sverna come larva matura nella corteccia o nel suolo; il primo volo degli adulti inizia a metà aprile e prosegue fino alla metà di giugno. Dalle uova deposte in prossimità dei frutti nascono le larve che penetrano nei frutti nutrendosi dei cotiledoni embrionali (gheriglio) fino a raggiungere dopo 4 mute lo stadio di larva matura, che esce dal frutto per imbozzolarsi al suolo.

 

I frutti del noce sono particolarmente vulnerabili fino alla fine di luglio e l’inizio agosto, quando la lignificazione dell’endocarpo e del picciolo non è ancora completa.

Alcune criticità nel controllo:

  • l’aumento delle temperature primaverili sta anticipando il periodo di volo alla prima decade di aprile;
  • il monitoraggio degli adulti attraverso le trappole a feromoni non è sempre preciso (per numero, geolocalizzazione e altezza);
  • progressiva riduzione degli insetticidi disponibili: thiacloprid e fosmet sono stati revocati rispettivamente nel 2020 e nel 2022, mentre l’emamectina benzoato è candidato alla sostituzione e del granulovirus CpGV ci sono pochi ceppi disponibili. Infine, acetamiprid è stato concesso per l’uso emergenziale nel periodo 2021-2024, ma non nel 2025. La poca disponibilità di meccanismi d’azione differenti aumenta anche il rischio di resistenza.

Il metodo di controllo più efficace al momento è la confusione sessuale, fondamentale per ridurre gli accoppiamenti e contenere le popolazioni. Si sta testando anche l’utilizzo di nematodi entomopatogeni come Steinernema e Heterorhabditis in post raccolta che possono ridurre le larve svernanti fino all’80%.

Tignola della carrube (Ectomyelois ceratoniae)

Si tratta di un fitofago cosmopolita e altamente polifago: attacca oltre 40 piante ospiti. Se in fase vegetativa i danni sono limitati, il vero problema si manifesta nel post raccolta, quando le larve si sviluppano all’interno dei frutti conservati, compromettendo la qualità delle noci.

Nel 2022 in Emilia Romagna è stato avviato un monitoraggio in 7 noceti distribuiti tra le province di Ferrara, Ravenna, Forlì Cesena e Bologna. I risultati hanno confermato la presenza dell’insetto, con picchi di catture tra fine settembre e inizio ottobre.

Al momento sono disponibili trappole a feromoni per il monitoraggio della specie ma non ci sono fitofarmaci autorizzati contro la tignola della carruba. Prove sperimentali indicano che alcune sostanze attive autorizzate verso Cydia pomonella sono efficaci anche verso Ectomyelois: clorantranilprole e emamectina benzoato hanno un effetto sia sulle uova che sulle larve e spinosad solo sulle uova.

 

Mosca del noce (Rhagoletis completa)

È un dittero che colpisce il mallo delle noci, con una sola generazione annua. Sverna nel suolo come pupa alla profondità di 2-15 centimetri; gli adulti emergono tra fine giugno e inizio luglio, continuando a volare fino a settembre. Le femmine depongono le uova nel mallo e le larve, una volta mature, cadono al suolo dove si approfondiscono e si impupano, preparandosi per svernare fino l’anno successivo.

Anche in questo caso alcune criticità sul controllo: innanzitutto non esistono insetticidi autorizzati specificamente contro la mosca del noce; non sono disponibili sistemi attract and kill ed esche insetticide.

Si potrebbero utilizzare nematodi entomopatogeni, come Heterorabditis e Steinernema, applicandoli al suolo in post raccolta per contenere le pupe svernanti, o prodotti naturali a base di caolino e polveri di roccia che possono ostacolare la deposizione delle uova.

Cimice asiatica (Halyomorpha halys)

Ormai lo conosciamo benissimo: questo insetto introdotto dal continente asiatico compie in Italia 2 generazioni all’anno; gli adulti emergono dall’inverno tra marzo e aprile, con le prime ovideposizioni a maggio. L’infestazione dei noceti può causare cascola anticipata e danni qualitativi ai frutti (suberificazioni del mallo e anomalie del gheriglio), soprattutto quando l’attacco avviene precocemente.

Per fortuna, lì dove sembrano esserci colture pù attrattive per l’insetto (pomacee, drupacee, actinidia) i danni sono abbastanza limitati. Inoltre sta aumentando la diffusione del parassitoide Trissolcus japonicus grazie ai lanci inoculativi realizzati dal 2020 al 2023. Infine, funzionano da deterrente nei confronti della cimice i trattamenti che si fanno nei noceti a base di polveri di roccia per gestire l’irraggiamento solare.

Falena asiatica del noce (Garella musculana)

Si tratta di una specie aliena originaria dell’Asia centrale,  che si è diffusa in Veneto e recentemente in Emilia Romagna. Sverna come crisalide nelle fessure del tronco e può avere da 1 a 3 generazioni annue. Le larve scavano gallerie nei germogli, compromettendo la crescita delle giovani piante. Nei casi più gravi, possono attaccare anche i frutti, danneggiando il gheriglio.

Al momento non esistono trappole specifiche per la cattura degli adulti.

 

Cocciniglie ed eriofidi

Negli ultimi anni, alcune specie di cocciniglie e acari eriofidi stanno emergendo come problematiche nel noce:

  • tra le cocciniglie ci sono le specie Pseudaulacaspis pentagona, Parthenolecanium spp., Mytilococcus ulmi;
  • tra gli eriofidi  ci sono Eriophyes erineus ed Eriophyes tristriatus;

Al momento i principali strumenti disponibili per la difesa sono gli oli minerali che valgono per entrambi i tipi di fitofagi e i sali potassici di acidi grassi nel caso delle cocciniglie. L’auspicio è che in futuro siano disponibili formulati a base di zolfo, che hanno mostrato efficacia sugli eriofidi.

Malattie fungine e batteriche del noce

Per il povero noce non è finita qui. Oltre ai fitofagi, ci sono anche funghi e batteri che possono compromettere la produttività e la qualità del raccolto. Queste avversità possono colpire sia la parte epigea (foglie, frutti e rami) e sono il cancro batterico, la necrosi apicale bruna, l’antracnosi e la sindrome da noce nero; sia quella ipogea (colletto e radici) e sono il cancro batterico e la necrosi del colletto; fino a manifestarsi anche nella fase post raccolta con la produzione di micotossine e sono il Penicillium spp.; l’Aspergillum spp. e l’Alternaria spp..

Maculatura batterica (Xanthomonas arboricola pv. juglandis)

Si tratta di una delle principali malattie del noce, capace di infettare foglie e frutti in tutte le fasi fenologiche; più è precoce l’infezione, più è difficile contenerla.

Il batterio sverna nei cancri sui rami o nelle gemme infette e, con l’aumento delle temperature e l’arrivo delle piogge primaverili, riprende la sua attività, dando origine a nuove infezioni.

È un batterio difficile da controllare perché tutte le varietà di noce sono suscettibili ma Juglans regia è la più vulnerabile. In assenza del mancozeb sono consigliati applicazioni di sali di rame in pre fioritura, soprattutto in previsione di piogge. Si potrebbe utilizzare anche il Bacillus subtilis.

Necrosi apicale bruna (Nab)

Si manifesta con macchie necrotiche bruno nerastre sull’apice stigmatico, evolvendo in necrosi interne che compromettono il gheriglio. La lesione necrotica può comparire già dalla fase fenologica di fine fioritura; la massima espressione dei sintomi si osserva a partire dalla prima decade di luglio.

 

È causata principalmente da Fusarium spp. (ad esempio F. graminearum e F. semitectum), spesso in associazione con Alternaria alternata complex, Colletotrichum spp. e Phomopsis spp..

 

La malattia è più aggressiva nelle fasi di fioritura e post fioritura, quando gli stigmi sono ancora turgidi. I frutti rimangono recettivi alla malattia fino alla chiusura del canale stilare anche se la suscettibilità diminuisce con la stagione e l’ingrossamento del frutto.

Sindrome da noce nero (Colletotrichum spp.)

È la “new entry” tra le malattie fungine; segnalata per la prima volta in Francia nel 2011, è stata identificata in Emilia Romagna tra il 2023 e il 2024.

Si manifesta a partire da fine luglio e inizio agosto con sintomi inizialmente poco evidenti. Le piogge abbondanti favoriscono la diffusione delle spore.

Colpisce principalmente il mallo e può essere associata ad altri funghi oltre a Colletotrichum come Fusarium spp. e Botryosphaeria spp..

 

Antracnosi (Ophiognomonia leptostyla – Marssonina juglandis)

Patologia che attacca le foglie, il mallo dei giovani frutti e i rami. Sulle foglie inizialmente causa macchie bruno scure con alone clorotico che tendono a seccarsi e lacerarsi e cadono anticipatamente. Sui rami si formano macchie bruno scure allungate, che in seguito si evolvono in veri e propri cancri, mentre sui frutti si producono macchie brune rotondeggianti, che si sviluppano in profondità. La malattia si manifesta nel periodo primaverile ed estivo, a partire dal mese di maggio.

Moria del noce (Phytophthora spp.)

Più del 20% dei noceti piantati dagli anni ’90 in Veneto sono stati estirpati a causa di questa malattia. Questa patologia è causata da diverse specie di Phytophthora, con P. cinnamomi come agente più frequente. Causa clorosi fogliare, riduzione delle dimensioni di foglie e frutti e filloptosi; necrosi su corteccia e legno e marciumi radicali.

 

Ad avvantaggiare questi funghi i ristagni idrici che possono essere causati o da fenomeni climatici naturali (come le alluvioni) o da sovra irrigazione e inefficienza del drenaggio.

 

In caso di danni alla raccolta bisogna quanto prima cercare di ripristinare il tappeto erboso; inoltre, va fatta manutenzione dell’impianto di irrigazione e la programmazione di una giusta irrigazione a seconda delle necessità della pianta.

È in fase di studio la produzione di portainnesti tolleranti a Phytophthora cinnamomi.

 

Disseccamento rameale del noce (Geosmithia morbida)

In questo caso parliamo di un patogeno da quarantena trasmesso dal coleottero Pityophthorus juglandis. Identificato per la prima volta in Emilia Romagna nel 2019, è particolarmente dannoso per le varietà di noce Juglans nigra e Juglans regia.

Il coleottero vettore scava gallerie nel legno, diffondendo il fungo patogeno. Le piante colpite mostrano disseccamenti progressivi dei rami.

Micotossine in post raccolta

Dopo la raccolta, il rischio di contaminazione da micotossine diventa un problema critico, con specie fungine come Aspergillus spp., Penicillium spp. e Alternaria spp..

Umidità elevata e presenza di acqua libera sulle noci stoccate favoriscono la crescita fungina. Al contrario, la tengono a bada temperature inferiori ai 10 °C.



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