Cade il governo portoghese travolto dagli scandali

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«Se Luís Montenegro potesse essere ancora primo ministro, continuerebbe, ma siccome non può continuare, obbliga il paese ad andare alle elezioni». Così Mariana Mortagua, parlamentare e coordinatrice del partito di sinistra Bloco de Esquerda, ha riassunto durante il dibattito parlamentare di ieri pomeriggio la crisi che ha portato alla sfiducia del governo del Partito Social Democrata (Psd) di centro-destra.

TUTTO COMINCIA con una serie di scandali legati a una impresa, Spinumviva, detenuta dalla famiglia del primo ministro, che si occupa di consulenze in vari settori. Alcune di queste consulenze hanno attirato l’attenzione della stampa prima e della giustizia poi. Il caso più dibattuto è una consulenza, costata 194mila euro, a una pompa di benzina di proprietà del padre del candidato del Psd a sindaco di Braga, città del nord del Portogallo. Il sospetto è che la Spinumviva, fondata nel 2021, sia fondamentalmente uno strumento per fare circolare favori politici.

Non hanno convito le spiegazioni date da Montenegro e la decisione, a scandalo in corso, di trasferire la proprietà ai figli – dal 2022, la proprietà era passata da Montenegro alla moglie. Il partito di estrema destra Chega, a fine febbraio, e poi il Partido Comunista Português, a inizio marzo, hanno presentato mozioni di sfiducia, entrambe non approvate. Ma quando il Partido Socialista (PS) ha richiesto che si creasse una commissione parlamentare d’inchiesta, Luís Montenegro ha deciso di uscire dall’angolo chiedendo che il parlamento discutesse una mozione di fiducia, discussa e votata ieri pomeriggio.

LA SOLUZIONE, vista la natura della crisi, sarebbe stata relativamente semplice: un passo indietro di Montenegro e la sua sostituzione con un altro primo ministro del suo partito. Per Pedro Nuno Santos, segretario del Ps, la scelta di Montenegro di chiedere la fiducia del parlamento – certo di non poterla ottenere (il Psd governa senza la maggioranza) – sarebbe stata una forma «vigliacca» di dimettersi, senza preoccuparsi di destabilizzare il paese. In molti, incluso Rui Rocha dell’ultraliberista Iniciativa Liberal durante il dibattito, hanno accusato Montenegro di portare il paese alle elezioni per non volere dare spiegazioni. All’ultimo, a una ventina di minuti dalla fine del dibattito sulla fiducia, il governo ha messo sul piatto la realizzazione di una commissione di inchiesta, ma a costo che questa lavorasse durante appena 15 giorni, proposta rifiutata dall’emiciclo. Si è così arrivati, agli ultimi interventi, con Joaquin Miranda Sarmento, ministro delle finanze che ha chiuso con la lista dei successi del governo – a ben vedere, una narrativa di successo che contrasta con l’esplosione delle diseguaglianze e il collasso dei servizi pubblici, iniziati prima di Montenegro, ma che con Montenegro sono proceduti come e peggio di prima. Dopo un’ora di sospensione chiesta dal Cds, partito alleato del governo nella speranza di un colpo di scena che non è arrivato, il voto di sfiducia.

L’ULTIMA PAROLA, adesso, spetta al presidente della repubblica Marcelo Rebelo de Sousa. Sebbene il presidente abbia sempre privilegiato la stabilità, difficilmente può adesso nominare un nuovo primo ministro. Fu proprio lui, un anno e mezzo fa, a negare ad António Costa, oggi presidente del Consiglio europeo, coinvolto da scandali meno significativi di quelli di Montenegro, la possibilità di cercare una soluzione alla crisi, mandando il paese alle elezioni anticipate. È improbabile che possa adesso trattare diversamente Montenegro.

La questione, paradossale, è che nessuno sembra volere realmente andare alle elezioni. Non vuole il Psd, che difficilmente potrebbe migliorare il risultato delle legislative del 2024. Non vuole il Ps, che potrebbe essere ulteriormente penalizzato dopo la sconfitta del 2024. Sembra non volere nemmeno Chega che, sebbene in molti diano come il possibile beneficiario della instabilità politica, non è affatto detto possa replicare o addirittura migliorare il 18% sempre del 2024. È da vedere se le sinistre possono approfittare della situazione o sono destinate a proseguire nel declino degli ultimi anni.

Tutti scommettono che si voterà a maggio – nelle seconde elezioni anticipate nel giro di un anno in un Paese che tanto vantava la sua stabilità politica.



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