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L’ex ministro ha fondato la banca nel 2018 per entrare nel ricco (allora) mercato degli Npl, i crediti malati di banche e imprese, e fare credito alle Pmi italiane. Da gennaio Illimity – che sta vivendo una difficile crisi sia di risultati che di performance – è sotto attacco da parte della più grande e redditizia banca Ifis, che ha promosso un’Opas
Aveva una banca e, con ogni probabilità, gli verrà sfilata di mano, dopo solo pochi anni di attività. Corrado Passera ha fondato Illimity bank nel 2018 per entrare nel ricco (allora) mercato degli Npl, i crediti malati di banche e imprese, e fare credito alle Pmi italiane.
Illimity è sotto attacco da gennaio da parte della più grande e redditizia banca Ifis che ha promosso un’Opas sulla banca di Passera, che per altro sta vivendo una difficile crisi sia di risultati che di performance borsistiche.
Martedì l’Antitrust ha dato il via libera all’operazione e ora si attende il semaforo verde da Bankitalia, che potrebbe arrivare in giugno. Mentre mercoledì 12 marzo è atteso il Cda per l’analisi del progetto di bilancio di Illimity.
Crollo in Borsa
Il titolo Illimity ha bruciato negli ultimi tre anni 700 milioni di valore di mercato e si ritrova ora, a un prezzo di soli 3,5 euro, ben lontano anche dal prezzo di collocamento in borsa del marzo 2019 avvenuto a poco più di 7 euro. Nei giorni scorsi a sorpresa la banca è stata costretta a rimettere mano al bilancio 2024 per la svalutazione di una cartolarizzazione per un valore di 53 milioni, che ha mandato i conti consolidati in rosso per 38 milioni.
Una tegola ulteriore a un anno, il 2024, che ha visto precipitare gli utili netti da 104 milioni del 2023 a soli 370mila euro. L’inattesa rettifica porta il bilancio finale a un passivo di 38 milioni. La nuova perdita rende ancora più debole Illimity a fronteggiare l’offerta mista cash e azioni di banca Ifis che non dovrebbe avere ostacoli nella conquista di quella che ormai è l’ex banca di Passera.
Eppure i primi anni di attività della banca avevano entusiasmato il mercato. Illimity aveva cominciato bene la sua avventura. Già nel 2020 il primo utile per 30 milioni, poi in crescendo: 65 milioni nel 2021; altri 75 milioni l’anno dopo e infine i 103 milioni del 2023.
Ad affiancare Passera che ha il 4 per cento della banca, i pezzi grossi della finanza: Banca Sella, Pignataro (il fondatore di Ion) e la famiglia Rovati. Il titolo sale dai 7 euro della quotazione al suo massimo storico a sfiorare i 14 euro nell’inverno del 2021. Passera è fiducioso: nel piano industriale che lancia proprio quell’anno prefigura una corsa alle stelle dei profitti. Ben 140 milioni nel 2023 e 250 milioni nel 2025.
Il banchiere ex Intesa era talmente ottimista da far stipulare nel 2019 un accordo parasociale che prevedeva che se il titolo avesse superato i 14 euro e fosse rimasto a quei livelli per almeno qualche mese, Passera aveva il diritto di convertire il suo pacchetto di azioni speciali in azioni ordinarie nel rapporto di 1 a 10. Significava diventare di colpo il primo socio e capitalizzare il valore di Borsa delle azioni per centinaia di milioni. Ironia delle sorte, quella soglia di 14 euro non è mai stata toccata e il fondatore di Illimity ha perso la grande occasione di un guadagno multimilionario.
Il quadro degli Npl
Lo sboom coincide con il blocco del mercato degli Npl, uno dei due pilastri su cui si reggeva la banca. Chi compravendeva cartolarizzazioni di crediti sotto stress si è trovato in un cono d’ombra. Tanto che la banca ha poi del tutto dismesso l’attività, concentrandosi solo sui crediti a Pmi e corporate banking, attività più tradizionali.
Per raccogliere denaro Illimity lanciò depositi vincolati per la clientela a tassi che arrivavano al 4 per cento, negli anni dei tassi ancora a zero. La raccolta fu importante ma pagata a caro prezzo dall’istituto. Non è un caso il rallentamento: quei 140 milioni di utili al 2023 si sono fermati a soli 100 e ovviamente ora l’obiettivo dei 250 milioni al 2025 è fuori portata. Tra l’altro la chiusura del business degli Npl ha portato grane nei conti della banca.
L’anno scorso è stata fatta pulizia contabile e sono emerse svalutazioni e rettifiche che si sono mangiate del tutto i 100 milioni di profitti del ’23. E con la sorpresa di lunedì, la nuova svalutazione da effettuare, ecco che il 2024 si chiuderà con un passivo di 38 milioni. Una parabola amara anche in virtù della caratura del personaggio. Non un banchiere qualsiasi, ma uno dei protagonisti illustri della scena economico-finanziaria del Paese, fino a diventare ministro dell’Industria nel governo Monti.
Un curriculum eccelso con mezzo mondo finanziario a scommettere su di lui nel 2018 nell’avventura Illimity. La banca nacque da una Spac che raccolse in breve tempo 600 milioni da investire nell’acquisizione di un piccolo istituto, la Banca Interprovinciale che permise a Passera di ottenere la licenza bancaria.
Fu l’atto di nascita della banca digitale, senza sportelli, che doveva riempire un vuoto: quello della gestione dei crediti malati anche delle imprese e del finanziamento al sistema delle piccole imprese che fanno più fatica a trovare le grandi banche disposte a finanziarle.
Come si è visto quel sogno è durato solo fino al 2021 con il titolo che era arrivato a valere in Borsa oltre 1 miliardo. Poi la lenta e inesorabile caduta. Oggi Illimity vale solo 300 milioni ed è diventata preda facile di Banca Ifis che, guarda caso, è nata sul business dei crediti malati ma negli anni d’oro di quel mercato.
Ma la distanza tra i due è siderale. Ifis vale in Borsa oltre 1,1 miliardi, quasi 4 volte Illmity. Ha realizzato una performance del 131 per cento negli ultimi 5 anni sul listino. E ha portato a casa oltre 600 milioni di utili negli ultimi 5 anni. Difficile che gli azionisti di Illimity da Sella, a Pignataro alla famiglia Rovati fino ai piccoli soci non consegnino le azioni illimity in cambio della carta pregiata delle azioni Ifis. Da soci di una banca in caduta libera, a piccoli azionisti di una banca che scoppia di salute. Fine della storia.
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