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L’indagine che ha portato agli arresti del gruppo di spacciatori legato ai Mazzarella parte dalle dichiarazioni di un narcos, in debito anche coi De Micco e coi Di Lauro.
Si è presentato nella stazione dei carabinieri di Cercola con 13 grammi di cocaina, li ha mostrati ai militari e ha chiesto di essere arrestato: ha spiegato di essere finito nel mirino dei clan per un debito di oltre 200mila euro, che già due persone a lui vicine erano state sequestrate e che temeva di essere ucciso. È partita da questo episodio l’indagine che ha portato agli arresti eseguiti questa mattina dai carabinieri, al termine dell’indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia: misure cautelari per 10 indagati, 5 dei quali finiti in carcere.
Nell’ordinanza, firmata dal gip Giovanni De Angelis, viene riepilogata la vicenda (l’uomo non è tra gli indagati) e viene ricostruita l’operatività del gruppo criminale, attivo a Ponticelli e a Cercola, nel quartiere Caravita, e inquadrato nell’orbita del clan Mazzarella e dei De Luca Bossa – Minichini. A capo del gruppo ci sarebbe Rosa Faiello (tra i destinatari dell’ordinanza)
I debiti con il clan Mazzarella
Il 7 novembre 2022 l’uomo si era presentato in caserma con 13 grammi di cocaina, a suo dire pura al 98%. Aveva detto di temere un agguato da parte del clan De Micco, a cui doveva 20mila euro, e dal clan Mazzarella, a cui invece doveva 150mila euro. Il denaro, aveva spiegato, era relativo allo spaccio di droga di cui si occupava lui stesso a Mondragone e Benevento.
Era stato arrestato, prima portato in carcere e successivamente sottoposto ai domiciliari. Gli affiliati ai Mazzarella, saputo della sua scarcerazione, avevano cercato l’abitazione dove era ai domiciliari per recuperare i soldi ed evitare nuove dichiarazioni verso altre persone. L’uomo aveva quindi chiesto, e ottenuto, di essere spostato in una abitazione diversa, in un altro comune. E il gruppo criminale, non riuscendo a trovarlo, se l’era presa con il figlio della compagna e con la domestica della donna.
Il 19 gennaio 2023, con nuove dichiarazioni, l’uomo aveva detto di essere stato minacciato per i debiti di droga e di dovere 180mila euro ai Mazzarella e 21mila ai De Micco. Per conto dei due clan, aveva spiegato, si occupava dello spaccio di droga tra Napoli e provincia ed era il garante per le forniture ma, a seguito di arresti e sequestri, non aveva più percepito i soldi degli stupefacenti e di conseguenza non aveva potuto pagare gli stupefacenti.
Il debito con il clan Di Lauro
Con le nuove dichiarazioni parlato anche delle visite a casa da parte di persone legate al clan. Il 2 gennaio 2023, pochi giorni dopo la sua scarcerazione, sarebbe stato avvicinato da una persona vicina ai Mazzarella ma l’aveva mandata via dicendo che avrebbe avvisato le forze dell’ordine. Da quel giorno avrebbe ricevuto la visita quotidiana di un suo amico, anche lui legato al clan, che avrebbe fatto da tramite dicendogli che i Mazzarella avrebbero voluto parlargli, ma facendogli intendere che in realtà avessero intenzione di fargli del male. In uno dei questi incontri avrebbe saputo di essere finito nel mirino anche del clan Di Lauro, per una diversa fornitura di cocaina, per un valore di 7/8mila euro.
L’avvelenamento in carcere
L’uomo sarebbe stato minacciato anche durante la detenzione, sia nella casa circondariale di Poggioreale sia nel carcere di Secondigliano. Sarebbe stato avvicinato da affiliati al clan De Micco e, quando era stato spostato nel padiglione Torino per proteggerlo, qualcuno aveva tentato di avvelenarlo mettendo della candeggina nella bottiglia d’acqua che teneva accanto al letto.
I sequestri di persona
Il 12 aprile 2023 l’uomo aveva deciso di ritrattare le dichiarazioni, motivando la scelta col fatto che i suoi familiari avevano deciso di non seguirlo nel percorso di collaboratore di giustizia. Secondo gli inquirenti, però, è verosimile che il reale motivo fosse la paura di ripercussioni sulle persone a lui vicine. In questa strategia si inquadrerebbero i due episodi di sequestro di persona, ricostruiti dagli inquirenti e risalenti al 5 aprile 2023.
Quel giorno due degli indagati, in concorso con altre persone non identificate, avevano sequestrato per circa trenta minuti complessivi il figlio minorenne della compagna del narcotrafficante, costringendolo ad andare con loro in auto, per fargli rivelare dove fosse il patrigno. Il gruppo aveva poi sequestrato anche una dipendente della compagna, portandola in auto e in una casa abbandonata, dove l’avevano schiaffeggiata per farsi rilevare la posizione dell’uomo.
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