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Sgambetti, veleni, faide. Fratelli d’Italia in Sicilia è una polveriera. Inevitabile è maturata la rottura che ha portato al passo indietro di Manlio Messina da vice capogruppo alla Camera. Fino alle voci su una fuoriuscita dal partito e dal gruppo a Montecitorio, derubricato a provocazione.
In ogni caso è il segnale dell’appannamento della sua stella nel partito. Per questo i vertici nazionali, con la decisione delle sorelle Meloni e la regia di Giovanni Donzelli, responsabile organizzazione di FdI, hanno deciso di darci un taglio con l’azzeramento dei dirigenti e il conseguente siluramento dei due coordinatori Giampiero Cannella, in Sicilia occidentale, e Salvo Pogliese, Sicilia orientale. La diarchia è finita. E dall’isola arriva una fotografia degli affanni dei meloniani sui territori, non più un soggetto-monolite ma una forza attraversata da scontri e ripicche che si fanno sentire fino a Roma.
Un romano in Sicilia
La decisione è stato quello di inviare in Sicilia il deputato Luca Sbardella nelle vesti di commissario, che da romano non è certo avvezzo alla frequentazione dell’isola, gradito all’area del presidente del Senato, Ignazio La Russa, e vicino a Donzelli che ha sempre avuto un rapporto conflittuale con Messina.
Fonti interne ricordano che il coordinatore di FdI avrebbe voluto candidare il deputato a sindaco di Catania. Un’idea che non ha trovato seguito.
Ora la parola chiave è repulisti. Di motivi ce ne sono in abbondanza. Il partito in Sicilia ribolle.
Lo scenario è quello di guerriglia tra bande, un tutti contro tutti. Si racconta che Carlo Auteri, autosospeso dal gruppo di FdI (dopo gli scandali sul finanziamento alle associazioni culturali) ma che è tuttora in consiglio, abbia tramato contro Luca Cannata, ex sindaco di Avola (Siracusa) e attuale deputato, coinvolto nello scandalo sui presunti versamenti fatti da assessori direttamente a lui per finanziare il partito, come raccontato dal quotidiano La Sicilia negli articoli firmati da Mario Barresi e Luisa Santangelo.
Cannata ha respinto le accuse, promettendo chiarezza. Intanto la nomina a coordinatore è saltata a favore del commissario. E sono tanti i sospetti, malcelato, di fuoco amico nel partito.
Una voce che sembra tirare in ballo Auteri, uomo di fiducia di Messina, che a sua volta avrebbe confidato di aver individuato in Cannata la “talpa” del “sistema-Auteri” sui finanziamenti alle associazioni. Dicerie che sono le scorie di una crisi strisciante.
Proprio Messina, ex golden boy di FdI, è la figura che esce più indebolita. Formalmente non ha avuto ruoli in Sicilia, ma ha sempre vantato un peso specifico notevole. È stato il raccordo tra il partito regionale e quello nazionale. Quando c’era un problema si prendeva il telefono per chiamare l’ormai ex capogruppo a Montecitorio, spesso bypassando i coordinatori Cannella e Pogliese.
Ascesa e declino
Il potere nelle sue mani è cresciuto velocemente. Da assessore al Turismo ha gestito un apparato considerato importante dentro Fratelli d’Italia, che proprio sul turismo punta nelle varie amministrazioni regionali.
In quella casella Messina aveva potuto portare al proprio fianco, nelle vesti di consulente, un altro peso massimo di FdI, Gianluca Caramanna, l’uomo del turismo di Meloni.
Ma da quella postazione ha iniziato pure a inanellare scivoloni. Uno di questi, svelati da Domani, riguarda l’idea di un finanziamento di 6 milioni di euro per promuovere l’immagine della regione durante il Festival di Cannes con lo scopo di attrarre set e registi nell’isola. I soldi sono finiti alla società lussemburghese, Absolute Blue s.a. Il progetto di Messina è stato portato avanti dal successore all’assessorato al Turismo, Francesco Scarpinato.
Messina era infatti approdato alla Camera, indicato come uno dei volti più in ascesa dentro FdI tanto da prendersi velocemente il ruolo di vicecapogruppo, nonostante la prima esperienza in parlamento. A lungo è stato il punto di riferimento di Francesco Lollobrigida.
Dopo la separazione del ministro dell’Agricoltura con Arianna Meloni. Messina ha cercato, con successo, un riposizionamento nella geografia interna del partito, sfruttando la stima della presidente del Consiglio nei suoi confronti. Il sistema di potere siciliano, però, ha creato più di qualche problema negli ultimi mesi come raccontato da Domani nelle inchieste sui finanziamenti di Auteri.
È noto il battibecco tra Donzelli e Messina dopo che questo giornale aveva svelato il giro di fondi pubblici regionali della cultura incassati da associazioni vicine alla famiglia di Auteri. Messina avrebbe voluto un maggiore sostegno al suo fedelissimo. I due, del resto, hanno condiviso da sempre l’interesse per il mondo culturale. Dalla Sicilia c’è stato lo sbarco a Roma con il controllo del teatro Quirino nella capitale, in cui Auteri è stato a lungo consigliere.
Dopo il passo indietro, il loro riferimento al Quirino è diventato Guglielmo Ferro, direttore artistico, che condivide la provenienza siciliana con il duo Auteri-Messina. Da quanto apprende Domani, Messina non sarebbe stato nemmeno favorevole alla vendita del teatro, stabilita poi da Invimit (società controllata dal ministero dell’Economia). La sua opposizione è stata vana.
Alla luce di un legame così solido, il deputato aveva chiesto un gesto di solidarietà nei confronti di Auteri. Per tutta risposta è arrivato il gelo.
Si racconta che già allora Messina fosse pronto alle dimissioni dal ruolo di vicecapogruppo alla Camera. L’intercessione dei vertici aveva scongiurato la frattura: è stata solo una dilazione dei tempi.
E dire che in passato il nome di Messina è stato candidato per vari ruoli di prestigio, da possibile capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia, al posto di Tommaso Foti andato a palazzo Chigi a completare il Pnrr, a quello di ministro del Turismo per sostituire Daniela Santanchè, in caso di dimissioni.
Invece oggi Messina è un deputato semplice di FdI. Fatale è stata la gestione allegra del partito in Sicilia.
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